Separati dalla Guerra, uniti da un Diario segreto: Sergio e Aida sposi da 70 anni

Senza amore non si vive, senza dolore non si ama”, questa è la frase scritta su di un libretto di corrispondenze amorose mai spedite. Questa è la storia di due giovani separati dalla guerra ma uniti dall’amore, Sergio Petrucci e Aida De Donno, che il prossimo 8 dicembre festeggeranno 70 anni di matrimonio. Sergio e Aida vivono a Brindisi ed hanno rispettivamente 98 e 96 anni. Dalla loro unione sono nati tre figli maschi, hanno una famiglia felice e tanti nipoti di cui continuano ad occuparsi. Il loro amore nasce in un periodo difficile per Brindisi e per l’Italia intera, i due giovani si conoscono durante il secondo conflitto mondiale che per lungo tempo li tiene separati. Entrambi figli di ferrovieri si conoscono da ragazzi, lui 19 anni, lei 18. Era il 1940 e le rispettive famiglie abitavano sullo stesso pianerottolo in uno degli edifici di proprietà delle Ferrovie dello Stato. Sergio è stato il primo geometra diplomato a Brindisi. “Io ho studiato tre anni a Lecce, tutte le mattine andavo a scuola con il treno alle sette meno dieci. Il resto degli anni li ho frequentati a Brindisi- racconta- Era il 1940, l’anno della guerra. Io sono rimasto solo per tutto l’anno. La mia aula era il corridoio. L’istituto tecnico , che era per commerciali e per geometri, era stato requisito. Naturalmente una persona non poteva occupare un’aula e quindi presero un banco e lo misero nel corridoio ed eravamo io e l’insegnante. L’agevolazione è stata che non ho fatto gli esami di Stato, gli insegnanti non si potevano trasferire. Così sono stato promosso con lo scrutinio normale”. In quegli anni le famiglie di Sergio e Aida si frequentavano ma tra i ragazzi non c’era nulla di più che una semplice conoscenza. Erano anni difficili e la città di Brindisi finiva spesso sotto il fuoco incrociato dei bombardieri inglesi.
“Era il 1940, 1941, Brindisi era bombardata. Io abitavo in via Benedetto Marzolla, vicino alla chiesa della Pietà. La notte si andava a letto ma si teneva sempre il cappotto vicino pronti a scappare- dice Sergio- Quando suonava la sirena ti alzavi e correvi verso la cantina, che era una trappola per i topi. Certo la cantina proteggeva solo per le schegge ma se le bombe colpivano il fabbricato in pieno, era finita. Eravamo 15 famiglie, abitavamo nel palazzo delle ferrovie”. Aida abitava sullo stesso pianerottolo dell’abitazione di Sergio. Lei aveva 18 anni e lui 19. Entrambi figli di ferrovieri, Aida si era trasferita da Maglie mentre Sergio arrivava dalle Marche. La loro era un’amicizia semplice e pudica, fatta di soli sguardi. “C’era solo una conoscenza, non c’è stato nulla in particolare, senza corteggiamenti- dice Aida- Non si poteva neppure parlare. Erano tempi di austerità. Io ero a casa e non uscivo se non per andare in chiesa”. Sergio incrocia spesso lo sguardo di Aida ma non si sbilancia mai.
“Qualche sera si andava a casa di un amico, da qualcuno che aveva il grammofono e si ascoltava qualche disco. Imparavamo a ballare tra quattro, cinque di noi- racconta Sergio- Così si passava il tempo. Non si poteva uscire da casa, anche perché se arrivavano gli aerei nemici a bombardare dove andavi. Era più sicuro stare a casa. Era tempo di guerra, da Brindisi passavano tutte le navi che poi andavano in Albania. Poi sono arrivati anche i tedeschi”. A 20 anni Sergio parte militare, arruolato nella Marina, e ci rimane dal 1942 al 1945.
“Dopo un anno che ci conoscevamo, Sergio è partito militare- dice la moglie- prima per sei mesi e poi per tre anni . Io intanto avevo smesso di studiare dopo la terza elementare e mi occupavo di mia nonna, la accudivo”. In quel periodo non ci sono grosse opportunità per le donne e Aida preferisce occuparsi della casa e di dare un aiuto in famiglia. Intanto Sergio era arruolato.
“Dopo il militare dovevo fare il corso di radio telefonista, e sono andato a Venezia. Su duecento sono stato il primo del mio corso e per premio mi hanno rimandato a Brindisi- ricorda – Dietro il Monumento al Marinaio c’era una stazione militare dove ho fatto il tirocinio e poi mi hanno mandato in Sicilia dove mi hanno assegnato alla Flottiglia delle zattere da sbarco. Però appena arrivato, siccome il comando si era trasferito dall’Africa , dove c’era la guerra, in Sicilia, cercavano qualcuno che si occupasse delle carte nautiche. Ceravano un diplomato dell’istituto nautico ma non c’era nessuno che fosse diplomato, io ero l’unico e mi offrì per dare una mano. E sono rimasto così fino all’armistizio,. Comunque sono stato in Sicilia e poi in Toscana. Sono mancato due anni”. In quei due anni Sergio non riesce mai a tornare a casa, a Brindisi e ne ad avere contatti con la sua famiglia.
Aida resta così in attesa senza sapere che fine abbia fatto quel bel ragazzo della porta accanto. Neppure una lettera, una telefonata.
“Io ero giovane ed avevo tanti corteggiatori ma qualcosa mi diceva di aspettare- dice Aida, emozionata- Persino la mamma di Sergio con la quale uscivo , andavo a messa, mi diceva di seguire la mia strada e di sistemarmi se lo volevo. Ma io sono rimasta così in attesa”. Gli anni passano e di quel ragazzo non si sa nulla, neppure se sia vivo o morto. L’Italia era separata in due e le informazioni non arrivavano con facilità.
“ Era un periodo difficile, c’erano i tedeschi e più volte ero costretto a nascondermi per sfuggire ai rastrellamenti. La mia famiglia mi mancava e anche Aida- dice Sergio- Ho provato a mettermi in contatto con loro, ho tentato di mandare le lettere anche attraverso l’ambasciata ma a casa non è mai arrivato nulla. Così ho cominciato a scrivere una sorta di diario. Ogni giorno scrivevo ad Aida su quelle pagine che lei non poteva leggere. Ma questo mi aiutava, mi dava un senso di conforto”.
Quel quadernetto bianco, che oggi Sergio stringe tra le mani, è la testimonianza di quei giorni difficili . Sulla copertina ricavata da un foglio di carta c’è una data : 14 settembre 1943, 4 marzo 1945. Sono gli anni della sua lontananza. Sotto in calce una frase che racchiude il senso della vita: “Senza amore non si vive, senza dolore non si ama”.
La lontananza dalla propria famiglia e da quella ragazza dal sorriso timido per Sergio pesa come un macigno , ma lui non dispera e trova conforto nelle parole. Su di una pagina datata 16 settembre 1943 scrive: “Purtroppo non ho nemmeno il sollievo di qualche rigo ed allora continuerò in questo libricino la mia corrispondenza amorosa”.ì
Nel 1945 finalmente la guerra è finita e Sergio può tornare a casa.
“Mi hanno subito avvertita che Sergio era tornato- racconta Aida- ma io non avevo il coraggio neppure di guardarlo in faccia. Mi vergognavo. Solo con il tempo la nostra conoscenza si è fatta più stretta. Siamo stati fidanzati otto anni, e in quelli otto anni ci siamo scambiati solo un bacio”.
L’amore tra i due giovani cresce così tra sguardi e frequentazioni sporadiche, ma nonostante questo il legame tra i due si salda e quasi con una certa naturalezza Aida e Sergio arrivano al matrimonio. “Se non avessi sposato lei, probabilmente sarei rimasto solo- ammette lui- non avrei sposato nessun altra”.
Il prossimo 8 dicembre Aida e Sergio festeggeranno 70 anni di matrimonio e una vita felice insieme. Nei loro occhi, negli sguardi che si scambiano c’è ancora una scintilla, quella che non si è mai spenta e che a distanza di anni li tiene ancora uniti.