di Lorenzo Olivieri per IL7 Magazine
La scossa che doveva arrivare da diverse partite è finalmente arrivata. La Happy Casa batte Varese in casa e si sblocca da una situazione di classifica che la vedeva ultima in solitaria –anche se per scontri diretti è virtualmente ancora ultima sotto Pesaro. La partita dei brindisini è stata tutt’altro che esente da difetti ed errori, ma alla fine dei conti ciò che serviva maggiormente alla formazione biancazzurra erano i due punti per provare –si spera, a risalire qualche posizione in classifica.
Si tratta anche della prima vittoria sulla panchina brindisina per coach Vitucci, il quale non era riuscito a vedere coronate da un successo le due precedenti prestazioni ampiamente in chiaroscuro dei suoi.
Alti e bassi
L’inizio di Brindisi è di quelli che lascia ben sperare. 11-0 dopo la palla a due e una Happy Casa che sostanzialmente non si è mai guardata indietro per tutta la prima metà di gara, a parte un momento di appannamento nel secondo quarto in cui Varese si è riportata a -6. Brindisi esegue bene soprattutto in attacco, producendo tiri aperti mandati spesso a bersaglio e perdendo solo quattro palloni nei primi venti minuti. Il tema tattico ricorrente è stato servire Lalanne, alternando possessi in post basso e tiri piazzati aprendosi dopo il blocco. L’haitiano è apparso particolarmente ispirato contro Varese, risultando letteralmente immarcabile per i pari ruolo avversari grazie alla sua versatilità. Purtroppo il difetto più grande di Lalanne restano i cali di intensità e concentrazione nella seconda metà delle partite, ma è anche comprensibile che ciò accada essendo costretto a rimanere 39 minuti sul parquet, come accaduto martedì sera.
Gli altri due grandi protagonisti offensivi della gara sono stati Smith e Tepic. Il primo ha chiuso una partita con un perfetto 6/6 dal campo, tante letture corrette che hanno facilitato i compagni (non ultimo il passaggio illuminante che ha pescato Mesicek da solo sotto canestro negli ultimi minuti del supplementare) e le solite piccole cose d’intelligenza che fanno da collante per tutta la squadra.
Il serbo invece sembra beneficiare della fiducia che Frank Vitucci parrebbe aver riposto in lui. Dal cambio di allenatore in poi si è sempre reso protagonista di buone prestazioni –offensive, perché la difesa continua a essere non proprio eccezionale, per dirlo con una circonlocuzione. Contro Varese Tepic ha giocato probabilmente la sua miglior partita della stagione, segnando canestri pesanti e in generale dando l’idea di essere lontano dal Tepic visto nella prima parte –abbondante- di stagione, in cui era un numero vuoto quando non addirittura deleterio.
Per quanto riguarda la difesa, Brindisi ha fatto un lavoro discreto ma ha potuto godere della complicità di una Varese che, priva di Waller, ha messo in mostra talento e idee offensive davvero limitate, basando tutte le sue speranze sui soli Wells e Okoye.
Ciò detto, la Happy Casa continua a soffrire tremendamente la fisicità e il talento degli esterni avversari, ben più di quanto dovrebbe. Suggs, Moore e Tepic non sono difensori affidabili, sia per caratteristiche fisiche che per tecnica e QI difensivo, cosa in cui ad essere onesti scarseggiano tutti e tre. Questo è un problema strutturale di non poco conto, dato che praticamente tutte le squadre di serie A hanno almeno un esterno di talento su cui fare affidamento. L’incapacità di Brindisi di limitare gli esterni avversari è costata più di una partita e ha rischiato di essere fatale anche contro Varese, con Wells e Okoye che si sono accesi proprio quando più contava.
Complessivamente, comunque, la partita di Brindisi è stata quanto meno funzionale per 39 minuti, durante i quali la Happy Casa ha condotto senza particolari patemi d’animo anche con vantaggi cospicui. La formazione biancazzura era addirittura riuscita a rispondere bene ai tentativi di avvicinamento degli avversari nel secondo e nel terzo quarto, ristabilendo subito la distanza di sicurezza. Ma gli alti e bassi che hanno condizionato tutta la stagione brindisina hanno colpito anche contro Varese e nell’ultimo minuto la formazione di Vitucci ha rischiato di dare un calcio al secco del latte che aveva pazientemente riempito per tutta la partita. Il crollo finale, fatto di errori difensivi e a rimbalzo, falli inutili e dannosi, uniti al momento di grazia di Wells e Okoye, ha rischiato di costare carissimo e di affossare definitivamente la stagione di Brindisi al termine di una buona prestazione. Con una posta in gioco così alta, dilapidare un vantaggio in doppia cifra in un minuto e quindici secondi è del tutto ingiustificato, se non folle. Fortunatamente i brindisini hanno ripreso il controllo del timone nel supplementare e senza quel momento di appannamento staremmo parlando di un’ottima prestazione collettiva culminata in una comoda vittoria casalinga.
Però quel calo c’è stato e non è la prima volta che succede. Il fatto martedì non sia costato la vittoria non dovrebbe sminuirlo né dissuadere Vitucci e collaboratori dal lavorare su quello che è stato, a tutti gli effetti, la maggior causa di sconfitte per la Happy Casa in questa stagione.
Una squadra dalle diverse facce
Quella contro Varese è una partita che si presta a diverse interpretazioni. Da una parte Brindisi ha dimostrato ancora una volta di non essere inferiore, almeno per qualità dei singoli, a quasi nessuna formazione attualmente fuori dalla griglia dei playoff –resta da vedere la sola Reggio Emilia, e il fatto che le due precedenti vittorie siano arrivate contro squadre che si trovano attualmente al terzo e al settimo posto, la dice lunga sulle potenzialità di questa squadra. Tutto ciò al netto di limiti strutturali di roster e tecnici che ci sono e sono innegabili, come la scarsa attitudine difensiva e la fisicità degli esterni e una rotazione dei lunghi davvero troppo corta. Una stagione migliore era possibile col solo materiale a disposizione, ma il successo viene ottenuto quando tutte le parti in causa lavorano all’unisono e il mancato successo è sempre una concatenazione di più cause, mai di un singolo motivo.
La partita con Varese è stata un sunto di tutto ciò che Brindisi potrebbe essere, e non è. Brindisi potrebbe essere una squadra che non rischia di perdere una partita partendo da un vantaggio in doppia cifra con poco più di un minuto da giocare, ma purtroppo al momento la sua identità è proprio quella; ha dimostrato di non dover fare affidamento solo su uno o due giocatori come succede alla maggior parte delle altre squadre nella stessa zona di classifica, ricevendo un apporto consistente praticamente da chiunque abbia messo piede in campo. Eppure l’altra faccia della medaglia è che, nonostante la bella prestazione collettiva, abbia dovuto vincere al supplementare una partita già vinta contro una squadra priva del suo secondo miglior realizzatore.
Lo Yin e lo Yang di una squadra che è ancora lontana dal trovare una quadratura e un equilibrio, ma che ha messo in cassaforte due punti fondamentali proprio per sperare di trovare quella quadratura e quell’equilibrio il più presto possibile. Il campionato di Brindisi deve partire da questa vittoria. Non sarà un campionato bello né particolarmente vincente, ma deve essere un cammino votato alla permanenza in serie A, l’unico obiettivo realizzabile e quello che conta davvero.