Di Marina Poci per Il7 Magazine
Viviana, una mamma che non ha mai conosciuto i suoi due gemellini Edoardo ed Emilia e ha devoluto un’eredità di tragiche domande alla primogenita Emma; Antonio, che in prima serata aveva salutato i suoi bambini prima di andare al lavoro in un locale e poi non li ha più rivisti; infine Armando, che non vedeva l’ora di tornare a giocare a calcetto e invece ha lasciato orfane due bambine. Nel mezzo, gli spazi dell’ospedale Antonio Perrino di Brindisi, per cui sono passate, in modo diverso, queste tre vite perse: corridoi, camere di degenza, stanze operatorie sterili che sono adesso il teatro drammatico di tre inchieste per omicidio colposo nate da morti alle quali i famigliari cercano una spiegazione di senso compiuto, qualcosa che vada un tantino oltre la fredda formula preconfezionata del “abbiamo fatto il possibile, ma la situazione era troppo grave”.
Viviana Delego, fasanese, aveva 42 anni il 22 dicembre 2022, quando morì nel reparto di Terapia Intensiva e Rianimazione dell’ospedale brindisino: moglie innamorata di Giacomo Cofano, professoressa di inglese, già mamma di Emma quando scoprì di aspettare i bimbi che ora la conosceranno soltanto attraverso i racconti della sorella e le foto che il marito amava scattarle (alcune delle quali, con il titolo di “Il coraggio di diventare Madre” sono diventate protagoniste di una mostra itinerante allestita da Giacomo in memoria della moglie). Qualche giorno prima di collassare in casa tra le braccia del marito, Viviana era stata ricoverata all’ospedale di Acquaviva delle Fonti, a cui si era rivolta dopo avere riscontrato perdite ematiche che la preoccupavano. Ma dal Miulli, dopo un ricovero di tre giorni, era tornata a casa senza particolari apprensioni. Poi l’improvvisa rottura delle acque, le convulsioni, la perdita di conoscenza, l’arrivo al Pronto Soccorso del Perrino, il ricovero urgente e il parto cesareo per far nascere Emilia ed Edoardo. Asl Brindisi così descrisse la situazione: “Il quadro era di eclampsia, distacco di placenta e rottura delle membrane. La paziente è stata operata d’urgenza: in corso di taglio cesareo presentava coagulazione intravascolare disseminata (Cid) e atonia uterina. Sono state messe in atto tutte le procedure mediche, chirurgiche e di terapia intensiva previste nel trattamento di questi gravissimi casi”.
“Angeli custodi in carne ed ossa” aveva definito Cofano i sanitari che si erano occupati della moglie, prima che il primario del reparto di Chirurgia Generale, Giuseppe Manca, spalancasse un vaso di Pandora traboccante di quello che qualche mese più tardi gli ispettori regionali avrebbero definito “un susseguirsi di errori” tali da causare una “tempesta perfetta” (tre eventi, eclampsia, distacco di placenta e rottura delle membrane, che già di per sé sono in grado di essere fatali e che, presentandosi eccezionalmente in concomitanza, non hanno lasciato scampo alla donna). Aveva ringraziato tutti, Giacomo, “per l’impegno, la professionalità e l’umanità” con cui avevano curato Viviana, senza sapere che l’intervento ginecologico ad alta complessità (come è quello di asportazione dell’utero a seguito di emorragia post partum) era stato eseguito su sua moglie da un chirurgo generale e non da un ginecologo: era accaduto perché il primario Massimo Stomati, poi sottoposto a procedimento disciplinare, e la sua vicaria erano assenti (quest’ultima per malattia) e il ginecologo di turno aveva sollecitato, purtroppo diverse ore dopo il ricovero, l’intervento di Manca, ritenendo “la situazione estremamente difficoltosa e non essendo in grado di trattarla” (così scrisse, per giustificare il suo nome sulla cartella clinica di Viviana Delego, il primario di Chirurgia nella relazione che presentò ai vertici di Asl Brindisi, in quel momento guidata dal commissario straordinario Giovanni Gorgoni). Non bastarono l’isterectomia d’urgenza e le 17 sacche di sangue trasfuse per salvare Viviana, ma la relazione di Manca sollevò i legittimi dubbi di Cofano, che qualche settimana dopo presentò una denuncia alla Procura della Repubblica di Brindisi. Dopo circa due mesi aggiunse la relazione di parte di un medico legale di fiducia che, anche alla luce delle risultanze dell’ispezione regionale, sottolineò le criticità nella gestione del caso della professoressa fasanese. Il procedimento penale aperto con l’ipotesi di reato di omicidio colposo contro ignoti, che prese avvio da quella denuncia, è ora al vaglio del Giudice per le Indagini Preliminari Vittorio Testi, dopo che il Pubblico Ministero titolare dell’inchiesta, Giovanni Marino, evidentemente sposando la tesi della Asl, ha ritenuto di chiedere l’archiviazione del fascicolo, non ravvisando responsabilità nella condotta dei sanitari che si sono occupati di Viviana Delego. L’udienza in camera di consiglio, nel corso della quale sarà valutata la fondatezza dell’opposizione presentata nell’interesse di Giacomo Cofano, si terrà il 7 marzo prossimo: la speranza della famiglia è che proseguano le indagini e si arrivi a comprendere se vi siano state condotte negligenti, imprudenti e/o imperite dei sanitari tali da determinare il decesso della donna.
Purché le responsabilità personali (che – qualora accertate – andranno fatte valere in sede penale) non offuschino la più generale responsabilità politico-amministrativa per un’organizzazione aziendale che, alla luce di quanto emerso dalla valutazione degli ispettori regionali, fa acqua da tutte le parti (“Casi come questo li conoscono molto bene i giudici che valutano il danno biologico e nella maggior parte delle volte finiscono sotto la lente di ingrandimento meccanismi organizzativi, mancanza di procedure e di standardizzazione, qualche volta negligenza, carenze degli organici o tecnologiche. Si tratta di elementi che sommati portano a gravi conseguenze, Inoltre, la conformazione dell’ospedale di Brindisi obbliga i pazienti a spostamenti di parecchi piani e questo è un fatto che, sommato a un errore nella catena decisionale e organizzativa precedente, può diventare fatale. Anche quel minuto in più può essere di vitale importanza”). Non è chiaro – lo accerterà la Procura, si spera – se il discrimine tra la vita e la morte di Viviana Delego sia stato una questione di minuti. Sicuramente il tempo passato potrebbe aver fatto la differenza nella vicenda di Antonio Picciolo, in relazione alla cui morte le responsabilità politico-amministrative sono state immediatamente tirate in ballo. Aveva 39 anni, Antonio, sposato e papà di due bambini di 12 e 5 anni: un uomo in perfetta salute, chiamato dagli amici “il gigante buono”, perché a una corporatura robusta, che poteva incutere soggezione, univa una naturale gentilezza d’animo che immediatamente lo rendeva simpatico a tutti. Faceva l’operaio e lo steward in eventi sportivi e musicali ed era appassionato di immersioni subacquee. Proprio come steward era impegnato, a San Pietro Vernotico, la sera in cui ha avuto il malore che l’ha poi condotto alla morte: le persone che erano con lui hanno chiamato il 118, i cui sanitari, constatata la presenza di importanti disturbi neurologici, hanno disposto d’urgenza il trasporto all’ospedale Perrino. Quando è arrivato a Brindisi, Picciolo era cosciente, ha avvertito la famiglia facendosi prestare il cellulare da un’infermiera, ha persino parlato con il papà e il fratello che l’hanno raggiunto in Pronto Soccorso. È stato sottoposto ad una tac cranica, il cui risultato ha rivelato la presenza di un’emorragia subaracnoidea molto estesa. Se una patologia di questo tipo fosse capitata ad un paziente arrivato al Pronto Soccorso del Policlinico di Bari, sarebbe stata immediatamente richiesta la presenza del radiologo interventista e, nel giro di pochi minuti, sarebbe stato disposto il trasferimento della persona nell’unità operativa dedicata. Ma Antonio Picciolo ha avuto la sfortuna di farsi diagnosticare un’emorragia cerebrale all’ospedale Perrino, dove lo specialista in Radiologia Interventistica manca dal 2021. Esiste la strumentazione adatta ad eseguire il tipo di procedura che sarebbe stata necessaria a Picciolo, ma non esistono i medici in grado di attuarla. Per questo lo steward brindisino ha dovuto attendere la disponibilità ad accoglierlo dell’ospedale Santissima Annunziata di Taranto e ha dovuto affrontare il trasporto nell’ospedale jonico, in cui è arrivato in condizioni disperate. I medici sono stati immediatamente chiari con la famiglia, parlando di una situazione di gravità irreversibile, per la quale non era più possibile avviare la procedura chirurgica mininvasiva indicata nei casi come il suo. Antonio Picciolo è morto, infatti, tre giorni dopo il ricovero a Taranto. La carenza dello specialista che, chissà, forse avrebbe potuto salvargli la vita, era stata denunciata in più di un’occasione (dal segretario generale della CGIL Brindisi, Antonio Macchia, e dal presidente dell’Ordine dei Medici della provincia di Brindisi, Arturo Oliva, che nel 2022 si era spinto addirittura a depositare un esposto in Procura per segnalare la totale inadeguatezza della Asl brindisina rispetto al trattamento delle patologie cosiddette “tempo dipendenti”, specialmente quelle di natura neurologia e traumatica). Ma in questi anni niente è cambiato: al Pronto Soccorso del Perrino sono continuamente arrivati pazienti che necessitavano delle cure del radiologo interventista, pazienti che sistematicamente sono stati “dirottati” negli ospedali di Taranto o Lecce, a seconda della disponibilità. I più fortunati sono arrivati in tempo, molti altri… no. Ora, a distanza di più di un mese dalla morte di Picciolo, nonostante le roboanti dichiarazioni di impegno della politica (gli interventi del deputato D’Attis e dei consiglieri regionali Fabiano Amati e Mauro Vizzino, quest’ultimo presidente della commissione regionale Sanità), la situazione nella Asl Brindisi è la stessa: le immediate assicurazioni di una apertura prossima della Radiologia Interventistica e dell’avvio delle procedure di reclutamento dei professionisti non hanno sortito alcun effetto e l’Assessorato alla Salute della Regione Puglia naviga ancora in acque estremamente incerte. La famiglia di Picciolo, però, si è mossa con una denuncia, tanto che nell’ambito dell’inchiesta aperta per l’ipotesi di reato di omicidio colposo in ambito sanitario, al momento contro ignoti, di cui è titolare il Pubblico Ministero Francesco Carluccio, è già stata eseguita dal dottor Biagio Solarino, medico legale, e dal dottor Luigi Chiumarulo, neurologo con specializzazione in radiodiagnostica, l’autopsia sul corpo di Antonio, i cui risultati completi saranno tra 90 giorni sul tavolo del PM. Tra i quesiti rivolti da Carluccio ai suoi due consulenti vi è quello di determinare la causa o le cause del decesso e di stabilire se vi siano eventualmente state condotte omissive da parte dei medici del Perrino che abbiano provocato o concorso a provocare la morte dello steward.
Non è ancora stata disposta, invece, l’autopsia sul corpo di Armando Calizzi, il commercialista brindisino di 49 anni, morto la notte tra l’8 e il 9 febbraio nel reparto di Rianimazione del Perrino, proprio come Viviana Delego.
L’uomo, sposato e papà di due bimbe, si era sottoposto nel mese di gennaio ad un intervento di chirurgia bariatrica presso il Policlinico San Marco di Zingonia, in provincia di Bergamo, considerato un centro di eccellenza, non solo nazionale, nel trattamento, chirurgico e non, dell’obesità e delle patologie ad essa correlate. Era stato dimesso dopo il tempo standard di degenza richiesto per questo tipo di interventi ed era rientrato in Puglia, addirittura rimettendosi al lavoro nel suo studio professionale. Poi una serie di complicazioni, che Asl Brindisi in una nota definisce “gravi complicanze correlate ad un precedente intervento fuori regione”, hanno reso necessario il ricovero all’ospedale Perrino e un nuovo intervento, nel corso del quale gli è stato asportato lo stomaco che durante l’operazione bergamasca era stato presumibilmente sottoposto ad una restrizione. Dopo qualche giorno in Rianimazione, notando evidentemente un miglioramento delle condizioni generali, i medici lo hanno trasferito nel reparto di Chirurgia Generale. Lì è improvvisamente peggiorato, sino al drammatico epilogo. Il Pubblico Ministero, a fronte della denuncia sporta dalla famiglia, ha disposto l’acquisizione della cartella sanitaria completa (quindi anche della documentazione relativa all’intervento lombardo) e il sequestro della salma e dello stomaco, che dovrebbero essere entrambi sottoposti all’autopsia. Ed è proprio il coinvolgimento di medici di due ospedali diversi ad allungare i tempi per lo svolgimento dell’esame: trattandosi, per sua natura, di un accertamento tecnico non ripetibile, la salvaguardia delle tutele difensive dei soggetti coinvolti impone che tutti siano messi nelle condizioni di poter nominare propri tecnici per partecipare alle operazioni peritali. Ma lo studio della cartella clinica del San Marco di Zingonia richiederà al Pubblico Ministero qualche giorno in più, per avere il quadro completo delle persone a cui inviare le relative informazioni di garanzia.
Intanto, profondo dolore ha colpito la comunità brindisina: l’ordine dei commercialisti ha espresso pubblicamente il suo cordoglio, ricordando le doti umane e professionali di Armando Calizzi, così come parole di grande affetto sono giunte dallo Juventus Club Andrea Agnelli, di cui l’uomo era socio.
Dunque Viviana, Antonio e Armando: figli di qualcuno, coniugi di qualcuno, genitori di qualcuno. Tre vite perse che sono passate per il Perrino, tre procedimenti penali aperti per omicidio colposo in ambito sanitario contro ignoti, tre famiglie in attesa che sia ristabilita la verità, tra rabbia, disperazione, incredulità e timore di non riuscire ad ottenere giustizia per i propri cari.
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