Tonino Sciarra e la sua indimenticabile “Frittura mista”

di Giovanni Membola

Il 10 maggio avrebbe compiuto settantasei anni, ma da alcuni mesi Tonino Sciarra non è più tra noi. Di lui restano però tante cose belle e soprattutto il ricordo di quelle ottime proposte gastronomiche di mare, che per circa trent’anni hanno deliziato i palati dei brindisini e di tanti turisti sul lungomare del porto interno.
Signor Tonino, come veniva chiamato da tutti con rispetto e simpatia, nel 1980 si era inventato – e aveva realizzato da solo – quel baracchino chiamato “Frittura mista”, operativo solo la sera tra marzo e settembre, dove veniva servita una deliziosa e calda frittura di gamberi e calamari, la sua esclusiva rimasta nei ricordi di tanti per il profumo e l’insuperabile sapore. Era uno dei primissimi esempi di ristorazione su strada (in questo caso su piazzetta) che oggi conosciamo come “street food”, tanto in voga nei tempi recenti, che all’epoca poteva suscitare qualche dubbio a chi aveva un gusto esigente, ma poi si ricredeva dopo aver scoperto e provato quei cibi della cultura alimentare marinara locale.
Tonino era nato nel cuore del quartiere Sciabiche, ma non era un pescatore, da giovane vendeva i mitili nella centralissima Piazza Mercato, all’esterno della “chiazza” coperta, qui ogni giorno allestiva la sua semplice “bancarella” ricca di cozze nere veraci affianco ad altri venditori di frutti mare crudi, sceglieva i prodotti migliori recandosi di persona presso l’impianto di allevamento di Sant’Isidoro (marina di Nardò), molto prima dell’alba, per guadagnare il giusto necessario e far vivere degnamente la sua famiglia. Successivamente si spostò all’interno di uno di quei piccoli chioschi in muratura per vendere anche stocchi di baccalà, prese il posto di suo zio Peppo, noto commerciante di merluzzo, che nel frattempo era venuto a mancare.

Abitava con la sua famiglia in quella casa caratterizzata dall’arco che ancora oggi si affaccia sulla stretta via Pompeo Azzolino, poco oltre Palazzo Montenegro, proprio lì vicino volle collocare una piccola tettoia in legno e avviare la sua prima attività gastronomica, coadiuvato dalla moglie e dai figli: nei primi tempi lavoravano solo durante i weekend e nei giorni festivi, ma dopo alcuni anni decise di ingrandirsi e spostarsi pochi metri più in là, dove vi era un più ampio spazio tra la piazzetta e la salita di via Camassa, proprio a ridosso delle antiche mura messapico-romane sotto la collina di Ponente. Era tutto in regola, licenze e autorizzazioni varie, pagava correttamente l’occupazione di suolo pubblico anche per lo spazio davanti al baracchino, delimitato da vasi e piante ornamentali, dove aveva sistemato una trentina di tavolini e sedie, popolati ogni sera da clienti di ogni genere ed estrazione sociale. Ma non mancarono i sospetti e i malumori, evidentemente l’inattesa e buona riuscita dell’attività aveva creato qualche invidia in alcuni operatori del settore, c’era infatti chi metteva in giro strane voci legate all’abusivismo, senza però riuscire a provarle. Con lui, in realtà, il cibo da strada si stava finalmente liberando di certi pregiudizi e rivendicava il proprio valore come espressione di civiltà gastronomica e di genuinità.

Tonino era inoltre un abilissimo falegname, costruì da solo, pezzo per pezzo, quella roulotte addossata alle mura della piazzetta che inizialmente venne utilizzata come deposito e in seguito perfino per dormirci di notte (restava lì per evitare possibili furti alle attrezzature), sua era anche quella pittoresca barca, anzi lo “Šchifarieddu” originale brindisino, che aveva recuperato, rimesso a nuovo e arricchito di luci e bandierine, era diventato il simbolo di quel luogo, una sorta di “monumento” alla vicina comunità di pescatori, dove numerosi brindisini, ma soprattutto turisti e viaggiatori di passaggio, per anni si sono fermati a scattare foto ricordo. La grande passione e l’abilità per la lavorazione del legno gli permisero di realizzare, per hobby, alcuni modellini di velieri, precisi e ricchi di dettagli, ancora gelosamente conservati dai suoi famigliari.
L’ottimo risultato dell’offerta culinaria, ormai consolidata, venne senza dubbio agevolata dalla qualità delle materie prime utilizzate, la frittura infatti doveva essere preparata solo con gamberi e calamari e non con altro pesce, per “non sporcare l’olio”, solo così si otteneva un alimento più gustoso e facilmente digeribile. E anche i prezzi, sempre particolarmente contenuti, non temevano la concorrenza: un piatto di fritto di mare è costato per anni appena tremila lire, solo nel tempo è aumentato senza mai superare i cinque euro. Prezzi bassi e popolari, sconti alle famiglie, cortesia e fantasia nell’accogliere e intrattenere i clienti erano alla base di questa realtà, per Tonino era essenziale che la gente parlasse bene di lui, del suo lavoro, della bontà di ciò che offriva, andava orgoglioso del fatto che mai nessuno si era lamentato.

Nei giorni di massima affluenza qui hanno lavorato persino una dozzina di persone: oltre alla moglie e i sei figli, collaboravano il fratello Luigi e i nipoti, tutti si davano da fare per rispondere alle numerose richieste. Spesso la gente era disposta ad aspettare il proprio turno restando in piedi per molto tempo, nessuno voleva rinunciare al piacere della più famosa frittura mista di Brindisi che conquistava al primo boccone. Era diventato un luogo piacevole e informale dove poter sostare fino a tardi, a guardare le stelle e sentire il profumo del mare, a chi restava Tonino offriva sempre un assaggino della spaghettata o di ciò che preparava per cena ai suoi famigliari, senza chiedere nulla in cambio.
Qui si sono fermati anche turisti, viaggiatori e alcuni volti noti della musica italiana che si sono esibiti negli anni sui palchi allestiti nel vicino piazzale Lenio Flacco. L’offerta gastronomica, sempre fatta a regola d’arte, negli anni venne ampliata con nuove proposte “di mare” e di tendenza: le famose seppie e i polipetti arrosto, la ricca e saporita ‘mpepata di cozze, il polpo lesso e alla “Luciana”. Il consumo giornaliero di ogni singolo prodotto poteva superare i 30 chili, più di 50-60 kg per la richiestissima e croccante frittura, il tutto veniva preparato con attenzione sin dal mattino, ognuno aveva un compito da svolgere, c’era chi tagliava, chi puliva, chi preparava i condimenti, tutti dovevano guadagnarsi “la giornata” e mettere i soldi da parte per poi vivere dignitosamente durante l’inverno, quando non si lavorava.

Dopo il 2005 fu costretto a smobilitare per i lavori di sistemazione del piazzale, il camioncino dal tipico colore rosso si spostò sul vicino piazzale Flacco, era il primo di una serie di veicoli-paninoteche che lì si affiancavano. Ma non fu più la stessa cosa, si era persa quell’atmosfera del passato che aveva caratterizzato il suo lungo e appassionato impegno, i tavolini erano molti di meno e nonostante si continuava a fare bene, dopo alcuni anni si decise di chiudere definitivamente quell’esperienza trentennale.
Tonino non voleva arricchirsi, desiderava soprattutto che i suoi figli imparassero un buon mestiere e non cadessero nei suoi errori giovanili, un’esperienza che gli aveva insegnato a vivere e a lavorare rispettando i principi di lealtà, trasparenza e onestà. Il suo esempio è indubbiamente servito, di lui rimane anche il ricordo di quel carattere straordinario, sempre allegro e disponibile, era l’amico di tutti, e poi quella grande passione nel saper fare ogni cosa, con precisione, non ci dormiva la notte per riuscire a completare ogni suo progetto, e nessuno poteva fermarlo.