Sveva, la prima condanna: un anno di reclusione per evasione fiscale

Mentre ancora il processo principale deve entrare nel vivo, arriva la prima condanna penale per Paola Catanzaro, meglio nota come Sveva Cardinale, la finta veggente brindisina protagonista di un clamoroso caso di truffa milionaria: un anno di reclusione per reati fiscali con rito abbreviato. La sentenza è stata pronunciata dal giudice monocratico Luca Scuzzarella che ha accolto la tesi dell’accusa, ma diminuito la pena rispetto alla richiesta di un anno e quattro mesi formalizzata dal pm durante la requisitoria. Non avendo subito finora alcuna condanna, all’imputata è stata concessa la sospensione condizionale della pena.
Il processo è nato da una tranche delle indagini condotte dal Nucleo di polizia ecomico finanziaria della guardia di finanza e coordinate dal pm Luca Miceli, in questo caso ipotizzando esclusivamente reati di natura fiscale. Le fiamme gialle hanno appurato che nel solo 2016 la Catanzaro, nella dichiarazione Irpef avrebbe dichiarato redditi per 1.348 euro a fronte dei 530mila accertati. Evadendo quindi l’imposta per 221.497 euro: un importo ben superiore alla soglia di punibilità prevista dalla legge e fissata in 150mila euro. Da qui sono scattati la denuncia penale e il processo.
Catanzaro ha scelto il rito abbreviato, ottenendo così la riduzione di un terzo della pena. E’ stata condannata al pagamento delle spese processuali, interdetta dagli uffici direttivi delle persone giuridiche per la durata di un anno, incapace a contrattare con la pubblica amministrazione per la durata di un anno, interdetta dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria per la durata di un anno. E’ stato anche disposta la confisca di tutto quanto era stato sequestrato nell’ambito di questa indagine, separata rispetto all’altro troncone per cui è in corso il dibattimento.
Poco più di un mese fa l’ex veggente era stata raggiunta da un altro provvedimento durissimo che è andato a intaccare il suo patrimonio: un sequestro conservativo per beni mobili e immobili per un valore di poco inferiore ai tre milioni di euro disposto sempre dal Tribunale di Brindisi a carico di lei, del marito Francesco Rizzo e degli altri presunti complici.
Il Tribunale (presidente Gentonio Chiarelli) aveva accolto le istanze presentate da otto presunte vittime della truffa che chiedevano il blocco dei beni finalizzati a un futuro risarcimento. Si va da un imprenditore che rivendica la restituzione di poco meno di due milioni di euro a professionisti che sperano di riottenere comunque cifre a cinque zeri. Sono stati sottoposti a sequestro conservativo la villa di Asiago intestata alla Catanzaro, una casa a Cellino San Marco intestata a una sorella della finta veggente, due immobili in via Giambattista a Brindisi intestati a un’altra sorella, quattro immobili tra Adelfia e Conversano intestati all’imputata Lucia Borrelli. Inoltre è stato disposto il pignoramento di un quinto dello stipendio nei confronti dell’imputato Giuseppe Conte.
Altri beni appartenenti a Paola Catanzaro e al marito erano già stati sottoposti a sequestro preventivo dal Tribunale di Lecce. I due imputati principali sono sottoposti da tempo al regime della sorveglianza speciale. Il processo penale è in corso.
Intanto è in corso di svolgimento il processo penale principale, quello per il quale la Catanzaro e il marito vennero arrestati. Oltre a loro sono imputate altre sette persone, Giuseppe Conte, Addolorata Catanzaro, Stefania Casciaro, Anna Casciaro, Lucia Borrelli, Anna Picoco e Giuseppa Catanzaro.
I reati contestati sono l’associazione per delinquere, nell’ambito del quale alla Catanzaro viene riconosciuto ruolo di promotore, capo e organizzatore del sodalizio con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle vittime. Poi c’è la truffa, che avrebbe consentito a Paola di incassare “grosse somme di denaro”, almeno 4 milioni di euro in totale, per evitare disgrazie varie o per finanziare “la diffusione del messaggio evangelico”.
In questo contesto si inquadra il progetto che sarebbe dovuto consistere, afferma il pm, nella “realizzazione e diffusione nel mondo di croci”. A “Sveva” viene anche contestato un altro tipo di evasione fiscale: non avrebbe dichiarato elementi attivi di reddito per complessivi 200mila euro, evadendo così le imposte dirette per circa 80mila euro. Insieme al marito avrebbe poi compiuto azioni tali da “rendere in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva su una polizza di importo di 44mila euro”.