Quanti Brindisini sono esistiti nel corso della storia? Bella e simpatica domanda vero? Sarà mai possibile dare una risposta attendibile a questo quesito? Magari si, o forse no. Eppure, io ci voglio provare. Tanto, e comunque, credo sarà interessante – e certamente divertente – tentarlo.
Indubbiamente il dato fondamentale – per nulla facile da reperire – da cui partire è quello relativo all’evoluzione – nonché spesso involuzione – demografica che ha caratterizzato la città di Brindisi nel corso dei secoli, anzi dei millenni della sua esistenza. Ma non sarà sufficiente: sarà anche necessario dare risposte plausibili a tutta una serie di domande:
Quando cominciò ad esistere Brindisi? Quale fu l’aspettativa di vita nel trascorso dei secoli? Quante furono negli anni le donne feconde brindisine? E quanti figli procreò ogni donna? Insomma: quanti Brindisini sono nati in ognuno dei tremila anni in cui Brindisi è esistita?
Ebbene, sarà proprio la risposta a quest’ultima domanda che permetterà finalmente risolvere il quesito fondamentale: basterà infatti sommare i Brindisini nati per ogni anno ed il risultato della somma sarà il numero totale di Brindisini esistiti nel corso della storia! Facile, vero?
Per stabilire la data di fondazione di Brindisi bisognerebbe addentrarsi nelle tante leggende che raccontano della nascita di Brindisi e comunque, si può ben anticipare che in fondo non è questo un dato importantissimo ai fini del risultato numerico da raggiungere: in effetti, al principio di tutto, i popolatori di Brindisi saranno stati certamente molto pochi, così pochi da non incidere granché sul valore del risultato agognato. Quindi – per farla breve – se Brindisi fu fondata da Ercole, vissuto prima della guerra di Troia e quindi prima di 1200 anni avanti Cristo, sarà abbastanza accettabile fissare intorno a 1000 anni prima di Cristo la data iniziale del conteggio.
E adesso il quesito fondamentale: quale l’evoluzione demografica di Brindisi nei secoli? Ovviamente non possono esistere dati seriali per i secoli iniziali, ma purtroppo neppure ne esistono per i secoli della Brindisi messapica – tra l’VIII ed il III a.C. – fino alla conquista romana del 267 a.C. e così, solo la probabile estensione fisica del perimetro urbano messapico suggerita dagli archeologi può indurre a una qualche stima demografica approssimativa. Poi, finalmente, è storicamente documentato che nel 244 a.C. a Brindisi fu dedotta una colonia romana di 6000 individui, con cui eventualmente si duplicò la reale popolazione dell’urbe.
Seguirono gli anni dell’eccezionale e vertiginoso incremento dell’importanza e centralità della Brindisi romana, un’importanza strategica, militare e commerciale, che stimolò un’evoluzione straordinaria – che certamente interessò anche l’ambito demografico – che iniziò nei secoli della repubblica e che si protrasse fino agli anni ancora dorati dell’impero.
Intorno all’anno 9 d.C. Augusto riorganizzò amministrativamente l’Impero Romano ed il territorio italiano fu diviso in 11 regioni: la Puglia fu la Regio II, Apulia et Calabria, quindi subito dopo la Regio I Latium et Campania. “Brindisi era in pieno splendore, certamente il centro più grande della Regio II, con circa 50000 abitanti…” (Puglia Antica – A. Sirago, 1999).
In seguito, Brindisi inevitabilmente seguì la fortuna e la decadenza di Roma e del suo impero ed è quindi naturale immaginare un progressivo e sostanziale calo della popolazione già a partire dai primi anni del IV secolo, per così decrescere fino a una popolazione che intorno all’anno 400 dovette essere di circa 15000 abitanti. “Il circuito delle mura di Brindisi in età tardo antica fa pensare ad una città di circa quindicimila abitanti…” (Lo stato politico economico di Brindisi dagli inizi del IV Secolo all’anno 670 – G. Carito, 1976).
Nel 476 cadde formalmente l’Impero Romano d’Occidente, e poi venne la ventennale guerra gotico bizantina alla cui conclusione, nel 553, la popolazione di Brindisi si era già ulteriormente ridotta, a circa soli 4000 abitanti. Seguirono gli anni della esosa corrotta e labile dominazione bizantina, che spostò su Otranto il baricentro politico militare e commerciale della Terra di Otranto, accelerando con ciò la decadenza e lo spopolamento di Brindisi, una decadenza che si prolungò e si accentuò fino alla conquista, con conseguente distruzione, della città da parte dei Longobardi, nel 674, quando Brindisi rimase, di fatto, quasi del tutto spopolata.
“La documentazione epigrafica dà la certezza che rimasero ai margini della città solo pochi gruppi di Ebrei, parte stabiliti nella zona detta Giudea e parte presso l’attuale via Tor Pisana. Qualche altro sparuto gruppo di cittadini si stabilì intorno al vecchio martyrium di San Leucio. I Longobardi, distrutta Brindisi, fecero di Oria il loro più forte caposaldo in Terra di Otranto. Fu allora che Oria fu eletta come sede dei vescovi brindisini e anche quel trasferimento dell’episcopato indica l’abbandono della città. Un abbandono ulteriormente confermato dalla quasi totale mancanza di riferimenti a Brindisi nelle fonti dell’VIII secolo…” (Lo stato politico economico di Brindisi dagli Inizi del IV Secolo all’anno 670 – G. Carito, 1976).
Fino all’incipiente rifondazione bizantina di qualche secolo dopo – tra fine X secolo e inizio XI – la popolazione brindisina dovette rimanere prossima al minimo ed è comunque difficile reperire dati utili sul possibile andamento demografico fino a dopo la conquista normanna del 1071, quando finalmente si cominceranno a incontrare alcuni elementi utili per una qualificazione approssimativa. Poi, nei primi decenni del secolo XIII, la decisione di Federico II di allargare la cinta muraria cittadina, probabilmente ripristinando l’antico tracciato del municipio romano, fa ipotizzare una maggior crescita della popolazione durante la dominazione sveva, specificamente nel corso della prima metà del secolo XIII.
“Nel 1269, con gli Angioini appena insediati sul trono di Napoli, l’inchiesta condotta su un omicidio fece riferimento – per stabilire l’ammontare della multa da imporre alla città – all’esistenza a Brindisi di circa 1000 fuochi e così, adottando un moltiplicatore di 5 per i nuclei familiari, si deduce che il numero degli abitanti di Brindisi doveva attestarsi, in quegli anni del XIII secolo, sulle 5000 unità, un numero che potrebbe rappresentare l’apice del trend positivo iniziato con la conquista normanna. Poi, negli ultimi decenni dello stesso XIII secolo, ci fu una nuova inversione di tendenza che seguì alle convulsioni politiche legate alla cruenta transizione dagli Svevi agli Angioini, alla guerra dei Vespri, alla diffusione della peste nera in città, eccetera…” (Il medioevo nelle città italiane: Brindisi – R. Alaggio, 2015).
Infatti, un nuovo minimo puntuale caratterizzò la popolazione di Brindisi nell’anno 1465, quando – con i re aragonesi succeduti sul trono di Napoli – giunse in città il contagio della devastante peste europea e la popolazione si ridusse all’ordine di circa 3000 anime. Poi, nel 1496 è documentato esserci in Brindisi 4000 abitanti: lo relazionò il governatore veneziano Priamo Contarini quando, il 30 di marzo in nome del doge, ricevette la città consegnatagli in pegno dal re Ferrandino per l’aiuto ricevuto nello sventare l’invasione del re francese Carlo VIII.
Con l’estromissione definitiva dei monarchi aragonesi da Napoli e dalla Sicilia, nel 1509 ebbe inizio il lungo – bicentenario – periodo vicereale spagnolo. E per Brindisi quel bicentenario non iniziò certo nel migliore dei modi:
“Nel mese di luglio del 1526, la peste fece ritorno a Brindisi, di certo introdotta e favorita dalle tante truppe spagnole che vi si avvicendavano di continuo, transitandovi e soggiornandovi in condizioni igieniche del tutto deprecabili. Ad agosto del 1528, nell’ambito della guerra combattuta per la nomina del sacro romano imperatore tra la Spagna di Carlo V e la Francia di Francesco I, Brindisi fu attaccata da Simone Tebaldo, generale romano comandante di 16000 soldati, tra francesi veneziani e papali. La città fu costretta ad arrendersi e, quando Tebaldo fu fortunosamente abbattuto da un proiettile, venne saccheggiata dalle soldatesche allo sbando, che poi si ritirarono. In quello stesso anno, il 20 novembre 1528, una delle due colonne romane che avevano sfidato per tanti secoli le intemperie dei tempi e degli uomini, cadde senza un’apparente ragione…” (Brindisi nel contesto della storia – G. Perri, 2016).
E il 1529 è l’anno di inizio della Cronaca dei Sindaci di Brindisi dal 1529 al 1787 scritta da Pietro Cagnes e Nicola Scalese, nella quale – oltre a tant’altro – si può seguire l’andamento demografico della città, l’aumentare ed il diminuire della popolazione nell’arco di quei circa 250 anni, in rapporto all’economia e al traffico portuale in particolare, che la città ebbe con alterne vicende, per fatti di guerra, per inclemenze del clima, per flagelli vari e per l’impantanamento delle acque intorno alla città e nel porto:
Si può notare come per il 1531 la popolazione era precipitata a un nuovo ed accentuato minimo di circa 2000 abitanti – 400 fuochi – un minimo da allora in avanti ai più toccato, giacché il minimo seguente fu di 5000 abitanti e fu riportato per gli anni 1780 e 1789: prima da A. Pigonati nella sua “Memoria del riaprimento del porto di Brindisi” e poi da K. U. Von Salis Marschlins nel suo “Viaggio attraverso il regno di Napoli”.
Il massimo, invece, durante il viceregno spagnolo si toccò nel 1618, con 10000 abitanti distribuiti su un totale di 2000 fuochi. Nel 1618, a Brindisi il governatore spagnolo era il capitano Pedro Aloysio De Torres e la città si era decisamente ripopolata, grazie anche alla sua buona amministrazione: molto probabilmente il miglior governatore che Brindisi ebbe in tutto il bicentenario vicereame spagnolo. Aloysio De Torres è infatti ancora ben ricordato a Brindisi per aver affrontato il problema della sempre più critica carenza d’acqua – responsabile di frequenti epidemie – progettando un acquedotto che fece realizzare con il contributo monetario dei cittadini abbienti ed il cui emblema fu la fontana monumentale posta e tuttora funzionante, nella piazza Maggiore, poi piazza Mercato ed ora piazza Vittoria.
I dati demografici riportati nella Cronaca di Cagnes e Scalese, a partire dall’anno 1744 sono anche confrontati con quelli degli Status Animarum. Nella Biblioteca arcivescovile Annibale De Leo di Brindisi, infatti, sono conservati i registri degli Stati delle Anime di Brindisi degli anni dal 1744 al 1850, quando quello di Napoli era già diventato – nel 1734 – un regno indipendente: il regno borbonico di Napoli, poi delle Due Sicilie. “Il libro delle Anime di Brindisi nel 1754” curato da Loredana Vecchio e pubblicato nel 2012, illustra molto bene la tipologia e le caratteristiche di quei registri demografici, annualmente compilati dall’arcivescovato.
Il minimo già segnalato dell’ordine dei 5000 abitanti toccato intorno al decennio tra 1780 e 1790, fu poi nuovamente sfiorato nel 1830: sono gli anni in cui, dopo il clamoroso fallimento dell’opera di risanamento del porto realizzata dal Pigonati, la situazione economica sociale sanitaria e quindi demografica della città era ripiombata a livelli di criticità assoluta, con le morti superando per vari anni consecutivi le nascite. Lo documentarono dettagliatamente Giovanni e Francescantonio Monticelli, coadiuvati da Benedetto Marzolla, in una serie di ben tre memorie indirizzate al re Ferdinando IV nel tentativo – finalmente e per fortuna riuscito – di scongiurare per Brindisi la già decretata condanna alla sparizione dalla mappa d’Italia (Memoria in difesa della città e del porto di Brindisi – F.A. Monticelli, 1833).
“Altri andranno alla ricerca dei testi poetici o epigrafici in cui sono descritte le ansie, le sconfitte o le vittorie degli abitanti di questa città che un giorno fu condannata allo spopolamento e che invece vinse l’appello, e la condanna non fu eseguita, per cui ancora un popolo la abita” (Cronaca dei Sindaci di Brindisi dal 1787 al 1860 – R. Jurlaro, 2001)
Nel 1860 il regno di Napoli fu annesso al regno di Sardegna per così integrare il nuovo regno d’Italia in cui, a partire dal 1861, si realizzarono con frequenza decennale i censi della popolazione, che continuano a realizzarsi tuttora integrati annualmente dai dati dell’Istat.
Brindisi entrò a far parte del regno d’Italia con circa 9000 abitanti e la popolazione non smise di crescere tra ogni censo decennale ed il successivo: dopo cinquant’anni – nel 1911 – 25692 abitanti e dopo cento – nel 1961 – 70657 abitanti. Poi, nel 1991 si raggiunse il massimo assoluto di 95383 abitanti per ridiscendere a 88212 nel censo del 2011, quello dei cento cinquant’anni.
L’ultimo dato Istat, per l’anno 2016, indica a Brindisi una popolazione ancora in franca diminuzione, a 87820 abitanti. Un fenomeno, invero, italiano e non solo brindisino: è infatti di questi giorni, la notizia che nell’arco di otto anni, dal 2008 al 2016, le nascite in Italia sono diminuite di oltre 100mila unità e che nel 2016 sono stati iscritti all’anagrafe oltre 12mila bambini in meno rispetto al 2015.
A Brindisi, le nascite nel 2015 sono state 655 contro le 709 del 2014. Ma le morti nello stesso 2015 sono state 850 con quindi un saldo negativo di 195: ed è a partire dal 2012 che a Brindisi, quindi per già ben cinque anni consecutivi, il numero di morti ha superato il numero dei nati: non era mai più accaduto da quel lontano e certamente triste 1832.
A questo punto, dopo aver affrontato il tema dell’evoluzione demografica brindisina, per poter completare l’algoritmo delineato per il calcolo del numero totale dei nati a Brindisi nel corso della storia, bisogna considerare il punto dell’aspettativa di vita e quello della fecondità delle donne brindisine. Per far ciò, bisogna assumere alcune ipotesi, in base a conoscenze effettive quando disponibili e, per il resto, in base a supposizioni che siano il più possibile razionali.
L’aspettativa di vita è noto essere in continuo aumento, secondo un fenomeno che, a parte le puntualità legate a contingenze storiche, sembra sia stato abbastanza continuo nella storia intera dell’umanità. Ed è in effetti risaputo che i nostri nonni e bisnonni avevano una aspettativa di vita inferiore alla nostra. Così come si sa, che qualche secolo fa, l’età media fino alla quale si campava era sostanzialmente inferiore all’attuale, e così via: al tempo dei dominatori romani, ad esempio, era poco comune che si superassero i 50 anni di vita ed è immaginabile che ancor prima, gli uomini e le donne vivessero anche parecchio meno, forse in media tra 30 e 40 anni.
In quanto alla fecondità delle donne, deve considerarsi che l’età “sociale” della fecondità nel passato coincideva di fatto con l’età biologica della fecondità e quindi iniziava all’incirca ai 15 anni. Poi, a partire dal secolo XIX o XX, quell’età iniziale “sociale” anche a Brindisi è andata aumentando gradualmente fino agli attuali 25 anni. Pertanto, la durata degli anni di fecondità effettiva delle donne brindisine, può forse considerarsi essere rimasta in media pressoché costante nei secoli, intorno ai 20 anni: dai 15 ai 35 in passato e dai 25 ai 45 nell’attualità.
E allora, quanti – nei vari periodi della storia – sono stati i figli che ogni donna brindisina ha partorito durante quei suoi venti anni di fecondità sociale? Per l’epoca attuale i dati statistici del tasso di fecondità indicano valori ormai da molti anni inferiori a 2 figli per ogni donna, con una chiara tendenza a diventare sempre più bassi: nel 1950 il tasso nell’Italia meridionale fu 2,3 – nel 1960 fu 2,1 – nel 1970 fu 1,7 – nel periodo 2005-2010 il tasso fu 1,38, al 174esimo posto su un totale di 195 paesi, con in testa il Niger con un tasso di 7,19. Per il 2016 infine, il tasso di fecondità italiano fu 1,26 e nell’Italia meridionale 1,27.
Per le epoche anteriori però, naturalmente e purtroppo, non sono disponibili statistiche demografiche e pertanto non resta che affidarsi all’intuizione razionale, ben sapendo che il tasso nell’antichità deve essere stato via via superiore, con limiti superiori probabilmente compresi tra 5 e 7.
Ebbene, a questo punto e con l’ausilio di excel, il calcolo è bell’è fatto: per ogni anno, dalla popolazione totale e dall’aspettativa di vita femminile si ottiene la popolazione femminile in fecondità sociale che, combinata con il tasso di fecondità ed i venti anni di durata della fecondità sociale, permette calcolare il numero di nati per ogni anno, e quindi per ognuno degli intervalli considerato. Poi, basterà sommare tutti i nati di ogni intervallo e si otterrà proprio il numero totale dei nati a Brindisi (cioè dei Brindisini) esistiti in tutto il corso della storia della città. Quanti? La tavola excel indica poco più di 2 milioni e mezzo… all’incirca!
Certo, lo so, troppe imprecisioni, troppe supposizioni, troppe licenze non autorizzate. Ma non importa, tanto il calcolo lo si potrà sempre rifare, migliorandolo, modificandolo e correggendolo sulla base di nuovi o più attendibili elementi, siano essi relativi ai dati o alle supposizioni. E sarà mia cura presentarne, ogni volta che ne varrà la pena, la corrispondente attualizzazione.
Ah…! Un’ultima nota ancora: il 21 settembre 1951 nacque il brindisino numero 2.470.151: “io”.