Soldi, sigarette e miele: i retroscena dell’inchiesta sulla corruzione al porto di Brindisi

Di Marina Poci per il numero 407 de Il7 Magazine
“Con cento euro un albanese corrompe in ogni parte del mondo”, avrebbe detto, proprio in albanese, tra risate e imprecazioni, Ligor Combashi, descrivendo quanto accadeva al porto di Brindisi tra autisti di autobus (in arrivo da e in partenza per il Paese delle Aquile) e i finanzieri addetti ai controlli doganali e di polizia. Una frase che, secondo il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale messapico Vittorio Testi, renderebbe il senso pieno delle indagini del sostituto procuratore Luca Miceli… se non fosse che i finanzieri di Costa Morena coinvolti nell’inchiesta – almeno nella maggior parte dei casi – si sarebbero lasciati corrompere anche per molto meno: sarebbero bastati venti o cinquanta euro per volta, infilati sotto le etichette di bottigliette d’acqua lasciate sui sedili dei mezzi pesanti, o alcuni pacchetti di sigarette e qualche vasetto di miele e addirittura, in un caso, cassette di pomodori e di uva, per evitare agli autisti sbarcati o in procinto di imbarcarsi le ispezioni sui carichi trasportati a bordo dei veicoli da loro condotti, ovvero pullman e minivan che transitavano con sistematicità e cadenza quasi bisettimanale dal porto di Brindisi.
Un’inchiesta condotta con grande professionalità in tutta la sua comprensibile delicatezza, proprio dal comando provinciale della Guardia di finanza di Brindisi il cui comandante, il colonnello Emilio Fiora, ne aveva già coordinato l’indaginemadre, quella svolta dalle Fiamme Gialle di Lecco.
Per queste accuse sono finiti in carcere colui che ha proferito il motto simbolo dell’inchiesta, Ligor Combashi appunto, di 60 anni, Renato Gudaj, di 51, e Eranda Dishani, di 36 anni (attualmente agli arresti domiciliari), tutti autisti di nazionalità albanese, mentre il finanziere brindisino Dario Di Maggio, 54 anni, già sospeso dal servizio, è stato sottoposto all’obbligo di dimora a Brindisi (con la prescrizione di non allontanarsi dal luogo di abitazione dalle 20:00 alle 7:00) e l’altro autista albanese, Myrto Artan, tuttora irreperibile, è stato destinatario del divieto di dimora in Brindisi, di fatto mai notificatogli. Nessuna misura cautelare è stata disposta per un altro finanziere, il 60enne S. G., di Galatone, nel frattempo congedatosi, per il quale – a detta del Gip – sarebbero cessate le esigenze cautelari. Stralciata e già definita con patteggiamento, la posizione del militare leccese Gianni Tafuro, 54 anni, che se l’è cavata con un anno e dieci mesi di reclusione davanti al giudice Simone Orazio.
L’accusa formulata dal PM Miceli, la cui prospettazione è stata sostanzialmente accolta dal Gip Testi, è di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio: Dario di Maggio, vice brigadiere, cinofilo in forza alla Compagnia Pronto Impiego di Brindisi, e S. G., appuntato scelto della prima Squadra Operativa Stanziale Gruppo Brindisi, nella loro qualità di pubblici ufficiali in servizio al porto, dove la Guardia di Finanza svolge funzione di controllo e vigilanza doganale delle persone e delle merci in transito da e per l’Albania, avrebbero asservito le loro funzioni pubbliche agli interessi di autisti di pullman di linea della “Ligori Travel” sulla tratta da e per l’Albania, nonché di Artan Myrto, conducente albanese in proprio sulla stessa tratta, e di altri autisti albanesi non ancora completamente identificati, accettando da parte degli autisti albanesi somme di denaro variabili da 10 a 50 euro alla volta per omettere i regolari controlli delle persone e delle merci, o far sì che i corruttori superassero indenni i controlli a cui sarebbero stati destinati da parte di altre unità di finanzieri, ai quali falsamente Di Maggio e S. G. falsamente dicevano di avere già provveduto.
Il procedimento penale contro i finanzieri e gli autisti, che avrebbe smantellato quello che il Gip definisce uno schema corruttivo “diffuso e rodato”, era stato avviato a seguito della trasmissione alla Procura della Repubblica di Brindisi di alcuni atti relativi ad un procedimento iscritto presso la Procura della Repubblica di Lecco: nel corso di quella indagine, erano emersi fatti di reato per i quali i magistrati lombardi avevano riconosciuto la competenza territoriale dei colleghi brindisini. In particolare, alcune intercettazioni avevano documentato numerosi trasferimenti di valuta dall’Italia all’Albania e numerose importazioni di sostanze stupefacenti dall’Albania, individuando in due cittadini albanesi, entrambi autisti della compagnia di trasporto “Ligori Travel”, i responsabili. I due avevano citato espressamente alcuni finanzieri che, a fronte del pagamento di 20 euro a transito, avevano omesso di eseguire i doverosi controlli di polizia e di sicurezza sugli automezzi provenienti dall’Albania: incrociando i riferimenti contenuti nelle conversazioni intercettate con i turni e le relazioni di servizio, erano infine venuti fuori i nomi degli indagati.
La posizione più delicata appare quella di Dario Di Maggio, la cui condotta è, se possibile, più grave in considerazione del fatto che sarebbe stata messa in pratica in violazione di quanto stabilito non soltanto dal Testo Unico sul Servizio Cinofilo della Guardia di Finanza (del 2014), ma anche dalle disposizioni di dettaglio relative al servizio dei cinofili in aria portuale emessa dal comandante del Gruppo della Guardia di Finanza di Brindisi nel 2023, secondo cui il controllo doganale presso i marchi portuali è di esclusiva competenza dei militari della Prima Squadra Operativa Stanziale, mentre l’unità cinofila, composta indissolubilmente dal finanziere e dal cane, deve rimanere a disposizione per essere attivata solo se necessario, ovvero per controlli relativi alla ricerca di sostanze stupefacenti e di valute occultate a bordo dei veicoli o sulle persone, da compiere doverosamente con l’ausilio del cane a ciò addestrato.
Ebbene, dall’ampia attività investigativa, sarebbe emerso che in tutti gli episodi contestati a Di Maggio, cioè undici, il finanziere brindisino ha effettuato i controlli senza l’animale, di fatto sostituendosi ai colleghi deputati. Circostanza che non ha mancato di sollevare nel Comando antipatie e malumori nei suoi confronti. In questo senso, è agli atti anche la testimonianza di un altro militare, il quale avrebbe confermato gli indebiti frequenti interventi del Di Maggio, che spesso avrebbero indotto gli altri operatori a non eseguire il controllo che avrebbero dovuto svolgere. D’altronde, l’ingerenza degli indagati si giustifica proprio perché aveva il fine di anticipare i colleghi ed evitare che altri finanzieri eseguissero correttamente le ispezioni al loro posto.
Ascoltati dal Gip in interrogatorio preventivo, i due finanzieri coinvolti hanno sostanzialmente ammesso gli episodi contestati, pur ridimensionandone la portata penalisticamente rilevante sul presupposto che le somme e le regalie ricevute sarebbero state doni spontaneamente elargiti dagli autisti albanesi. Di Maggio, inoltre, nel tentativo di edulcorare il disvalore delle proprie condotte, ha circoscritto i fatti in una cornice temporale limitata, precisando che i controlli venivano sempre eseguiti, sebbene a volte in modo blando, superficiale e rapido.
Sempre nell’ambito degli interrogatori preventivi, è risultato che tra i finanzieri indagati (compreso il militare la cui posizione è già stata definita), pur non essendoci un esplicito accordo corruttivo, vi fosse un sostanziale e tacito patto di non belligeranza, conosciuto anche dagli autisti corruttori, finalizzato a garantire che il sistema ideato e adottato, godendo delle reciproche protezioni e del vicendevole silenzio, proseguisse senza impedimenti.
Lo scenario, che riporta a controlli doganali e di polizia omessi o eseguiti in modo apparente in cambio di esigue somme di denaro e di modeste regalie, non deve indurre alla clemenza, secondo il Gip: se infatti si considera che molti episodi corruttivi non appaiono “tracciabili” e che, nel corso del tempo, il numero di veicoli sottoposti agli apparenti controlli dopo ogni sbarco e prima di ogni imbarco è assai notevole, gli importi divengono significativi.
Mentre è appena il caso di precisare che tutti gli indagati devono essere considerati non colpevoli sino a sentenza definitiva, l’inchiesta continua, anche con l’obiettivo di individuare altri autisti coinvolti.