
La Procura della Repubblica di Lecce ha chiuso le indagini sull’omicidio della 49enne polacca Aneta Katarzyna Danelczyk, accoltellata a morte dal marito, il 56enne Albano Galati, il 16 marzo scorso a Taurisano: l’accusa per l’uomo, che viene ritenuto capace di intendere e di volere, è di omicidio volontario aggravato dal vincolo coniugale e di tentato omicidio perpetrato nei confronti di una vicina, presso la quale la vittima si era rifugiata nel tentativo di sfuggirgli.
Rispetto a quanto emerso nell’iter investigativo, nella prospettazione della PM Giorgia Villa viene meno l’aggravante della premeditazione, poiché la ricostruzione delle conversazioni telefoniche intercorse tra marito e moglie non sembra avere fornito elementi in tal senso (nonostante che Galati, pur senza essere preso sul serio, avesse confidato ad alcuni amici che aveva intenzione di commettere un omicidio).
L’uomo è stato sottoposto a perizia psichiatrica per decisione della Giudice per le indagini preliminari Giulia Proto e il professor Roberto Catanesi, docente di Psicopatologia Forense presso l’Università di Bari, lo ha ritenuto imputabile, in quanto non affetto da patologie psichiatriche in grado di escluderne la capacità di intendere e volere al momento dei fatti. Il dubbio si era posto in quanto recentemente l’uomo, gravato da precedenti di polizia, aveva perso il lavoro ed era seguito dai Servizi Sociali, mentre dal 2011 era in cura presso una struttura psichiatrica.
Il 16 marzo scorso Galati si era recato a casa della vittima, a Taurisano, per una visita al minore dei quattro figli della coppia quando, al culmine di una lite, impugnò un coltello da cucina a lama lunga scagliandosi prima contro la moglie e successivamente contro la vicina nella cui casa la donna aveva cercato di trovare riparo dalla furia omicida del marito.
Dopo l’omicidio, in evidente stato di alterazione psicofisica, Galati chiamò il 113 e poi andò in un bar per bere whisky: una volta condotto in commissariato, si addormentò, probabilmente in preda ai fumi dell’alcol, asserendo di non ricordare quanto aveva fatto.
La Gip Proto aveva definito la personalità dell’uomo “violenta e cruenta, priva di freni inibitori e capace di perpetrare delitti della più inaudita gravità”.
Marina Poci
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