New Basket, salvezza: due possibilità per conquistarla da soli

di Lorenzo Olivieri per IL7 Magazine

Le brutte notizie per i tifosi brindisini, dopo l’ultima giornata di campionato, sono due: oltre alla sconfitta rimediata dalla Happy Casa a Varese, a seguito di una partita grigia per entrambe le formazioni, si aggiunge la sorprendente vittoria di Pesaro contro l’Olimpia Milano, vittoria che per i pesaresi non era neanche a calendario e che rischia di riaprire improvvisamente il discorso salvezza.
La Happy Casa pare ormai irrimediabilmente scollegata da un punto di vista mentale, faticando anche nelle esecuzioni più semplici. Varese è rimasta negli spogliatoi quasi venti minuti più del dovuto, iniziando a giocare sostanzialmente solo nel terzo quarto, ma tanto è bastato per assicurarsi la vittoria in una partita brutta sotto ogni profilo, sia tecnico che agonistico.
Squadra assente
Il brutto approccio alla gara è ormai una costante dell’ultimo periodo per la Happy Casa, che sembra aver imboccato la via delle vacanze estive un po’ troppo presto e con la salvezza non ancora matematicamente in tasca. Anche contro Varese l’inizio è stato a dir poco imbarazzante, e solo un avvio ancora peggiore dei lombardi ha permesso a Brindisi di non andare sotto fin da subito. Un primo quarto da ventuno punti complessivi realizzati da entrambe le formazioni rende bene l’idea di ciò che si è visto in campo.
L’unico che batte presente un colpo è il solito Lydeka, attivissimo sui due lati del campo, mentre Iannuzzi impersona lo stato del resto della squadra quando, su due possessi quasi consecutivi, rischia di causare due palle perse ingolfando le spaziature e sbagliando per due volte l’angolo del blocco. Purtroppo il lituano non riuscirà a dare continuità al suo inizio, seguitando a incidere troppo tra le righe della partita e mai in primo piano, anche per colpa di un (non) sistema che lo vede poco coinvolto in prima persona in attacco.
Brindisi scende sul piano di Varese alla fine del secondo quarto, proprio quando la Openjobmetis acquista fiducia grazie a canestri facili concessi dagli avversari, e da lì non riesce più a riprendersi. Avramovic batte costantemente il suo diretto avversario arrivando comodamente al ferro (chiuderà con 21 punti) e Cain appoggia un paio di palloni comodi, dando così fiducia ad un attacco varesino fino a quel momento stagnante, sterile, distratto e assolutamente privo di inventiva. Il terzo quarto è una cavalcata biancorossa che fa sprofondare Brindisi in doppia cifra di svantaggio. I successivi rientri dei pugliesi sono propiziati quasi più da continue mancanze della stessa Varese, che da meriti degli ospiti. La Happy Casa torna fino a -3 a metà del quarto finale, solo per affondare nuovamente a -10 dopo due palle perse di una banalità disarmante e una non-difesa di Giuri.
A tal proposito, da segnalare l’apporto del tutto insufficiente dell’esterno brindisino e dei suoi compagni di reparto Suggs e Tepic nella propria metà campo. La cosa non rappresenta certo una novità, ma in una partita così a basso punteggio, concedere anche solo un paio di possessi perché Giuri si sposta in attesa di un aiuto che non può arrivare, o perché Suggs si schianta contro l’ennesimo blocco, può risultare fatale come poi è stato.
Non deve illudere più di tanto il finale in volata, perché Brindisi è riuscita a rimanere a contatto nell’ultimo minuto solo grazie a due o tre giocate in solitaria di Smith, il quale comunque fino a quel momento era rimasto abbastanza ai margini della contesa.
Pre- e post-Lalanne
La stagione brindisina è stata caratterizzata fondamentalmente da due grossi giri di boa. Il primo è avvenuto con il cambio dell’allenatore: passare da Dell’Agnello a Vitucci ha dato nuova vitalità alla squadra, che ha migliorato il proprio gioco sotto tutti i punti di vista, vivendo il suo periodo migliore nel successivo paio di mesi.
L’atro giro di boa è rappresentato dalla cessione di Lalanne, il quale era stato, fino a quel momento, non solo uno dei migliori giocatori di Brindisi, ma dell’intero campionato. È lapalissiano sottolineare come un cambio del genere possa alterare gli equilibri di un roster già privo di particolare talento come quello brindisino. Ciò che si poteva sperare, però, era che la squadra si compattasse intorno agli uomini rimasti e riuscisse a sopperire almeno in termini di quantità ciò che aveva perso in qualità.
Ciò però non è stato, anzi, la partenza del miglior giocatore è stata forse percepita come una spinta verso una vacanza anticipata, sensazione amplificata dalla vittoria contro Pesaro. Da lì in poi la squadra non è mai più apparsa davvero concentrata e vogliosa di vincere, con l’unico “extra” rappresentato dalla vittoria con Sassari.
I numeri riflettono il calo complessivo della squadra. Nel periodo “Vitucci con Lalanne” Brindisi ha segnato in media 81 punti a partita, che se proiettati su un’intera stagione sarebbero in linea con la media dell’Olimpia Milano. Nel periodo “Vitucci senza Lalanne”, invece, la Happy Casa è scesa a 76 punti realizzati, che, facendo lo stesso gioco di prima, varrebbero il terzo peggior attacco del campionato.
Allo stesso modo, Brindisi è passata dal tirare col 45% dal campo a tirare col 37% su un maggior numero di tentativi, quindi con peggior efficienza. Come se non bastasse, la Happy Casa tira peggio anche i liberi, passando dal 76.5% al 68%, andando meno in lunetta.
Nonostante il grande apporto che Lydeka non ha quasi mai fatto mancare, è evidente che Brindisi non sia mai riuscita ad adattarsi alla partenza di Lalanne. La cosa più fastidiosa, però, è vedere come l’impegno sembra addirittura diminuito ora che la squadra ha meno talento rispetto a prima. Malgrado il calo fisiologico nel rendimento e nei numeri senza Lalanne, sarebbe bastato veramente pochissimo per battere Capo D’Orlando in casa e chiudere il discorso salvezza. Eppure sfumata anche quella opportunità, sarebbe bastato scendere in campo almeno concentrati contro una Varese sciatta e svogliata, per guadagnarsi una vittoria corsara e scrivere la parola fine al campionato. È questo a lasciare più di ogni altra cosa l’amaro in bocca ai tifosi brindisini.
Tifosi che, da parte loro, riversano la loro frustrazione su Alessandro Giuliani, il quale ha dovuto ricostruire da capo una squadra puntando esclusivamente su scommesse e con un budget ancora più risicato. L’anno scorso il GM brindisino ha azzeccato praticamente tutte le scommesse fatte, fra M’Baye, Moore, Carter e Mesicek. La poca lungimiranza della società ha portato allo smantellamento di quella che poteva essere un’ottima formazione anche in divenire, e al licenziamento di un allenatore che si è dimostrato ottimo anche quest’anno con Cremona. Ripartire ogni anno da zero è difficile anche per un GM abituato a scommettere come Giuliani, perché c’è l’anno in cui le scommesse funzionano e quello in cui non funzionano, com’è successo in questa stagione.
Purtroppo Brindisi è una provinciale con attorno un ambiente che non lascia margini di errore, e una dirigenza più propensa ad assecondare l’istinto del tifoso che a programmare come una provinciale dovrebbe fare.
Una squadra piccola come Brindisi, senza più un grosso sponsor alle spalle, dovrebbe abituarsi a stagioni difficili come questa, e con essa i tifosi e tutto l’ambiente. La sopravvivenza per le provinciali è rappresentata da una programmazione sapiente, non da scelte randomiche prese seguendo gli umori del tifoso medio.
Brindisi ha ancora due possibilità per non lasciare che siano gli altri a decidere del suo destino, per chiudere questa stagione con le proprie mani e iniziare a programmare (si spera, questa volta, con coscienza) in vista dell’anno prossimo.