Enel Brindisi, il pagellone di fine stagione. Chi parte e chi resta

di GIANMARCO DI NAPOLI

Delroy James 8. Chiude con 12 punti e quasi 8 rimbalzi a partita, con la ciliegina di 40 stoppate (top-five del campionato): mica male per uno che arrivava dalla serie A2. Per troppe partite è costretto a sacrificarsi nel ruolo di 5. Un tassello indispensabile intorno a cui costruire la squadra della prossima stagione. Sarà confermato se il suo procuratore non avanzerà pretese astronomiche. Resta.

Miroslav Todic 6,5. Otto punti e quasi cinque rimbalzi a partita. Soffre dannatamente con la schiena eppure ringhia sotto canestro, ha una buona mano dalla distanza, lotta su ogni pallone. Anche lui chiamato a coprire i vuoti lasciati da quelli che dovevano essere i centri titolari. Se le sue condizioni di salute lo consentiranno (i frequenti infortuni preoccupano), anche lui sarà confermato, come pivot di rincalzo. Resta.

Massimo Bulleri 7. A Cremona si è chiuso il suo campionato e in parte anche quello di Brindisi che dal giorno del suo infortunio (2 febbraio) ha patito terribilmente la mancanza della sua lucidità nei momenti critici, riuscendo a vincere solo cinque delle successive 16 partite. Sta proseguendo la terapia di recupero per farsi trovare pronto all’inizio della prossima stagione. Una conferma scontata, ovviamente subordinata al via libera dei medici. Resta.

Matteo Formenti 5. A inizio campionato, quando l’accordo con Basile era già stato raggiunto, ha preferito restare a Brindisi chiudendo di fatto le porte all’arrivo del Baso. Sapeva che avrebbe giocato poco ma si sperava in un suo contributo importante. Non è stato sempre così, complici una serie di infortuni dai quali si è ripreso a fatica. Solo 21 volte in campo, 27 punti realizzati in tutto il campionato. Non verrà ricordato certo per questa stagione ma non si può dimenticare quello che ha dato in passato. Parte.

Jerome Dyson 8,5. Un fuoriclasse che rischia di rimanere un incompiuto per quella sua mancanza di lucidità nella gestione della squadra nei momenti più importanti. E’ uno che da solo può vincere o perdere una partita, ma che difficilmente mette in condizione i compagni di giocarsela. Nell’attacco frontale al canestro è da top five in serie A, in certi tiri presi fuori ritmo da distanza siderale ricorda un po’ Gibson. E forse proprio come il nostro amato Jonathan è condannato a vivere nel limbo del mezzo play e mezza guardia, figlio del basket moderno che ha inventato il ruolo promiscuo della “combo guard”, che difficilmente gli consentirà di centrare il suo grande sogno, quello di giocare negli Nba. Comunque a Brindisi verrà ricordato come uno dei più grandi di sempre. Good luck, Jerome. Parte.

Ron Lewis 7. Dopo Dyson e James è l’uomo con più minuti sul parquet e il terzo miglior realizzatore della squadra con quasi undici punti a partita. Non è facile per uno che ha esordito nel campionato italiano alla soglia del 30 anni. Pecca in continuità, alternando prestazioni stratosferiche (high 26 punti) ad altre anonime. Negli ultimi giorni si è aperta la possibilità che possa essere confermato, come riserva del 2-3, in sostanza prendendo il posto che quest’anno occupava Campbell. Resta, forse.

David Chiotti 4. In 18 partite ha realizzato 37 punti in meno di Aminu che ne aveva giocate solo 12. Ha catturato meno di tre rimbalzi a gara. Doveva essere il centro titolare ma non è riuscito mai a dare un contributo concreto. Anche ieri sera, con Todic e Zerini fuori dalla partita, Bucchi ha preferito lasciarlo in panchina. Speriamo che altrove possa ritrovare la strada perduta. Parte.

Andrea Zerini 8,5. Andrea è uno spot per la pallacanestro di Bucchi. Doveva essere la riserva di James come numero quattro, ed è diventato il pivot titolare. Lui bianco, piccolo ma guerriero, in mezzo all’area colorata dominata da neri spesso 10 centimetri più alti di lui. Ha catturato 109 rimbalzi e sono stati di più (58) quelli presi sotto il canestro avversario. Ha messo dentro 33 “bombe” con un 34,5% che è tanta roba per un lungo. Avrebbe reso ancor di più se non fosse stato costretto, dalla contingenza, a giocare spalle a canestro. Resta.

Michael Snaer 6,5. E’ migliorato molto nel corso della stagione, affinando la sua tecnica di tiro e soprattutto imparando ad attaccare, cosa che gli riesce meno naturalmente rispetto alla difesa. Ha meno di 24 anni, può solo crescere. E’ stato il più preciso della squadra dalla lunetta (30/35, 85%) anche se non ha mai ripetuto gli exploit che lo avevano reso famoso al college quando per ben cinque volte aveva risolto le partite all’ultimo secondo. Parte.

Micheal Umeh s.v. Uno tra i giocatori più insignificanti e impalpabili che abbiano calcato il parquet del Pala Pentassuglia. Non un play, non una guardia tiratrice, non un difensore. E pensare che la società ha aspettato due settimane per averlo perché impegnato nel campionato israeliano. Ha fatto rimpiangere persino Jackson. Parte.

Folarin Campbell 7,5. Un sesto uomo coi fiocchi: lo ha cristallizzato con la prestazione di ieri sera, esaltata da una doppia doppia: 18 punti, 12 rimbalzi, 28 di valutazione. E’ riuscito a coprire quattro spot diversi assicurando quasi sempre qualità e quantità. E’ quello con il plus/minus più alto (57, il secondo è Dyson con 29) e questo dimostra quanto il suo apporto sia stato spesso determinante per il risultato. Purtroppo sarebbe un lusso tenerlo ancora perché le pretese economiche sono altissime, troppo per un giocatore che inizia dalla panchina. Parte.

Piero Bucchi 9. Forse la sua più bella stagione in serie A. Prende un manipolo di sconosciuti e per oltre metà campionato li trasforma nella squadra più forte di tutte. Raggiunge la salvezza al girone d’andata, vince il titolo di campione d’inverno. La crisi di nervi di Formenti alla fine di gara due e quella di Snaer durante la partita di ieri, entrambe contro di lui, forse lasciano intravedere un livello di tensione a fine stagione che andrebbe stemperata. Bucchi è uno che spreme la squadra sino all’ultimo e si spreme anche lui: le sue lacrime in sala-stampa sono la prova più genuina di quanto si senta coinvolto in questa splendida esperienza. Avrebbe meritato lui il titolo di miglior allenatore del campionato: lo è stato sensa dubbio. Resta.

Daniele Michelutti 8. E’ a Brindisi da quattro anni: iniziò come terzo di Perdichizzi, poi rimase con Bechi e infine è diventato l’alter ego di Bucchi. E’ l’uomo che analizza le partite e che al momento giusto fornisce il consiglio giusto al coach. Il prossimo campionato potrebbe essere quello della consacrazione. Non sarebbe male se uscisse ogni tanto dal campo gravitazionale di Bucchi: sarebbe utile a lui ma soprattutto al suo stesso capo allenatore. Resta.

Marco Sist 7,5. L’obiettivo della squadra era quello di centrare al più presto la salvezza e poi di trovare un posto nei play off. Serviva dunque una preparazione da velocisti e non da fondisti. E nella prima metà del campionato mentre gli altri camminavano, Brindisi correva. E’ ovvio che alla fine ci sia stato un calo, ma l’Enel non era costruita per arrivare a regime nei play off. La conferma di Sist, scontata all’inizio, sembrava in discussione nelle ultime settimane. Ma è assai probabile che venga confermato. E sembra una decisione saggia. Resta.

Alessandro Giuliani 7. Una campagna estiva eccellente: ha scoperto Dyson, ha pescato in Legadue talenti come James e Campbell. Per questo è stato premiato come miglior general manager del campionato. Meno brillante la seconda parte del suo lavoro, che non casualmente corrisponde a un girone di ritorno in caduta: la partenza di Aminu per Chiotti, poi la scelta di Jackson e infine soprattutto quella di Umeh hanno indebolito la squadra mentre le altre si rinforzavano. Ma solo chi non rischia non sbaglia. Resta.

(Nella bella foto di Damiano Tasco l’attimo in cui Piero Bucchi consola il figlio in lacrime a fine partita)