Un odio spietato senza giustificazioni: così Irene è stata uccisa dal cognato | RETROSCENA

di GIANMARCO DI NAPOLI

Due famiglie distrutte, anzi una soltanto. Perché i protagonisti di questo dramma che ha sconvolto le comunità di Brindisi e Mesagne sono tutti parenti tra loro: hanno condiviso gioie e dolori, tanti e spesso lancinanti, si sono amati e odiati, come in fondo accade quasi sempre, in molte famiglie. Ma qui c’è un uomo di 55 anni con la fedina penale immacolata che ha ucciso a colpi di pistola la vedova del fratello, una donna che lavorava e che ha tirato su da sola due figli, rimasta senza marito giovanissima. Lui, il presunto, estemporaneo, killer è stato addirittura accompagnato sul luogo del delitto dal nipote, figlio della donna che stava per uccidere, probabilmente inconsapevole delle sue reali intenzioni.
Adamo Sardella, da quando nel 2011, il fratello era morto per un attacco cardiaco a 39 anni, era diventato molto più che uno zio per i suoi due nipoti, poco più che bambini. Era stato sempre presente, lo testimoniano i tanti messaggi d’affetto che sia lei che lui hanno scritto sui social nel corso degli anni. Il rapporto con la cognata Irene Margherito, 47 anni, invece, che non era stato mai idilliaco quando ancora il marito era in vita, nel corso degli anni pare si fosse ulteriormente compromesso, senza però inficiare la responsabilità che Sardella sentiva nei confronti dei nipoti, soprattutto per il ragazzo.
La situazione sarebbe degenerata negli ultimi mesi, probabilmente da quando Irene aveva conosciuto un nuovo compagno ed era andata a vivere con lui a Mesagne, con la legittima ambizione di rifarsi una vita. Una scelta forse definitivamente divisiva al punto che il mese scorso, al matrimonio della figlia più grande, incinta e che è al nono mesi di gravidanza, lo zio e la sua famiglia non si erano presentati. E quando Irene, qualche settimana fa, era stata ricoverata per un’operazione al tunnel carpale di una mano, sembra che il figlio non fosse andato neanche a trovarla. Sono quelle fasi della vita, abbastanza frequenti, in cui i ragazzi entrano in conflitto con i genitori, ma non per questo desiderano il loro male. E probabilmente quella contrapposizione si sarebbe ricomposta. Se non fosse accaduto il peggio.
Domenica mattina, secondo la ricostruzione degli investigatori, madre e figlio avrebbero nuovamente litigato per telefono e alla discussione si sarebbe aggiunto anche il compagno della donna, con toni non proprio diplomatici. Il ragazzo si sarebbe rivolto allo zio-padre, sperando che in qualche modo potesse spalleggiarlo per affrontare le divergenze con la madre e il suo uomo. E probabilmente senza minimamente sospettare quello che sarebbe accaduto poco dopo.
Adamo Sardella e Irene hanno concordato un incontro chiarificatore intorno alle 13 a metà strada: la donna, insieme al compagno, si sono spostati da Mesagne con la Nissan Juke bianca, il cognato si è fatto accompagnare all’appuntamento dal nipote che guidava la sua Golf. Non sapeva che lo zio aveva in tasca una pistola calibro 7,65.
Il luogo dell’incontro non era stato fissato ma era di fatto l’unico spiazzo che costeggiava la complanare della statale 7 tra Brindisi e Mesagne: davanti all’ingresso di un’azienda che di domenica è chiusa, la PolyCristalLine, una società bolognese che produce principi farmaceutici.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori del commissariato di Mesagne, coordinati dal vicequestore Giuseppe Massaro, con il supporto anche delle immagini registrate dalle telecamere esterne dell’azienda, Sardella è sceso dall’auto con la pistola in pugno e ha fatto subito fuoco. Non ci sarebbe stata dunque nessuna discussione, né tantomeno una colluttazione: Adamo Sardella ha esploso il primo colpo mentre si stava avvicinando, mandando in frantumi il vetro del passeggero e colpendo Irene. La pallottola è penetrata nel mento della donna, fuoriuscendo dall’orecchio sinistro e conficcandosi nel poggiatesta del compagno. Sardella avrebbe sparato almeno altre due volte, infilandol’arma nell’abitacolo, tanto che un bossolo è stato rinvenuto tra cruscotto e lunotto anteriore. La pistola si sarebbe poi inceppata. Il compagno della donna avrebbe a quel punto cercato di difendersi con una katama, una spada giapponese, che si era portato dietro, riuscendo a colpire Sardella solo con la guaina, ma comunque salvandosi la vita.
Nei minuti successivi, mentre partiva una chiamata al 112 dal telefono della vittima, probabilmente fatta dal suo compagno, sul posto arrivavano parenti dall’una e dall’altra parte. In quel frangente Sardella avrebbe buttato la sua pistola nell’auto di alcuni amici brindisini che sono andati via. L’arma è stata recuperata alcune ore dopo dalla squadra mobile. Sul posto c’era la vicedirigente Sandra Manfrè.
Secondo quanto emerso dalle indagini, e visionato anche dalle immagini, il figlio della donna non era consapevole del fatto che lo zio avesse con sé una pistola e che sarebbe sceso dall’auto con l’intento di fare del male alla madre. Il ragazzo per il momento non risulta essere indagato, anche se la sua vettura è stata posta sotto sequestro. E’ indagato invece per il possesso della spada il compagno della vittima che se n’era disfatto lanciandola nei cespugli poco lontano dal luogo in cui era avvenuta la sparatoria.
Il lavoro compiuto dai poliziotti del commissariato di Mesagne è stato straordinario: l’indagine, nella sua parte legata alla dinamica di quello che poi è divenuto un omicidio, visto che dopo 24 ore di agonia nel reparto di Rianimazione dell’ospedale Perrino, Irene è morta, è stata chiusa nella stessa serata di domenica. E sarà completata dall’esame dei telefoni cellulati posti sotto sequestro a tutti
Molto più complicato venire a capo del movente perché davvero quell’esecuzione spietata appare sproporzionata a qualsiasi controversia familiare. E per questo, il pm Paola Palumbo ha contestato a Sardella, accusato dell’omicidio della donna e del tentato omicidio del compagno di lei, anche l’aggravante dei futili motivi, accusa che nel caso di confermata colpevolezza potrebbe far rischiare il massimo della pena per l’indagato. Ed è su questo aspetto che si giocherà la partita giudiziaria nelle prossime settimane.
Nell’interrogatorio di convalida dell’arresto, assistito dall’avvocato Vito Epifani, Sardella ha scelto di rispondere, spiegando di non essere arrivato all’appuntamento con l’intenzione di uccidere nessuno e raccontando piccoli e grandi episodi che avevano determinato un clima di tensione con la cognata. Compresi alcuni post legati proprio alla mancata partecipazione al matrimonio della figlia da parte di Sardella e della sua famiglia.
Un clima di rabbia che è stato confermato anche nel corso di alcune interviste televisive rilasciate dai figli e dalla moglie di Sardella che hanno riportato un sentimento di rancore nei confronti di Irene Margherito, nonostante la sua morte. Anch’esso apparso sproporzionato rispetto a quanto accaduto. E radicato negli anni, addirittura alla scomparsa del marito.
La figlia della donna, che in un post su Facebook ha promesso alla madre che giustizia sarà fatta, ha autorizzato l’espianto degli organi, realizzando così un desiderio espresso da Irene. Le equipe del Policlinico di Bari hanno operato sino al tardo pomeriggio di mercoledì per il prelievo, ma senza intervenire – su precisa disposizione della procura sulla testa – perché è lì che si concentrerà l’esame autoptico che sarà disposto a breve. Probabilmente la pm Palumbo incaricherà anche un perito balistico.
Solo dopo questi accertamenti, il corpo della donna sarà restituito alla famiglia, o ciò che ne resta, per i funerali.