Terreni confiscati al boss Buccarella: solo una coop partecipa al bando per l’affidamento

Lucia Portolano per il7 Magazine

Quaranta ettari, distribuiti a macchia di leopardo tra le campagne di Tuturano, a 10 chilometri dalla città di Brindisi. Grano e uliveti che prima appartenevano alla famiglia di Salvatore Buccarella, il capo del clan tuturanese della Sacra Corona Unita, e che oggi potrebbero dar vita ad un progetto rurale e sociale, così come prevede il bando emesso dal Comune di Brindisi per il recupero dei terreni confiscati. Buccarella è in carcere, condannato a “fine pena mai”. Il Comune di Brindisi ad aprile scorso ha pubblicato il bando per l’affidamento di questi terreni. Scaduti i termini è arrivata una sola proposta. La busta non è stata ancora aperta, ma a quanto pare si tratta dell’offerta presentata da una cooperativa di Carovigno, la cooperativa Sant’Andrea, che già dal 2017, durante la gestione commissariale Giuffrè, si occupa periodicamente di queste proprietà.
Quarantasei particelle e 5 lotti. Uno di questi era di Angelo Pagliara, il resto invece della famiglia del boss. Dal 2017 la cooperativa per qualche mese all’anno ha ottenuto in gestioni i terreni per la semina del grano e in cambio al Comune ha garantito la manutenzione e le procedure anti xylella come previste dal piano regionale per la salvaguardia degli ulivi. A settembre prossimo scadrà la concessione di quest’anno. E pare proprio che il Comune abbia deciso di aprire il plico per valutare, l’unica proposta, a fine settembre. Per anni questi terreni sono rimasti incolti. In passato all’ufficio Patrimonio di palazzo di città si era presentato qualcuno interessato alla gestione, ma poi dopo qualche giorno ha mostrato disinteresse (una volta aveva chiesto informazioni anche un consigliere comunale). “Purtroppo è arrivata una solo offerta – ha detto il sindaco Riccardo Rossi durante la commemorazione di Mauro Maniglio, il giovane 18enne ammazzato nel 1982 dalla Sacra Corona Unita – speravamo ad una partecipazione più ampia”. Il bando prevede la concessione d’uso decennale di quei terreni. Al termine, il Comune si riserva la facoltà di rinnovo per ulteriori 10 anni , previa valutazione della corretta conduzione del bene, del raggiungimento degli obiettivi progettuali, della sussistenza dei motivi di interesse pubblico e nel rispetto della normativa vigente. I terreni dovranno essere utilizzati per realizzare attività sociali senza fine di lucro al fine anche di rafforzare la cultura della legalità. La cooperativa ha presentato un progetto rurale, ma il contenuto resta ancora riservato.
Nel bando, redatto dall’assessorato alla Programmazione economica, era richiesto che i partecipanti presentassero una proposta progettuale tesa al miglioramento e allo sviluppo del bene e rispondente all’interesse pubblico come prevedono le disposizioni in materia di gestione e destinazione di beni sequestrati o confiscati. Le proposte saranno valutate sulla base della qualità del progetto e del contributo allo sviluppo del territorio in riferimento alle ricadute sociali ed occupazionali, alla partecipazione della comunità locale e al partenariato proposto.
Nella provincia di Brindisi ci sono già altri terreni confiscati alla criminalità gestiti da cooperative. Si tratta di Masseria Canali di proprietà di un affiliato della Sacra Corona e a Torchiarolo la villa e i terreni di Tonino Screti, ritenuto il cassiere della Scu. Entrambi sono gestiti da Libera Terra. Da qualche tempo anche la cooperativa di giovani “Qualcosa di diverso” ha ottenuto la gestione di alcuni terreni che si trovano a San Vito dei Normanni. Non sono mai stati affidati invece i terreni di proprietà della famiglia Bruno, capo clan della frangia di Torre Santa Susanna della Sacra Corona Unità. Una delle più grandi confische pugliesi alla criminalità. Due anni fa il Comune di Torre, durante la gestione commissariale, pubblicò un bando, arrivarono due offerte: una fu rigettata per la mancanza di un documento, l’altra non fu ritenuto adeguata. Ancora oggi non è stato emanato un nuovo avviso pubblico. Solo qualche mese fa, nella masseria dei Bruno, dove solo alcune stanze sono state confiscate, e nelle altre vivono ancora alcuni parenti, i carabinieri hanno trovato 350mila euro in contanti messi sottovuoto. All’arrivo dei Carabinieri, Giuseppe Bruno, il maggiore dei fratelli, è uscito di corsa da una stalla con uno scatolone tra le mani, con all’interno la grossa somma.