La scomparsa del Commendatore – Il racconto di Michele Bombacigno

Franco Fanuzzi non era semplicemente il presidente del Brindisi. Era un essere superiore cui una potente divinità aveva conferito il carisma dell’infallibilità. Beh, almeno questa era, più o meno, l’idea che mi ero fatto di lui quando, ancora bambino, avevo cominciato a fare il tifo per la squadra biancazzurra. Tuttavia il suo operato durante la campagna acquisti dell’estate del 1973 mi lasciò un po’ perplesso. Del resto, stavo crescendo e fatalmente la mia fede, sino ad allora cieca, cominciava a fare i conti con un nascente senso critico.
Il Brindisi, matricola della serie “B”, aveva disputato una magnifica stagione ed io ero convinto che quel settimo posto finale sarebbe stato facilmente migliorato. A dirla tutta, “vedevo” già la serie “A”. Che ci vuole, pensavo, due o tre rinforzi azzeccati ed è fatta. Non abbiamo forse strapazzato per due volte il Genoa, dominatore del campionato?
Come ogni anno, mi godevo le vacanze in campagna, in un vecchio trullo di una sperduta contrada di Casalini, ridente frazione di Cisternino, tra corse in bicicletta, escursioni sui monti, partite di pallone improvvisate e appassionate letture, ed ogni giorno andavo in paese per acquistare i giornali e spulciare le notizie del calciomercato. Ma quell’anno, accidenti, La Gazzetta del Mezzogiorno e Il Corriere dello Sport sembravano portare solo cattive nuove. Già a maggio Luís Vinicio aveva firmato per il Napoli. Poi Mimmo Renna aveva annunciato il proprio ritiro per intraprendere la carriera di allenatore. Infine il presidente aveva ceduto Franzon e Castelletti al Brescia (per la bella cifra di 140 milioni di lire) e Fiorini e Cremaschi alla Nocerina! Alla notizia dell’addio del Grande Blek solo l’orgoglio – diamine, ero ormai grande, avevo quindici anni! – mi aveva impedito di versare qualche lacrima.
Ero disorientato e neppure gli acquisti di Fiorillo (Nocerina), Palazzese (Avellino) e Michesi (Matera) riuscirono a consolarmi. Come nuovo allenatore il Commendatore coraggiosamente scelse il giovanissimo Gianni Di Marzio (aveva solo 33 anni), che tanto bene aveva fatto in serie “C” con la Juve Stabia.
Come sempre, prima del campionato, si disputò la prima fase della Coppa Italia. L’avvio della competizione sembrò spazzare via tutte le perplessità sulla consistenza della nuova squadra. Forse il Commendatore era davvero infallibile!
Dopo aver osservato il turno di riposo nella prima giornata, il Brindisi affrontò le due squadre di serie “A” inserite nel girone, il Vicenza di Damiani e Sormani al Comunale ed il Cagliari di Albertosi e Brugnera in Sardegna. Ebbene, surclassammo i veneti con una doppietta di Boccolini e un gol di Fiorillo ed espugnammo Cagliari con le reti di Michesi e ancora Fiorillo! Vinicio, Renna, Franzon, Castelletti e Cremaschi erano ancora e sarebbero rimasti per sempre, inamovibili, nel mio cuore, ma già Di Marzio, Fiorillo e Michesi si facevano largo e conquistavano il loro posticino… “Brindisi da mille e una notte” titolarono i giornali dopo la vittoria di Cagliari. La qualificazione ai gironi di semifinale era vicina. La successiva sconfitta di Taranto raffreddò solo in parte gli entusiasmi. Nell’ultima giornata, infatti, era in programma Brindisi-Atalanta, praticamente uno spareggio, visto che i nerazzurri ci precedevano di un punto. Solo un palo, due salvataggi sulla linea e le grandi parate di Cipollini impedirono al Brindisi, trascinato da un sontuoso Cantarelli e da un incontenibile Franzoni, di schiodare lo 0-0 e di conquistare una storica qualificazione. Ma storica quella partita rimase comunque, almeno per me, perché sul terreno del Comunale vidi esibirsi, tra le file bergamasche, un certo Gaetano Scirea, allora giovanissimo centrocampista e in seguito, come tutti sanno, fenomenale libero della Juventus e della Nazionale.


Anche il campionato cominciò con il botto. Ad Avellino dopo mezzora eravamo sotto di due gol, ma Franzoni, Palazzese e Giannattasio firmarono una clamorosa rimonta. La settimana seguente, nel debutto casalingo, una bella doppietta di Michesi ci consentì di battere la Reggiana per 2-1. Nelle successive quattro giornate collezionammo invece tre sconfitte in trasferta e un misero pareggio casalingo. L’ultima delle tre sconfitte esterne la subimmo a Palermo il 4 novembre 1973. Alla vigilia, Paolo Franzoni, l’imprendibile freccia che scatenava il nostro entusiasmo con le sue irresistibili volate, era stato ceduto alla Lazio, con la maglia della quale si sarebbe fatto onore, siglando, tra l’altro, un gol decisivo in un infuocato derby Roma-Lazio. Al suo posto Di Marzio avrebbe schierato in pianta stabile Palazzese, fantasioso e sgusciante dribblomane, un vero peperino al quale i tifosi diedero il soprannome “Frou-Frou”. A Palermo perdemmo per 1-0, ma a tre minuti dal termine accadde il fattaccio. Il nostro portiere Rosario Di Vincenzo, dopo uno scontro di gioco nel quale l’attaccante rosanero Barbana aveva subito un grave infortunio, fu colpito duramente da uno spettatore e da un fotoreporter e fu ricoverato in ospedale in stato di choc. Il Brindisi ovviamente sporse reclamo chiedendo la vittoria a tavolino. 
Il periodo nero fu superato brillantemente con la netta vittoria nel derby contro il Bari. In quella occasione esordì l’acquisto novembrino Abbondanza, estrosa mezzala giunta dal Napoli, e Michesi mise a segno un’altra doppietta. Ehi, questo ragazzone ci sapeva fare! Pietro era un centravanti poderoso, forse un po’ lento, ma efficace e grintoso, dotato di un buon tiro e di notevole fiuto del gol. All’ottava giornata giocammo ad Ascoli e pareggiammo per 1-1. Il gol dei bianconeri fu messo a segno dal grande ex Renato Campanini su assist del suo compagno di reparto Massimo Silva, già, proprio lui, l’attuale bravissimo allenatore del Brindisi. Poi battemmo in casa il Catanzaro e pareggiammo a Catania. Intanto la vicenda di Palermo ci aveva fruttato altri due punti perché gli organi giudicanti ci avevano assegnato la vittoria. Ci ritrovammo così ad un sol punto dalla capolista Ascoli. Il 9 dicembre del 1973, battendo il Parma per 2-1 con la terza doppietta stagionale di Michesi, raggiungemmo in vetta alla classifica i marchigiani, mentre il nostro centravanti balzava al comando della classifica dei marcatori! Mai il Brindisi, nella sua storia, era stato così in alto. La città esplodeva di entusiasmo e sognava ad occhi aperti la serie “A”. In panchina quel giorno al posto di Di Marzio, vittima di un brutto incidente automobilistico, sedeva l’allenatore in seconda Pierini. 
Mentre il Brindisi faceva parlare di sé l’intera Italia calcistica, io e i miei amici della Dalma Sport perdevamo il nostro prezioso campetto de “La vecchia”, in via Dalmazia, al cui posto un brutto giorno trovammo un cantiere. Prendemmo a girovagare per gli altri campetti della città, quelli dell’Enel, della Montedison, della Saca, del Villaggio San Paolo, della Beton Rapid, sfidando in accesissime partite diverse squadre di nostri coetanei. Si giocava nove contro nove e senza arbitro, le porte quasi sempre erano costituite da due sassi e il terreno di gioco era delimitato da linee … immaginarie. Ma ci divertivamo, eccome se ci si divertivamo! E il pallone ci aiutava a vivere serenamente la nostra adolescenza, regalandoci piccole grandi gioie e rafforzando la nostra bella amicizia.
Purtroppo il primo posto del Brindisi fu un fuoco di paglia. La successiva partita, a Varese, ci riportò brutalmente sulla terra. Grazie alle doppiette di Calloni e Libera i biancorossi ci travolsero con un inequivocabile 4-1. La squadra che fino al giorno di Brindisi-Parma aveva fatto sognare diventò ben presto soltanto un ricordo. Cominciò una interminabile serie di pareggi e sconfitte e fino al termine del torneo avremmo colto soltanto altre due vittorie. L’ennesimo pareggio casalingo contro il Perugia, alla 22a giornata, costò il posto a Gianni Di Marzio, esonerato e sostituito da Rubino. Dopo ben 17 turni senza successi tornammo a conquistare i due punti soltanto alla 29a giornata contro il Catania con gol del prezioso jolly Incalza e di Michesi su rigore. Ma la settimana seguente fu di nuovo buio pesto. Subimmo, infatti, un umiliante 4-0 a Parma, cui seguirono la sconfitta in casa contro il Varese e quella di Brescia. Ormai eravamo nei guai fino al collo, pericolosamente impelagati nella lotta per non retrocedere, con una squadra allo sbando. Eppure, mi dicevo affranto, Di Vincenzo (spesso in quella sfortunata stagione sostituito per infortunio da Maschi o Novembre), Sensibile, La Palma, Cantarelli, Papadopulo, Giannattasio, Palazzese, Fiorillo, Michesi, Abbondanza e Boccolini, era questa la formazione tipo, erano fior di giocatori, come del resto avevano dimostrato nella prima parte del torneo. Era il momento più deprimente da quando seguivo il Brindisi. Ma il peggio doveva ancora venire.


L’8 maggio, infatti, stroncato da un infarto, improvvisamente, a soli 53 anni, venne a mancare Franco Fanuzzi. Scompariva così il vulcanico, scaltro, abilissimo, appassionato, generoso e insostituibile presidente che aveva reso grande il Brindisi, sottraendolo dopo anni di anonimato al limbo della serie “D”, per condurlo prima in serie “C” e poi addirittura in serie “B”. Al dolore seguì l’apprensione: che ne sarebbe stato della nostra amata squadra? E sarebbero stati in grado Cantarelli e compagni di superare il terribile momento e di conquistare in quel disgraziato campionato una permanenza che ora sembrava veramente difficile da raggiungere?
Quattro giorni dopo la morte di Fanuzzi si giocò un Brindisi-Atalanta denso di profondi significati. La fascia nera del lutto al braccio dei biancazzurri, la deposizione di una corona di fiori nel punto, ai bordi del campo, dal quale il Commendatore era solito assistere alla partita, il minuto di raccoglimento accompagnato dal silenzio fuori ordinanza intonato da una struggente tromba, la generale commozione crearono un’atmosfera di immensa mestizia. Ma squadra e pubblico volevano la vittoria a tutti i costi. Per onorare la memoria del grande presidente scomparso e per conquistare due punti preziosissimi, fondamentali per il destino del Brindisi. Eravamo quart’ultimi e mancavano ormai solo sei giornate al termine del campionato. Al 22’ del primo tempo lo stadio già scosso piombò nello sconforto. Con un gran tiro al volo Scirea portò in vantaggio l’Atalanta e lo spettro della retrocessione si materializzò, sempre più minaccioso. Sugli spalti dapprima ammutolimmo, poi ci scatenammo, incoraggiando i ragazzi di Rubino come non mai, e la reazione della squadra fu feroce. Dopo soli 7’ il bomber Michesi, di testa su assist di Cantarelli, pareggiò il gol di Scirea e al 36’ il geniale Fiorillo, migliore in campo insieme con Lombardo, con un siluro su calcio di punizione segnò il magnifico gol – uno dei più belli che io abbia visto al Comunale – che fece esplodere lo stadio in un boato quale non avevo mai udito nei miei sei anni da tifoso biancazzurro. Rammento perfettamente la grandissima tensione con la quale seguimmo le fasi finali dell’incontro. Soffrimmo, ma l’Atalanta non riuscì a pareggiare ed anzi sfiorammo più volte il gol del 3-1. Come non pensare che da lassù il presidente, con la sua proverbiale grinta e la sua straordinaria mentalità vincente, avesse ancora una volta spinto il Brindisi verso un successo che sarebbe poi risultato decisivo? A quella vittoria seguirono quattro pareggi ed una sconfitta nell’ultima giornata a Reggio Calabria. Avevamo corso grossissimi rischi, ma eravamo salvi, sia pure soltanto in virtù della differenza reti. La gioia, comunque, fu assai contenuta. 
Franco Fanuzzi non c’era più ed il destino del Brindisi appariva a dir poco nebuloso. Anche se il nuovo presidente portava lo stesso cognome del Commendatore, tutto lasciava pensare che l’epopea biancazzurra stesse già volgendo al termine. Eppure, prima del suo irreversibile declino, il Brindisi, nella stagione seguente, 1974-75, avrebbe avuto un meraviglioso sussulto ed avrebbe scritto un altro splendido capitolo della sua storia.

Michele Bombacigno