Il calcio brindisino riparte dalla Promozione: come 60 anni fa

Il recente ripescaggio, o ammissione d’ufficio che dir si voglia, dell’ASD Brindisi, già Real Paradiso, nel prossimo campionato regionale di Promozione Pugliese, ha ridestato in me la memoria storica di quando, sessanta’anni fa, la Brindisi Sport, fresca di due campionati di serie B (stagioni 1946/47 e 1947/48) ed una mezza dozzina di serie C, dopo qualche più o meno anonimo torneo di serie D, precipitò proprio nel campionato di Promozione.

I giornali dell’epoca, la Gazzetta del Mezzogiorno e Il Meridionale, non la presero molto bene anche perché fino all’ultimo ci fu il rischio che nemmeno prendesse parte a tale campionato, per cui, dopo qualche settimana in cui gli articoli rappresentavano dei veri e propri necrologi per il calcio brindisino, pensando che si fosse toccato il fondo (ma in realtà di lì a poco si sarebbe scesi ancora più giù) accolsero con un certo sollievo la notizia che il giudice Lelio Giannone, un magistrato cui scorreva, evidentemente, sangue biancazzurro nelle vene, prendesse di petto la situazione e, forte della sua posizione, convinse il Prefetto a curare personalmente l’iscrizione al campionato, mentre la squadra fu approntata dai dirigenti Velardi e Pastore.

Un debito ereditato di dieci milioni di lire (pari ad attuali 200.000 euro) rappresentavano una zavorra insostenibile per il sodalizio di via Vanini (l’antica sede della Brindisi Sport il cui portone è ancora sormontato da un suggestivo bassorilievo che il tempo ma soprattutto l’incuria della amministrazioni comunali che si sono succedute nel tempo, stanno mandando in rovina), per cui anche il comitato di reggenza, che dopo l’iscrizione al campionato, ne resse le sorti, non potè fare altro che imbastire un team composto da vecchie glorie – il portiere Rino Di Donna e il capitano Alfonsino D’Adamo su tutti – e giovani volenterosi che presero schiaffoni sui campi di tutta la Puglia: lo storico “scoppolone” di 16 a 0 subito a Torremaggiore risale proprio a questa infausta stagione.

All’epoca mio padre, giovane studente universitario, alloggiava in casa con un collega proprio di quel paese del foggiano che per mesi lo mortificò ricordandogli in ogni occasione tale disfatta ed io da bambino ascoltavo con sempre grande compatimento il racconto di tale episodio che mi sembrava lontano anni luce in quanto, allora, il mio Brindisi, il grande Brindisi di Vinicio, era in serie B; non potevo immaginare neanche lontanamente che anche la mia fede biancazzurra avrebbe dovuto subire negli anni a venire.

Al termine della stagione 1955/56 il Brindisi maturò una ulteriore ed umiliante retrocessione in Prima Divisione (paragonabile all’attuale Prima Categoria), dove il povero Brindisi vegetò per i successivi 3 anni e dove si dovette confrontare con altre realtà calcistiche cittadine come la Folgore e la Mazzola. Queste le parole usate oltre mezzo secolo fa dal compianto Dario Amodio per descrivere la situazione che si era venuta a creare nell’estate del 1956: “La Brindisi Sport giace compianta in un angolo come una gatta rognosa e naturalmente ognuno si guarda dal toccarla. Ora non fa più comodo a nessuno. Nessun mecenate si muove, gli arrivisti non fiutano l’affare, le elezioni sono lontane. La tifoseria è scomparsa”.

 

Va sottolineato che pur di permettere la sopravvivenza della squadra giunsero in suo soccorso, dal punto di vista tecnico, gente come Ugo Argentieri, uno che con il Brindisi aveva giocato anche in serie B e che aveva preso parte alla eroica trasferta di Catania dove giocando in 9 contro 11 per tutto l’incontro i biancazzurri riuscirono a strappare un incredibile e leggendario pareggio e Raffaele Pierini, per decenni il miglior bomber che Brindisi avesse mai sfornato, quanto meno fino a quando un certo Cosimo Francioso, in arte Mino, non andò a bombardare le reti dei campi di tutta Italia indossando anche la gloriosa maglia plusriscudettata del Genoa, di cui fu capitano e capocannoniere e dove ancora lo ricordano come il più prolifico attaccante “grifone” di tutti i tempi.

Ed è proprio la presenza di uomini di calcio come Mino Francioso e mister Gioacchino Marangio a condurre per mano, dal punto di vista tecnico, questa nuova società brindisina che, con una storia di appena 13 anni alle spalle, quasi tutti trascorsi, ad eccezione dell’ultimo anno, sul polveroso campo della Torretta, a far ben sperare che possa riscoccare quella scintilla che faccia rinascere, girata per sempre la pagina triste del Dirty Soccer, la passione per il calcio a Brindisi. Certo, dopo la inaspettata sconfitta nei play off a giugno, l’aiutino della Federazione che ha benevolmente accolto la domanda di ripescaggio, fa guadagnare un anno al progetto calcistico del dott. Manzo, l’imprenditore salentino che ha rilevato la squadra, ma è chiaro che per far ritornare la gente allo stadio non ci vogliono proclami – e questa nuova società in vero non ne ha mai fatti – ma lavoro, sudore e vittorie, tante vittorie, possibilmente una dietro l’altra e fin dall’inizio del campionato, perché di sconfitte, sangue acido e fallimenti, davvero, non se ne può più. Un grosso in bocca al lupo all’Asd Brindisi, al suo presidente Manzo, al direttore Francioso, all’allenatore Marangio, al bomber Sasà Scarcella, il quale dopo qualche anno torna ad indossare la maglia con la V sul petto, ed a tutti i suoi compagni di squadra brindisini veraci, i quali non hanno certamente bisogno che gli si ricordi quanto è importante questa stagione per il rilancio del calcio brindisino, nella speranza che in tempi ragionevolmente brevi possano fare tornare a brillare nel cielo l’astro biancazzurro.

Alessandro Caiulo