di Felice Rizzo per IL7 Magazine
Torniamo a parlare di basket giovanile, una volta “fiore all’occhiello” della pallacanestro brindisina, indiscussa guida dell’intera regione. Oggi, invece, se lo stato di salute del movimento cestistico giovanile pugliese dovesse fare riferimento al recente Torneo delle Regioni, le valutazioni non sarebbero confortanti. “Purtroppo sì – commenta Gianfranco Mellone, D.G. della Mens Sana Mesagne – perdiamo non solo con le regioni storiche, ma adesso anche con regioni che hanno rapporto popolazione/basket come la nostra”. Ed in campo femminile gli fa eco Rosaria Balsamo (Pol. Bozzano Brindisi): “ Beh quest anno in effetti un po’ di delusione c’è stata: sulle ragazze c’erano aspettative migliori. Purtroppo paghiamo il poco materiale umano a disposizione”. Più benevolo nel giudizio Gianluca Monopoli (Basket Fasano maschile e Delfini Monopoli Femminile): “i piazzamenti del TdR non possono essere determinanti, data la formula basta perdere una gara magari per pochi punti per scivolare dall’8° al 12° posto; diciamo che la Puglia occupa mediamente una posizione intermedia fra le 20 regioni italiane, ma si può migliorare”.
Ma il TdR è anche una manifestazione che ovviamente lascia qualche malumore: i musi lunghi sono dei ragazzi non convocati, i mugugni spesso dei loro genitori che accusano la Fip regionale di qualche convocazione geo-politica. Pressocchè all’unisono i commenti di Balsamo,Monopoli e Annarita Pagliara (Volorosa Brindisi): “le migliori in assoluto sono state chiamate, forse qualche elemento che poteva contribuire maggiormente è stato lasciato a casa; ma capisco che quando c’è da fare delle scelte non è facile”. Poi Pagliara perfeziona il discorso: “bisognerebbe capire, però, se l’obiettivo primario è portare la squadra più forte o invece stimolare (con una convocazione-gratificazione) più società ad un lavoro più intenso nel femminile. Saperlo prima, rasserenerebbe gli animi dopo”.
Tutti concordano invece sul fatto che il modo di fare selezione non è più ottimale. “Proprio questo è il problema – scuote la testa Gianfranco Mellone -: la selezione. Già il termine mi pare sia poco educativo, poi da un pò di tempo ci sono le auto-segnalazioni delle società. Un referente tecnico, magari tra i più esperti di settore giovanile, dovrebbe essere presente durante le gare di campionato e valutare i ragazzi e le ragazze che poi dovrebbero fare parte del TDR. Mi sembrano spesso inutili e di poca qualità tecnica gli incontri settimanali, anzi spesso tolgono l’unico giorno di riposo al ragazzo/a, costringendolo ad un’altra levataccia come le altre mattine per raggiungere la località di allenamento del TDR”. E Pagliara concorda: “ritengo più utile di tanti raduni (che alla fine diventano “pesanti” per atlete e società) che lo Staff Tecnico visiti a domicilio le società e, soprattutto, segua le ragazze nei campionati di riferimento: non si può giudicare un ragazzo in contesti differenti da quelli abituali perché l’emozione può tirare brutti scherzi, così come una buona prestazione in allenamento non garantisce una identica tenuta in gara”. “La Puglia è lunga – precisa Gianluca Monopoli – e qualcuno può sfuggire agli occhi dei selezionatori. Ma è anche un problema nostro, di noi istruttori: se vedo un elemento interessante io lo segnalo allo Staff Regionale, ma non tutti fanno questo, più preoccupati di garantire un posto al proprio atleta. x uno Staff che giri per le palestre e conduca gli allenamenti, oltre ad abituare ad una metodologia diversa effettua un monitoraggio sicuramente più efficace”.
Ed il discorso scivola, inevitabilmente, sulla scelta dei Responsabili Tecnici Territoriali e degli allenatori delle squadre: la pattuglia degli scontenti accusa la Fip di designazioni poco meritocratiche. “La scelta dei responsabili tecnici – precisa Mellone – avviene con un rapporto di fiducia su designazione del CR. Non credo che ci siano spartizioni geografiche, invece penso che non sempre nello staff tecnico ci siano i più bravi istruttori della regione. Anzi, spesso si occupano del TDR o del CTF allenatori che non conoscono appieno l’attività giovanile. Mi pare che gli aspetti negativi procurati dai famosi Centri Tecnici Federali, siano maggiori degli ipotetici benefici che queste organizzazioni dovrebbero portare al movimento e al settore squadre nazionali”. Sulla stessa lunghezza d’onda Rosaria Balsamo (“ritengo che i tecnici che seguono le selezioni debbano avere un curriculum un po’ più “pesante” per mettere a disposizione dei ragazzi la propria esperienza; è quello che fanno in altre regioni”) Pagliara (“ premessa grande stima e considerazione per chi si assume l’onere di seguire le ragazze, selezionarle, allenarle e guidarle, auspicherei però che questi incarichi fossero svolti da chi ha maggiore esperienza nel settore specifico (come avviene per le regioni di grande tradizione) e magari affidati a chi non ha atlete del proprio club in rappresentativa”) e Monopoli (“va premiata la competenza, la disponibilità, l’umiltà di volersi confrontare e migliorare sempre; e va bandita, invece, la presunzione e l’arroganza che – spiace dirlo – purtroppo si ravvisa in alcuni giovani allenatori “).
Proprio sulle caratteristiche degli istruttori giovanili pongono l’accento i nostri intervistati in merito alla necessità di migliorare il livello qualitativo del nostro settore giovanile. Gianluca Monopoli: “dipende soprattutto da noi, dal modo di porci e dalla voglia di lavorare in palestra; ma dipende anche da società lungimiranti che non chiedano ai loro tecnici di vincere subito qualcosa ma, magari, di costruire in tempi medi giocatori per la prima squadra”. Rosaria Balsamo: “bisogna continuare a lavorare molto di più sulla costruzione globale dell atleta e cercare una maggiore collaborazione e confronto con tutti i tecnici che operano nel territorio per cercare insieme di migliorare la crescita dei ragazzi”. Annarita Pagliara: “nel femminile bisogna partire innanzitutto da un reclutamento più ampio (interessante l’idea di obbligare le società di B e C maschile a fare un campionato Under 13 femminile) per poi migliorare anche la qualità del lavoro che, nelle categorie più basse, deve essere ancora indirizzato al miglioramento individuale più che ….allo schema vincente”. E chiude Gianfranco Mellone, che non risparmia qualche sollecitazione alla Fip: “Investire maggiormente nei settori, migliorare il reclutamento intanto numerico e poi qualitativo (e qui dovrebbe intervenire la FIP con concreti aiuti economici per le società che disputano tutti i campionati giovanili). Le società che tesserano diversi ragazzi dovrebbero ricevere contributi federali in base ai numeri (invece il reclutamento passa solo attraverso l’impegno delle società). Anche nel discorso tecnico dovrebbe intervenire la FIP: basta con i PAO che spesso sono di scarso livello qualitativo, piuttosto percorsi tecnici regionali, interamente a carico della FIP, per giovani istruttori giovanili, che saranno quelli cui affidare successivamente le rappresentative”.