Brindisi Calcio, tra disgusto, rassegnazione e voglia di rinascita

Tanto e tale è stato il disgusto e la repulsione che i brindisini hanno provato nel conoscere, sia pure ancora sommariamente e sulla base di quel poco, anche a livello di intercettazioni telefoniche, che è trapelato dai giornali, in ordine al pieno coinvolgimento del sodalizio biancazzurra nella operazione “dirty soccer”, che in città più nessuno sta considerando l’ipotesi di provare a salvare la Ssd Calcio Città di Brindisi, sfruttando il suo titolo sportivo per continuare a fare calcio nel capoluogo messapico.
In pratica, tutte le diatribe in ordine alla reale debitoria del Brindisi Calcio, alla volontà o meno di Flora e Morisco di azzerare i debiti e cedere le quote societarie, hanno lasciato il campo alle discussioni su quello che potrebbe essere il campionato di partenza di una società fondata ex novo oppure la possibilità di trasferire a Brindisi il titolo sportivo di una società della provincia già impegnata in un campionato regionale: di salvare il vecchio Brindisi non se ne parla nemmeno.
La sentenza, meglio ancora la fatwa, che esclude il Brindisi dal prossimo campionato, sembra essere stata emessa dal popolo biancazzurro, prima ancora che dagli organi federali preposti i quali, in questi giorni, stanno compiendo i primi passi mediante l’acquisizione dei verbali degli interrogatori in carcere resi dai tesserati coinvolti nell’inchiesta penale.
Si tratta esattamente della stessa reazione di un amante tradito, perché di tradimento non solo riguardo i valori dello sport si è trattato, ma anche tradimento dell’affetto e della fede di quei tanti tifosi che, anche a costo di sacrifici personali ed economici, non avevano mai fatto mancare il sostegno alla squadra con la V sul petto, una V ora lordata, forse in maniera irreparabile, dalla marea di lurido fango che l’ha impregnata in questa stagione; la stagione che doveva essere della rinascita e del rilancio e che, invece, si è rivelata assai più beffardamente, come quella del suo naufragio.
Ad oggi l’unica iniziativa ufficialmente in piedi per cercare di salvare il calcio a Brindisi è quella messa in atto dalla neonata Associazione Polisportiva Per Brindisi, che mira a raccogliere l’adesione di almeno duemila brindisini attorno ad un progetto di rinascita dal basso del movimento calcistico ma che, se entro il 30 giugno – giorno fissato per una grande assemblea monotematica sul futuro del calcio brindisino e sull’impegno anche economico che l’associazione potrà dare – dovesse raggiungere oltre che un numero ragguardevole di adesioni anche una adeguata disponibilità economica grazie alle quote degli iscritti e le contribuzioni volontarie, potrebbe riuscire anche bruciare le tappe e poter ripartire da una categoria di meno infimo livello, quale potrebbe essere il campionato di Promozione o, meglio ancora, quello di Eccellenza.
Da ieri è online sul sito www.perbrindisi.it, per cui chiunque lo potrà leggere, lo statuto di questa associazione che, all’art.2 prevede espressamente che l’associazione persegue i seguenti obiettivi: la promozione e il sostegno di attività sportive che partano dal basso, partecipate ed accessibili a tutti i cittadini, con particolare riferimento alle fasce giovanili; la ricerca e l’utilizzo di nuovi modelli di organizzazione sportiva, allo scopo di perseguire gli scopi associativi ed aumentare il grado di diffusione e partecipazione alla pratica sportiva; la promozione del diritto al libero accesso all’attività sportiva; la creazione e la crescita di una comunità di persone che producano, condividano e scambino informazioni, contenuti, documenti sulle più corrette pratiche sportive, agonistiche e non; la collaborazione con analoghe associazioni che condividono scopi e obiettivi.
Guardiamo con simpatia a questa iniziativa, che cerca di scuotere la gente di Brindisi dall’atavico torpore coinvolgendolo in una sorta di azionariato popolare, ma certo è che da sola questa iniziativa, per quanto meritoria, non può essere sufficiente a risolvere il problema dal momento che il calcio, anche a livello dilettantistico, ha bisogno di risorse imprenditoriali e manageriali importanti per cui ben venga il volontariato e gli oboli dei semplici cittadini, ma c’è la necessità anche di chi, avendone le capacità economiche e le necessarie competenze tecniche, si assuma in prima persona gli oneri della gestione societaria, magari con il supporto ed il sostegno anche dell’associazione, altrimenti rimarremo confinati nel campo delle buone intenzioni e dei sogni irrealizzabili.
Alessandro Caiulo