Di Marina Poci per il numero 366 de Il7 Magazine
Si è conclusa con un nulla di fatto l’udienza celebrata il 4 settembre presso il TAR di Lecce, nel corso della quale era attesa la decisione sulla richiesta di revoca, avanzata da ASL Brindisi e Regione Puglia, del decreto monocratico con cui il tribunale amministrativo salentino ha sospeso l’efficacia degli atti conseguenti e connessi alla legge regionale che ha (ri)stabilito la gestione pubblica del Centro di Riabilitazione per neurolesi e motulesi di Ceglie Messapica, attualmente affidato alla Fondazione San Raffaele: la trattazione della questione è stata rinviata al 18 settembre, data in cui è già fissata anche la trattazione collegiale dell’impugnazione dell’atto di nomina, da parte dell’ASL brindisina, del nuovo direttore sanitario del centro, nomina anch’essa sospesa.
Il primo a dare notizia del pilatesco provvedimento è stato il consigliere regionale (ex Azione) Fabiano Amati, presidente della Commissione Bilancio, Finanze e Programmazione, promotore e primo firmatario della legge pugliese (peraltro impugnata, per asserita incostituzionalità, dal Governo Meloni) con la quale il 30 maggio scorso la Puglia ha stabilito il ritorno dell’ente di riabilitazione nel pieno controllo della ASL, con conseguente avvio della procedura di internalizzazione del personale (che passerebbe dalla Fondazione, persona giuridica privata che gestisce il centro in regime di convenzione, alla struttura pubblica dell’azienda sanitaria locale, che ne recupererebbe l’esercizio con “tutte le unità operative, relativi day hospital e per tutti i livelli, regimi e fasi delle attività riabilitative”).
Stigmatizzando la decisione adottata dal presidente Ettore Manca, che avrebbe aderito alle “medesime performance dei presidenti Enrico D’Arpe e Antonio Pasca”, Amati ha dichiarato che “nemmeno i migliori sceneggiatori” avrebbero potuto partorire questa “ulteriore e vergognosa novità”: “Gli atti sospesi”, spiega il consigliere in una nota, “erano quelli che cercavano di rimediare al fatto che i pazienti gravi ricoverati al San Raffaele rischiano di morire perché molti sanitari impegnati non hanno le specializzazioni per curarli e i requisiti organizzativi sono ampiamente violati; e tutto ciò a detta del Dipartimento di Prevenzione della ASL. Ciò vuol dire che da oggi al 18 settembre nel Centro di riabilitazione di Ceglie Messapica si potrà tranquillamente morire per rischi relativi a cure inappropriate, anche sulla base di una indicazione del TAR di Lecce”.
Il riferimento è alla carenza di medici fisiatri e neurologi e, quindi, alle conseguenti prestazioni erogate da personale non in possesso dei titoli adeguati: carenza che parrebbe ampiamente documentata dalla ASL (sebbene in clamoroso ritardo rispetto ad una sperimentazione gestionale iniziata nel 2000 e il cui ultimo atto di affidamento risale al lontano 2008) e che determinerebbe l’incapacità degli interventi sanitari approntati nel centro cegliese di rispondere ai complessi bisogni dei pazienti che vi si rivolgono.
Stando ai rilievi del Dipartimento di Prevenzione, infatti, nel solo 2023 ben 64 pazienti dimessi dopo il ricovero al San Raffaele sono dovuti tornare all’ospedale Perrino a seguito di riacutizzazioni o di patologie insorte in seguito, aggravando il costo delle cure di una somma pari, più o meno, a 1,7 milioni.
Ulteriore, e forse più grave, criticità, è rappresentata dal fatto che l’attività di riabilitazione intensiva in regime di degenza (identificata con il codice regionale “56”), ha fatto registrare un tasso di occupazione dei posti letto del 187%, il che significherebbe quasi due pazienti al giorno per ciascuno dei 36 letti a disposizione nella struttura. Circostanza che ha indotto Regione Puglia e ASL Brindisi a ritenere che in questi anni la Fondazione abbia utilizzato i posti letto destinati alla neuroriabilitazione dei pazienti con codice codice 75 (quelli più gravi, con esiti di Grave Cerebrolesione Acquisita), anche per il ricovero dei pazienti appartenenti alla disciplina di cui al cod. 56. Il tutto a fronte di una norma che non consente di ricoverare pazienti in codici di disciplina differenti, sia pur di riabilitazione a diversa intensità. Inoltre, secondo il Dipartimento, “i ricoveri effettuati in regime di day hospital, che superano abbondantemente il tasso di occupazione, afferiscono a pazienti e discipline non accreditate”: ed effettivamente, sempre nel 2023, la Asl ha pagato la cospicua cifra 1,3 milioni per prestazioni riconducibili a pazienti pediatrici affetti da autismo e sindrome di Down, nonché a pazienti adulti con patologie non esattamente riconducibili alla riabilitazione intensiva post-ricovero. La Fondazione, dal canto suo, controbatte ai rilievi della parte pubblica affermando di essere stata autorizzata in più occasioni dall’azienda sanitaria brindisina a utilizzare i posti letto destinati alla gestione del codice 75, in caso di non occupazione completa degli stessi, anche per il ricovero dei pazienti di cui al cod. 56. Questione che sarà il TAR a dirimere, una volta che entrerà nel merito dei rapporti contrattuali tra ASL e San Raffaele.
Nonostante le criticità rilevate da ASL Brindisi e Regione Puglia, e malgrado le ragioni di urgenza legate alla natura non negoziabile del bene in gioco, ovvero la salute, il tribunale amministrativo ha comunque deciso di rinviare la propria decisione al 18 settembre prossimo, al fine di poter compiere una “valutazione unitaria e complessiva” dell’intera vicenda.
Fabiano Amati, però, non ci sta: “secondo il presidente del TAR Ettore Manca, dunque, è meglio non compromettere l’eventuale e molto ipotetico interesse della Fondazione San Raffaele alla gestione del Centro sino al 18 settembre, anche a costo di compromettere la vita dei pazienti”, è sbottato il consigliere regionale, aggiungendo ancora che “secondo i presidenti del TAR di Lecce il problema di questa controversia consiste nel diritto della Fondazione San Raffaele di non vedersi compromessa e con provvedimenti provvisori la gestione del Centro e non nel dovere immediato della ASL, della Regione e dello Stato italiano, a non far morire le persone”.
“Andremo avanti col coltello tra i denti”, ha poi concluso Amati, “perché quando qualcuno si permette di rivoltare o travisare la realtà, questa si vendica e si presenta sbattendoci in faccia.”
Peraltro, non è detto che la vicenda resti confinata soltanto nell’alveo amministrativistico: la crociata di Amati ha infatti determinato l’apertura di un fascicolo di indagine presso la Procura della Repubblica di Brindisi, al momento senza indagati e senza ipotesi di reato, nel quale sarebbero confluiti gli esposti presentati dal consigliere a partire dal mese di giugno, le delibere ASL esecutive della Legge Regionale n. 21 del 30 Maggio 2024 (che prevede il subentro) e tutti gli atti amministrativi trasmessi dalla Regione, in special modo quelli che rileverebbero le già citate criticità assistenziali (per l’appunto la questione delle prestazioni erogate da personale non in possesso dei titoli adeguati) e contrattuali (la questione della gestione privata in regime di prorogatio e dell’inosservanza della disciplina vigente in materia di ricoveri tesi alla neuroriabilitazione).
Qualora nella condotta della Fondazione San Raffaele fossero ravvisati estremi di reato, quindi, si aprirebbe un procedimento penale che andrebbe ad affiancarsi ai giudizi pendenti dinnanzi al TAR.
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