109° compleanno: triste anniversario del glorioso Brindisi che fu e che non esiste più

Domenica 7 marzo si sarebbe potuto festeggiare, se le cose fossero andate in maniera diversa, non solo il 30° anniversario dello sbarco di 25.000 disperati albanesi, fraternamente accolti dalla comunità brindisina, ma anche il 109° compleanno del Brindisi, inteso come squadra di calcio della città, ammantata dal titolo sportivo che fu della gloriosa Brindisi Sport, ma tale titolo, nell’estate del 2015 fu lasciato morire, per ripartire, calcisticamente parlando, con una diversa società ed un diverso titolo sportivo: il Real Paradiso, l’attuale Brindisi Football Club, compagine che dopo un buon avvio di campionato ha smantellato la squadra ed ora annaspa nelle parti basse della classifica del campionato di serie D.
Anche per lasciare traccia scritta della sua storia, per lunghi tratti più che dignitosa, mi piace condividere con gli amici lettori appassionati dello sport della pedata, il frutto di alcune ricerche sulla nascita della Brindisi Sport, cercando di inquadrare questo evento, senza grosse pretese storiche, in quello che era il contesto cittadino dell’epoca.
Brindisi non è certamente omologabile con altre realtà in quanto, vuoi per la particolare posizione geografica, vuoi per le contingenze in cui si è venuta a trovare nella sua trimillenaria storia di “Porta aperta sul mare – come fu superbamente definita dal Santo Padre Benedetto XVI – vuoi, inoltre, per la miscellanea di sangue mediterraneo che scorre nelle vene dei suoi figli, è sempre stata una cittadina sui generis.
Agli inizi del secolo scorso Brindisi, che nell’antichità aveva vissuto anche periodi di gloria, fama e ricchezza, salvo precipitare, poi, nella miseria, non era più, come generalmente si suol pensare, un paesone agricolo e questo grazie soprattutto alla “Valigia delle Indie” o Peninsulare, la famosa tratta ferroviaria che, a partire dal 1871, attraversando mezza Europa, portava migliaia di stranieri, soprattutto inglesi da Londra al porto di Brindisi, per l’imbarco alla volta dell’Egitto e dell’India.
Questo via vai di gente, merci e traffici, l’aveva resa un città quasi cosmopolita e quasi agiata, con un’agricoltura quasi all’avanguardia nella coltivazione della vite e nella produzione del vino e con un commercio quasi fiorente: una sorta di oasi in mezzo alla povertà che regnava nel meridione d’Italia in un periodo in cui, dopo l’unità d’Italia, le ricchezze borboniche erano state depredate e trasferite altrove. Il “quasi”, ripetuto più volte non è frutto di refusi, ma è per sottolineare che a Brindisi è sempre mancato qualcosa per poter realmente emergere e ciò, in parte, è dovuto alla levantina apatia dei suoi abitanti, ora come allora.
A cavallo dei due secoli, complice la inaspettata opulenza di cui godeva la città, si diede inizio alla costruzione del Teatro Verdi, inaugurato il 24 marzo 1901: per la Brindisi bene le stagioni teatrali erano un evento non solo culturale ma, soprattutto, mondano da non perdere.
In quello stesso periodo sorsero come funghi alberghi, trattorie, ristoranti, case di piacere, e tutto quanto poteva servire a rendere godibile il transito ed il breve soggiorno dei viaggiatori e di quei brindisini che potevano permettersi qualche svago, mentre il popolo si accontentava di continuare a frequentare le numerose cantine e le bettole disposte in ogni angolo, dentro e fuori le mura.
Il Governo italiano, che mal vedeva l’invadenza inglese, cominciò solo allora ad accorgersi dell’importanza strategica di Brindisi anche dal punto di vista militare ed intorno al 1910 decise di evacuare dal Castello Svevo (conosciuto dai brindisini come Castello di Terra) i carcerati che erano detenuti in quello che era stato per circa un secolo un Bagno Penale e di farne una delle più importanti basi militari della nazione, nonchè sede del comando dei sommergibili. L’istituzione della Base Navale procurò un enorme incremento sia demografico, per il trasferimento in città di centinaia di famiglie di militari, sia economico, grazie a quelle attività collegate alla manutenzione e riparazione dei mezzi navali (l’Arsenale) ed il suo vasto indotto, con la conseguenza che tante altre famiglie di lavoratori si trasferirono nel capoluogo messapico, triplicandone la popolazione.
Brindisi ebbe anche una propria compagnia di navigazione, la Marittima Commerciale Brindisina, che contava una flotta di una decina di navigli che la collegavano con vari porti del Mediterraneo, movimentando sia prodotti agricoli locali che merce proveniente da ogni parte del mondo.
Cosa c’entra tutto ciò con l’origine del calcio brindisino? E’ presto detto: il calcio, anzi il football, a Brindisi fu conosciuto grazie agli inglesi ed alla Valigia delle Indie, e le prime vere squadre di calcio brindisine erano in gran parte composte da militari italiani di stanza nella base navale o a bordo delle navi militari che sostavano a Brindisi per le manutenzioni.
Già sul finire dell’ottocento i giovani brindisini assistevano, divertiti, alle improvvisate partite degli inglesi che, scesi dal treno ed in attesa di imbarcarsi per le Indie, si sgranchivano le gambe prendendo a calci un pallone di cuoio grezzo tenuto insieme da una ruvida corda.
Fu semplice per i marittimi britannici imbarcati sui piroscafi che facevano scalo a Brindisi coinvolgere nella loro passione per il football i brindisini imbarcati con loro; a volte sostavano in città anche vere e proprie squadre di calcio britanniche, dirette per delle tournee in Oriente, che si allenavano prima di imbarcarsi per l’Egitto, coinvolgendo qualche prestante giovane locale.
Ed è per questo che i primi “calciatori” brindisini di cui si tramanda il ricordo sono in qualche modo legati alla Valigia delle Indie: Come Giuseppe ed Argante Barbadori, figli del nostromo della Peninsulare ed alcuni loro coetanei, imbarcati come mozzi o come sguatteri da cucina sul Piroscafo Isis, Ruggiero Isernia, Francesco Casoar e Cosimo Di Giuseppe che, giunti a Porto Sayd in Egitto, investirono tutti i loro guadagni nell’acquisto di scarpe da calcio e pallone di cuoio per poter emulare i loro amici inglesi una volta tornati in patria e che per questo subirono anche una buona ripassata di cinghiate dei loro genitori!
Mentre nel Nord Italia il “giuoco del calcio” cominciava ad attecchire come sport di massa, e si svolgevano con regolarità i tornei per l’assegnazione dello scudetto nazionale cui partecipavano essenzialmente squadre piemontesi, liguri e lombarde, bisogna aspettare il campionato 1914/15 per avere la partecipazione delle prime formazioni laziali ed addirittura quello 1919/20 per poter contare sulla partecipazione di qualche squadra meridionale. Di squadre pugliesi nemmeno l’ombra in quanto qui da noi il calcio, ad inizio secolo, era ancora considerato un divertimento per ragazzi mentre veri e propri sport erano considerate altre discipline, quali la scherma, la lotta libera, il pugilato, il canottaggio, il nuoto, il tiro a segno e la corsa.
Non è un caso, infatti, che quando l’8 agosto 1910 fu fondata la Polisportiva Brindisi Sport (la stessa che con alterne fortune sarebbe sopravvissuta fino al 1990), questa non ricomprendeva ancora il calcio.
Una grandissima spinta fu data, come abbiamo accennato, dai militari della Reale Marina Italiana, giunti nella nuova Base Navale di Brindisi intorno al 1910; molti di loro provenivano dalle basi di Genova e di La Spezia, dove lo sport della pedata, importato anche in questo caso dall’Inghilterra aveva già attecchito al punto da soppiantare nella popolarità tutti gli altri.
Fu così che gli equipaggi delle navi militari di stanza a Brindisi e gli equipaggi dei marittimi britannici cominciarono a sfidarsi regolarmente ad ogni arrivo di piroscafo ed i ragazzi brindisini, oramai invaghiti di questo sport, si presentavano regolarmente agli appuntamenti per completare i ranghi ora dell’una ora dell’altra squadra.
Fu un ufficiale di marina, tal Eugenio Sessi, trapiantato a Brindisi dove aveva messo su famiglia, a fondare la prima squadra di calcio stabile della città, composta sia da militari che da civili.
Il passo successivo fu quello di “ingaggiare” anche alcuni stranieri, soprattutto greci ed inglesi, oramai trapiantati a Brindisi e la bellezza della prima vera squadra di calcio brindisina fu proprio questa sua cosmopoliticità, specchio perfetto della realtà cittadina dell’epoca, ed anche il nome che si scelse di dare a questa compagine fu di sapore internazionale: Brindisi Football Team.
Seppure abbia iniziato la propria attività già nel 1910, nei primi anni non vi era alcun carisma di ufficialità in quanto le partite erano semplici sfide lanciate ad equipaggi delle navi di passaggio nel porto, ma tanto bastava, all’epoca, per creare curiosità e tantissimi nuovi adepti per questo sport.
Anche i giornali locali cominciarono ad occuparsi delle gesta di questi ragazzi ed allora i vertici della Polisportiva Brindisi Sport non poterono più ignorare questo che diventava sempre più un fenomeno di massa ed il 7 marzo del 1912, in occasione del rinnovo delle cariche, nella riunione indetta presso il Grande Albero Internazionale – luogo simbolo della Valigia delle Indie – fu eletto presidente della Polisportiva il direttore della Società di Navigazione Brindisina, capitano Giovanni Zaccaro il quale, come prima azione del suo mandato volle incorporare il Brindisi Football Team nella Polisportiva Brindisi Sport.
Furono tesserati tutti i calciatori già del Brindisi Football Team oltre ai migliori atleti sparsi nelle varie squadrette più o meno improvvisate sparse nel territorio cittadino ed il campo di gioco era lo spiazzo ubicato nei pressi della Pietà dove poi furono creati pochi anni dopo il Liceo Ginnasio Benedetto Marzolla ed il rigoglioso Parco della Rimembranza, oggi ridotto ad una dozzina di pini spennacchiati che si affacciano sul Bastione San Giacomo.
Della prima squadra “ufficiale” del Brindisi, quella della stagione 1912/13, la cui maglia era a bande verticali bianche e rosse, conserviamo una vecchia fotografia che la formazione tipo: Vittorio Ravagli I, Ravagli II, Giuseppe Stifano, Marco Sciarra, Spinelli, Giuseppe Barbadori, Francesco De Totaro, il greco Oreste Papadatos, l’inglese Foster (un impiegato della Peninsulare), Argante Barbadori e Cosimo Guadalupi. Di lì a poco vennero tesserati per il Brindisi anche il portiere Desiderio Guadalupi, l’ufficiale di Marina Eugenio Sessi ed i tre fratelli Vescina, il più giovane dei quali, Salvatore, fu il primo brindisino a giocare in serie A sul finire degli anni venti.
Nel 1920 la Brindisi Sport, guidata dal segretario Carlo Casali e finanziata dal benefattore Serafino Giannelli, partecipò alla costituzione a Bari del primo comitato regionale della F.I.G.C. e proprio per l’affiliazione avvenuta in quell’anno alla Federazione Italiana Giuoco Calcio si è a lungo abbinato nella sigla e nel marchio della squadra di calcio l’anno 1920, creando in qualcuno l’equivoco che fosse quello l’anno di fondazione.
La Brindisi Sport ha cessato di esistere nell’estate del 1990, dopo 78 anni di vita ed dopo aver disputato ben sei campionati di serie B e 28 di C, nessuno fu in grado di iscrivere la squadra al campionato e Brindisi fu costretta, per la prima volta nella sua storia a richiedere ai piani alti della Federazione di ottenere l’iscrizione di una nuova società in serie D. Inizia così la storia del Brindisi Calcio che, nei suoi 13 anni di vita, ebbe ad assaporare la serie C per due sole stagioni, riuscendo, però, nell’impresa di conquistare, nel 2003, la Coppa Italia di categoria, unico trofeo calcistico di valenza nazionale conquistato da una compagine brindisina. Nell’estate del 2004 fu il Brindisi Calcio a tirare le cuoia, sommerso dai debiti, ed il titolo sportivo fu salvo grazie al Lodo Petrucci che permise alla neonata società Football Brindisi 1912 (è evidente nella denominazione il richiamo alle origini) di acquistarlo dalla Federazione e di porsi in continuità storica e sportiva rispetto ai predecessori: appena sette anni di vita e due soli campionati di C e pure questa nuova compagnie, nell’estate del 2011 scomparve. Il titolo sportivo fui acquistato dal Città di Brindisi che, partito sotto i migliori auspici, trovandosi anche a festeggiare il 7 marzo 2012 il centenario del calcio biancazzurro, finì sommersa nella vergogna dello scandalo del Dirty Soccer e cessò di esistere dopo appena quattro campionati di serie D e nessuna gloria.
Invece di ripartire dal Campionato Regionale di Eccellenza, salvando ancora una volta il titolo sportivo che fu in origine della Brindisi Sport, si ripartì due gradini ancora più giù, dalla Prima Categoria con il titolo sportivo del Real Paradiso, mandando al macero, dopo ben 103 anni di storia, il sogno di quattro generazioni di brindisini e della vecchia Brindisi Sport rimane, ormai, solo il vecchio bassorilievo, gravemente ammalorato, di via Vanini, sul portale di quella che fu la antica sede della gloriosa polisportiva.