Brindisi Calcio, cronaca di una morte annunciata

Una cosa è assolutamente innegabile: la S.S.D. Calcio Città di Brindisi, la società nata nel luglio del 2011 sulle ceneri del Football Brindisi 1912, nei suoi appena 4 anni di vita, non è mai stata in grado non solo di camminare ma nemmeno di mantenersi ritta sulle proprie gambe e non è un caso che abbia tracciato le pagine più buie, più cupe e più vergognose del calcio biancazzurro da che è stata inventata la sfera di cuoio.
Alla nascita ebbe bisogno dell’apporto bipartisan delle istituzioni politiche brindisine, capeggiate dall’oramai ammalato, ma ancora energico, sindaco Domenico Mennitti e del suo pupillo Mauro D’Attis, da una parte, e dai consiglieri Brigante e Monetti dall’altra e riuscì ad andare avanti nella prima stagione – fra mille imbarazzanti litigi interni e contestazioni in piazza – grazie ad un tesoretto, troppo presto dissipato, di oltre mezzo milione di euro messo generosamente a disposizione da sponsor vicini alle forze politiche.
In una situazione quasi surreale, il 7 marzo del 2012, si riuscì addirittura a festeggiare il centenario del calcio brindisino con l’assenza in blocco della tifoseria organizzata della Curva Sud in aperta contestazione con il presidente Giuseppe Roma che da un paio di mesi aveva sostituito Roberto Quarta. Sul piano tecnico Enzo Maiuri era subentrato a Gigi Boccolini che, unitamente ad Aldo Sensibile e Diego Giannattasio, era stato di fatto costretto alle dimissioni da un clima di tutti contro tutti che diventava ogni giorno più rovente. Il risultato sportivo vide il Brindisi acciuffare per i capelli i play off per poi essere immediatamente eliminato alla prima partita dalla certo non irresistibile Sarnese di mister Pirozzi.
Nella stagione successiva, quella 2012/13 Roberto Galluzzo prende in mano le redini societarie sostituendosi a Giuseppe Roma mentre Annino De Finis si defila completamente. In panca c’è Mino Francioso e, dopo un ottimo avvio di campionato qualcosa si rompe, la squadra, pressoché nella sua interezza, si ammutina perdendo vergognosamente, senza praticamente mai lottare, una partita dietro l’altra sino al cambio del mister e l’avvento di Ciullo. Dopo qualche buon risultato scoppia la grana stipendi e, con la società ormai allo sbando e tutti che vogliono abbandonare la nave che affonda, alla vigilia del derby col Foggia c’è il concreto rischio del ritiro dal campionato. Le quote societarie vengono cedute gratuitamente a Stefano Casale che non può certo farsi carico dei cospicui oneri di gestione di una squadra di serie D
Assurge, apparentemente (col senno di poi) a salvatore della patria il barese Antonio Flora, che il 27 marzo 2013, si reca in gran spolvero a Palazzo Nervegna per mettersi a braccetto con il Primo Cittadino Mimmo Consales e l’allora assessore allo sport Antonio Giunta ed essere presentato come l’uomo della provvidenza per il calcio brindisino. Effettivamente mette mano al portafogli, paga qualche stipendio ai calciatori, che miracolosamente, a pancia piena, ricordano come si gioca a calcio ed inanellano una serie di buoni risultati che portano il Brindisi in una tranquilla situazione di metà classifica.
La stagione successiva, quella 2013/14, è stata l’unica, dal punto di vista societario, tranquilla, dal momento che la società è rimasta saldamente nelle mani dei Flora, ma ha segnato anche l’allontanamento del Direttore Enzo Carbonella – primo segnale di rottura fra il patron e le istituzioni brindisine che vedevano in Carbonella il punto di raccordo fra il sodalizio sportivo e la città, con conseguente serrata degli sponsor locali che smisero di effettuare i pagamenti promessi – l’avvicendamento a stagione iniziata fra Ciullo e Chiricallo, ed un risultato sportivo assolutamente grigio e deludente, con la squadra fuori dalla griglia play off.
La scorsa stagione è stata quella delle grandi illusioni e del botto finale: inizio luccicante con la gran cassa e presentazione in grande stile di una squadra che, sulla carta, sembrava non dovesse avere rivali ed apparente ricucitura iniziale con il sindaco Consales e l’assessore allo sport Ingrosso, contestati, però, da una parte della tifoseria, fin dal primo istante, sotto gli occhi palesemente compiaciuti della dirigenza societaria.
Dopo le prime delusioni sul campo, ennesimo avvicendamento in panchina con Castellucci che prende il posto di Chiricallo; già in autunno, Flora dichiara di voler mollare tutto nelle mani del sindaco ma non si fa avanti nessuno seriamente intenzionato a rilevare la squadra e si decide di andare avanti ugualmente: è esattamente il periodo in cui si sono disputate le partite finite nel mirino della procura distrettuale antimafia calabrese contro il San Severo ed il Pomigliano, il Brindisi naviga grigiamente ai margini della zona play off e, ad inizio primavera, esattamente due anni dopo che vi era salito a bordo e ne aveva assunto il comando, Flora molla tutto nelle mani del fido Morisco ed abbandona la nave. La squadra riesce egualmente ad acciuffare l’ultimo posto utile per i play off, da cui viene subito eliminato nella gara secca disputata a Bisceglie.
Pochi giorni dopo, esattamente il 19 maggio, Antonio e Giorgio Flora, Savino Daleno e Vito Morisco, vengono arrestati per associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva, nell’ambito dell’operazione denominata “Dirty Soccer” che ha portato, dal punto di vista della Giustizia Sportiva, all’esclusione del Brindisi calcio dal campionato di serie D per responsabilità diretta, oggettiva, presunta ed aggravata dei propri vertici ed è storia di ieri l’assegnazione da parte del presidente della F.G.C.I. al campionato regionale di promozione.
Nel frattempo Vito Morisco si era sbarazzato delle quote societarie intestandole gratuitamente a Domenico Solazzo, scelto fiduciariamente da Gilberto Niccoli e da alcuni esponenti della tifoseria organizzata, in attesa della cessione delle stesse ad un qualche gruppo imprenditoriale che potesse provare a risollevare le sorti del sodalizio biancazzurro.
Nessun esito positivo ha avuto l’estremo tentativo del sindaco Consales di mediare fra i possessori delle quote, i collaboratori della società e gli esponenti del direttivo della Polisportiva per Brindisi per la cessione delle quote a quest’ultima associazione, come primo passaggio per ottenere dal presidente Tavecchio la partecipazione al campionato di Eccellenza, ed allora si è precipitati ancora più giù, in un campionato infimo, con una massa debitoria pressoché insostenibile per la categoria ed una città che mostra ormai insofferenza, rigetto e fastidio per questa società che, lo ripetiamo, non è stata mai in grado, di reggersi con le proprie gambe ed ha gettato nel fango quello che un tempo era un blasone: la maglia con la V.
Forse è davvero giunto il momento di mostrare un po’ di pietà e staccare la spina.
Alessandro Caiulo