di GIANMARCO DI NAPOLI
Presidente Marino, fino a poche settimane fa l’Enel Brindisi sembrava costruita sulla falsa riga della squadra delle ultime stagioni: un gruppo di giovani giocatori pescati qua e là per il mondo dall’occhio lungimirante di Alessandro Giuliani e con la consapevolezza che Piero Bucchi li avrebbe trasformati in una squadra da corsa. Nell’ultima settimana cambia tutto: prima il clamoroso ritorno di Cedric Simmons, poi la bomba dell’ingaggio di Jacob Pullen e all’improvviso Brindisi si trova catapultata tra le big. Cosa ha provocato questo cambiamento di rotta?
“Semplicemente una serie di situazioni favorevoli. Già in estate speravamo di riportare a Brindisi Simmons, ma era un sogno irraggiungibile, un po’ perché l’allenatore dell’Olympiacos non intendeva assolutamente privarsene, e soprattutto perché il giocatore aveva un ingaggio al quale non ci potevamo avvicinare neanche lontanamente. Nel corso della stagione, l’allenatore della squadra greca è cstato sostituito e Simmons ha raggiunto con la società del Pireo una transazione che ci ha consentito di andare a integrare il suo stipendio. Si tratta ovviamente sempre di uno sforzo importante, ma non paragonabile a quello iniziale”.
E Pullen?
“L’arrivo di Pullen è frutto di un altro cambiamento: abbiamo avuto la convinzione di avere a disposizione un’ottima squadra e di aver ottenuto grazie a Bucchi un processo di maturazione più rapido di quanto ci aspettavamo. L’arrivo di Simmons dopo l’infortunio di Mays e l’improvvisa separazione di Pullen con Siviglia ci hanno spinto a compiere uno sforzo in più per disputare un campionato diverso”.
Presidente, così come da Brindisi abbiamo guardato a Reggio Emilia e Venezia, dopo gli ingaggi di giocatori di altissima qualità, come le due più probabili pretendenti a inserirsi nella lotta scudetto dietro Milano e Sassari, è plausibile e legittimo che adesso, dopo gli arrivi di Pullen e Simmons, qualcuno inserisca anche l’Enel in questo lotto di squadre. Ma secondo lei pensare a lottare per lo scudetto è un’eresia?
“La parola scudetto per Brindisi non è avvicinabile. Indubbiamente abbiamo aumentato il tasso tecnico della squadra, per altro separandoci a malincuore da Henry e Ivanov che sono degli ottimi giocatori. Ma quando si fa impresa bisogna essere freddi, non lasciarsi guidare dal cuore. E anche i ragazzi lo sanno. Henry quando ieri gli abbiamo comunicato che ci dovrà lasciare ha detto: mi dispiace di non essere riuscito a dimostrare quanto valgo ma questo è business. Brindisi non può pensare allo scudetto, ci sono squadre più attrezzate e mature per contenderselo”.
Ma a questo punto non riuscire a inserirsi tra le prime quattro, con questa squadra, potrebbe rappresentare una delusione.
“L’anno scorso ci siamo classificati quinti ma siamo poi usciti al primo turno dei play-off. Siccome vogliamo migliorarci, il mio sogno è quello di conquistare i play-off con il miglior piazzamento possibile, ma almeno superare il primo turno. E poi speriamo di essere la mina vagante delle prossime Final Eight”.
Un roster così competitivo aumenta anche le responsabilità dell’allenatore. Se prima Bucchi era chiamato a plasmare (e ci è sempre riuscito ottimamente) giocatori sconosciuti e portare la squadra nelle zone alte della classifica rappresentava un miracolo, oggi con i nuovi arrivi anche lui avrà responsabilità in più. Se prima aveva una buona utilitaria da far correre, oggi forse non ha una Ferrari ma almeno una grossa Bmw…
“Ricordiamo che abbiamo giocatori giovani e ancora poco esperti: Turner, come Denmon e lo stesso Pullen che nel campionato italiano ha giocato solo a Biella e otto partite con Bologna. La capacità di Bucchi dovrà essere ancora una volta quella di assemblare la squadra e di farle esprimere tutto il suo potenziale. Ripeto spesso, anche ai giocatori, la frase “in campo non valgono i contratti, gli stipendi ma il cuore, la tecnica e la fame di successi. Piero dovrà trasformare la mentalità della squadra e trasferire questi valori. Sono sicuro che ci riuscirà e avremo grandi soddisfazioni”.