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Turi, omicidio stradale: famigliari e amici in strada a chiedere giustizia per Fabiana

Un corteo silenzioso e composto ha sfilato per le vie di Turi ieri sera, a partire dalle 19, per ricordare Fabiana Chiarappa, la soccorritrice del 118 morta il 2 aprile scorso sulla strada che collega Turi a Putignano, travolta, dopo essere caduta dalla propria moto, da un’auto il cui conducente non si è fermato a prestare soccorso: unico indagato è il sacerdote 54enne don Nicola D’Onghia, che risponde di omicidio stradale e omissione di soccorso e si trova attualmente ristretto agli arresti domiciliari. Il Giudice per le indagini preliminari non ha revocato la misura cautelare perché non ha ritenuto credibile la versione dell’uomo il quale, presentatosi in caserma il giorno successivo, ha dichiarato di non essersi accorto di avere travolto una persona, perché la strada era buia, e di non essersi fermato nella convinzione di avere semplicemente urtato un sasso.
Insieme ai famigliari e agli amici di Chiarappa, al corteo hanno partecipato i colleghi, gli stessi che la sera dell’incidente sono intervenuti sul posto senza poter fare nulla per salvare la ragazza. In prima fila spiccava uno striscione con la scritta “Giustizia per Fabiana”.
I primi esami avrebbero constatato la presenza di sangue e capelli sulla scocca della Fiat Bravo del prete, evidenziando come l’uomo viaggiasse ad una velocità inadeguata alle condizioni della strada, stretta e poco illuminata. Secondo la prospettazione dell’accusa, la sera del 2 aprile il sacerdote avrebbe travolto e ucciso la soccorritrice del 118 dopo che la stessa era caduta, pochi secondi prima, dalla sua moto Suzuki: la dinamica sarebbe stata confermata dall’autopsia svolta sul corpo della vittima, che ha attribuito il decesso non all’impatto con l’asfalto, ma al trauma da schiacciamento toracico causato dall’investimento. Gli accertamenti tecnici svolti sull’utenza intestata a don D’Onghia avrebbero evidenziato come il prete, fino a 11 secondi prima dell’impatto, stesse utilizzando il cellulare per chiamate e messaggi. Proprio l’utilizzo del dispositivo, secondo quanto sostenuto dalla Procura, avrebbe distratto il sacerdote, impedendogli di rendersi conto della presenza di Fabiana Chiarappa sulla carreggiata e, quindi, di evitarne il corpo.
La posizione dell’indagato sarà ora vagliata dal Tribunale del Riesame, a cui i difensori del prete hanno già annunciato che si rivolgeranno nel tentativo di veder revocata la misura cautelare.
Marina Poci
(foto de la Repubblica – Bari)