di GIANMARCO DI NAPOLI
Il 2 febbraio la sua era sembrata un’uscita di scena dolorosa e spettacolare, come quelle riservate spesso ai grandi campioni. A Cremona aveva giocato la sua più bella partita da quando era a Brindisi, mettendo dentro 12 punti con 3/3 da due e 2/2 da tre, tutto in undici minuti in campo e ribaltando quasi da solo un incontro che l’Enel stava perdendo. Poi la caduta sul parquet dopo un salto nell’area pitturata avversaria.
Si era subito capito che era qualcosa di gravissimo, del resto il primo era stato lui a scuotere la testa e a fare segno “È finita”. E quando un paio di giorni dopo arrivò la diagnosi definitiva (lesione completa del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro) tutti pensammo di aver assistito all’ultima, grandissima, partita di un grande campione. Ne eravamo tutti convinti, tranne lui.
Massimo Bulleri, 37 anni compiuti il 10 settembre, 127 presenze e oltre mille punti con la maglia azzurra con cui ha vinto un argento alle Olimpiadi, un bronzo agli Europei e uno ai Giochi del Mediterraneo (oltre a due scudetti, quattro Coppe Italia, due Supercoppe e due titoli di Mvp del campionato di serie A), dopo 252 giorni trascorsi tra interventi, terapie riabilitative e allenamenti individuali, domenica sera torna in campo con l’Enel Basket Brindisi.
Per coach Piero Bucchi si tratta indubbiamente dell’acquisto più importante, per il pubblico brindisino del rientro di un beniamino che con la sua umiltà e la sua determinazione è riuscito a diventare “il” capitano, per i giovani che si avvicinano alla pallacanestro un esempio assoluto da imitare, dentro e soprattutto fuori dal campo.
La società lo aveva detto subito: faremo in modo di recuperarlo. Ma pochi, anche ai piani alti di contrada Masseriola, forse pensavano davvero che Bullo, a un’età non più verde e con una carriera da monumento del basket italiano alle spalle, avesse ancora voglia di sacrificarsi fino a questo punto, e perché no che avesse ancora una struttura fisica tale da superare un infortunio gravissimo anche per un diciottenne.
E invece all’inizio dell’estate, visti i progressi compiuti e la determinazione con cui il giocatore si dedicava alla riabilitazione, coach Bucchi e il presidente Nando Marino non solo hanno deciso di dargli un’altra chance, ma di fatto di mettergli in mano le chiavi d’accensione del nuovo roster.
Ed è stata una scelta vincente perché forse ancor più che nella scorsa stagione, durante la quale era chiamato in campo nei momenti di “follia” agonistica di Dyson, quest’anno Bullo dovrà metter ordine in un settore di esterni molto più complesso e articolato in cui proprio il play titolare, Sek Henry, è stato finora quello che ha convinto di meno. E non solo perché si guarda con il magone le imprese di Dyson a Sassari.
Da qualche settimana Bulleri ha ripreso ad allenarsi a tempo pieno con la squadra e già a Sassari, prima della semifinale di Supercoppa, si era riscaldato come se dovesse entrare in campo. Scalpita come un ragazzino, il vecchio Bullo e c’è da immaginare cosa avrà provato in cuor suo (perché è uno che i sentimenti e le emozioni li tiene ben chiusi nel cassetto) quando lo staff medico gli ha dato la sua benedizione.
Domenica sarà a disposizione di coach Bucchi, pronto a dare il suo contributo dentro il campo e anche in panchina. Brindisi ha ritrovato il suo capitano, uno il cui il busto un giorno finirà nel museo del basket italiano insieme a quello di un altro monumento che lasciato una traccia indelebile a queste latitudini: Santi Puglisi. Lo sport più bello del mondo ha le sue icone e noi abbiamo avuto la fortuna conoscerne due. Scusate se è poco.