
di Irene Sacrestano
Non è particolarmente disagevole raggiungere il parco Enzo Ferrari di Modena dove si tiene il concerto di Vasco. Gli ultimi 100 km li percorro in due ore, il traffico intenso ma scorrevole, la giornata assolata e l’allegria in auto, per l’esperienza tutta da godere, non mi fanno percepire la durata del viaggio. Alle 14, 20 oltrepassiamo i controlli, siamo in 220mila, quelli che hanno pagato il biglietto. Io 58 euro. i controlli sono rigidi ma veloci, c’è tanta voglia di partecipare, ognuno collabora. Le restrizioni sono ferree, io ci rimetto la crema solare, protezione 50 perché la mia pelle chiara sotto quel sole mi avrebbe cotta, una spalmata veloce e grassa sulle parti scoperte e con gli altri, tantissimi, coloratissimi, felicissimi, cerco il mio settore.
Il pomeriggio trascorre tra la calura e la sete. Le bottigliette entrano solo se da mezzo litro e senza tappo, trovarne delle altre è una fatica, ma una fontanina lontana cento metri risolve il problema. Partecipo al più bel happening che sia mai stato concepito, sono lontani i rumori del mondo, sul prato del parco, va in scena, la normale voglia di condividere il proprio tempo libero e di questi tempi è davvero tanto. Il sole tramonta, sul mega schermo il momento viene riofferto a tutti. Il concerto ha inizio ed è emozione pura. Ascoltare, vivere, cantare e percepire aria di serena normalità, chiassosa e gioiosa è il vero succo della serata. È festa e come una festa, la musica, Vasco regala, neanche fossimo alla festa del santo patrono, suggestioni ed emozioni.
Come fossimo uno solo, si canta si balla ci si capisce con il linguaggio universale delle note e come ogni festa, anche questa si conclude con i fuochi d’artificio. Belli emozionanti, mozzafiato. E’ tardi, manca un quarto all’una, tutti siamo pieni della normalità vissuta, nessuno ha la sensazione di aver vissuto qualcosa di eccezionale, ma di aver colmato il vuoto di partecipazione, quello si è percepibile. Neanche i controlli ricordano il loro compito, il deflusso è intenso ma infondo non caotico, non si percepisce se esista qualcuno che guidi la marea di gente che torna alle proprie case. L’auto parcheggiata in uno dei tanti spazi predisposti, è ancora lì con le alte 13.000. Il ritorno è lento ma regolare. Sono le 4, 35 del mattino quando invio a Brindisi, ai miei il messaggio su watsapp. Sono nella mia camera di studentessa fuori sede a Forlì. Al messaggio risponde solerte la mamma. Mio padre no, dorme.