Alessandro, morto sulla Vespucci: sulla banchina con i genitori e i commilitoni

Là sopra c’è papà!» esclama gioiosa una nonna con in braccio il suo nipotino incantato, mentre ammira la sfilata della Regina dei Mari che, entrando nel porto di Brindisi, incrocia la Vergine “Stella del Mare” sull’altare del Monumento al Marinaio.
La nave più bella del mondo, la prestigiosa Amerigo Vespucci, della Marina Militare Italiana, ha attraccato mercoledì mattina intorno alle 8 nel porto Interno, dopo l’eccezionale impresa dell’attraversamento del Circolo Polare Artico.
La Regina dei Mari non faceva il suo ingresso nel Porto di Brindisi dal lontano 1991 e, in questa occasione, si è assistito all’avvicendamento al Comando dell’unità tra il Capitano di Vascello Roberto Recchia, comandante cedente, e il Capitano di Vascello Stefano Costantino, subentrante.
Ma l’imponente veliero, varato nel febbraio del 1931, non è stato accolto con la stessa gioia dai cuori di mamma Marisa e papà Piero che pulsano di rabbia.
Erano le 11.38 di un giovedì che profumava di arrivo della bella stagione: mamma Marisa preparava il pranzo in cucina; la piccola Federica era nella camera accanto e papà Piero, come di consueto ogni giorno, era seduto al primo banco dei Salesiani a chiedere al Signore di proteggere il figlio Alessandro Nasta, Sottocapo nocchiere di IIIˆ classe della Marina Militare Italiana.
Alessandro Nasta a quell’ora era a 15 metri di altezza sull’albero di maestra della nave scuola Amerigo Vespucci, a 40 miglia Nord da Civitavecchia, a manovrare la vela.
«Sono il Comandate della Nave Vespucci. Alessandro è caduto. La situazione è grave perché ha battuto la testa e lo stanno portando al Gemelli di Roma» è la telefonata ricevuta da mamma Marisa alle 14.00 del 24 maggio 2012.
Di quel giorno, il figlio Alessandro, non vedrà il tramonto e non raggiungerà mai il Gemelli di Roma perché morirà sull’elicottero in volo contro il tempo.
A nulla è servita la repentina chiamata di mamma Marisa fatta, tra urla e pianti, alla sorella che vive a Roma, per andare a vedere personalmente come stava il figlio.
Urla e pianti strazianti per cui sono accorsi i vicini, in quella casa, in cui alle 15.00, con l’arrivo del Comandante e del Cappellano Militare, si spegneva per sempre la luce.
Ha le lacrime bloccate sulle ciglia papà Piero, come bloccata, a soli 29 anni, la vita di Alessandro, mentre dice «A casa mia c’era la vita. Quando Alessandro veniva a casa con i permessi, la riempiva tutta. Sceglievamo un dvd da vedere insieme e ce ne stavamo in camera, stesi sul letto a guardare i film».
Prova un profondo senso di solitudine papà Piero, «Super Mario Bros», come lo appellava Alessandro per via dei folti baffi neri sotto al naso, e per cui anni fa, al rientro dal centro commerciale di Lecce, gli aveva regalato il peluche dell’idraulico più celebre della Nintendo.
Alessandro Nasta era il figlio che con il primo stipendio cambiò in casa tutti i televisori: «Basta con queste cose antiche» diceva alla madre e al padre che gli vietavano di spendere soldi per loro. E riempì la casa di altre novità tecnologiche: dai lettori dvd all’home theatre; poi lettori blue- ray, robot da cucina, cornici digitali per le foto. Tutto ciò che oggi toccano mamma Marisa, papà Piero e la sorella Federica è un ricordo dell’amato Alessandro che ha lasciato un vuoto incolmabile nelle loro anime e nei loro occhi, che si illuminano quando parlano del loro caro.
Nessuno può comprendere il loro dolore, ma ci provano i colleghi di Alessandro che vedendo passare i genitori davanti alla ex Scuola Nave del figlio, appena approdata a Brindisi, sono scesi e, andatigli incontro, li hanno abbracciati commossi.
Erano a bordo del veliero, Alessandro Deporzi e Dario Nieddu, quel maledetto 24 maggio 2012, e sono stati i primi ad accorrere alla tragedia. Alessandro si è sposato il 10 agosto; Dario è diventato il papà di Filippo, e mamma Marisa affettuosa e sorridente dice «Sono contenta che la mia battaglia sia servita ad altri figli». Proprio lei, che non ha mai ricevuto la solidarietà delle altre mamme.
Alessandro e Dario vanno a trovare al cimitero il pianto Sottocapo nocchiere ogni volta che sono a Brindisi. E con loro ci va anche il collega Armando Falcone, che si è tatuato una stella con la data «24.05.12» sul braccio del cuore.
«Signor Nasta, lei avrà 100 figli» hanno confortato i 100 nocchieri emozionati del Vespucci quando, dopo la morte di Alessandro, a Civitavecchia, papà Piero è salito a bordo. E uno di loro si è staccato il rosario dal collo e l’ha agganciato a quello del signor Nasta.
Civitavecchia è l’unica meta dei viaggi della famiglia che si sposta per seguire il processo in cui sono sotto accusa tre ammiragli (De Giorgi, Mantelli e Branciforte), un comandante (La Faia) e un vice-comandante (Grassi), e che ogni volta affrontano con la rabbia nel cuore e la certezza che Alessandro Nasta è stato obbligato a morire, perché la Regina dei Mari non aveva adeguato i dispositivi anticaduta e tenuta individuale come disposto dal decreto legislativo 81/08 (Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro).
Mamma Marisa era convinta che il figlio, trovandosi a bordo del vanto della Marina Militare Italiana, fosse al sicuro; che non gli sarebbe mai accaduto nulla, perché si parlava di un veliero che ha ottanti anni e nessuna tragedia alle spalle. Solo gesta eroiche.
Invece, oggi, dopo sei anni, gli eroi sono proprio mamma Marisa, papà Piero e Federica che continuano la battaglia per la giustizia più forti di prima, in nome di Alessandro, con un dolore straziante nel petto e il cuore che piange ad ogni respiro.
Alessandro Nasta avrebbe dovuto essere il testimone di nozze del cugino Mario nel 2013: l’ha fatto la sorella Federica e al ricevimento, tra i parenti seduti, era stato apparecchiato un posto vuoto.
Aveva paura di viaggiare in aereo, questo forzuto nocchiere Nasta, e ogni volta che poteva veniva a trovare la sua famiglia in treno: 13 ore di viaggio da La Spezia a Brindisi; 13 ore notturne interminabili pur di sedere a tavola con la mamma, la sorella, che baciando sulla guancia diceva «Com’è liscia!» alla sua pelle, e il padre, di cui stringeva sempre la mano e abbracciava continuamente.
«Un ragazzo d’ oro, naturale, genuino che sorrideva alle cose semplici della vita ed esplodeva con i “ti voglio bene” ai membri della sua famiglia e agli amici senza un motivo particolare», dice l’amico Roberto Distinto, che oggi conserva in una teca di vetro le scarpe indossate da Alessandro durante l’ultima loro passeggiata in bici insieme.
Lo stesso Roberto che, nel 2013, anno in cui il 13 aprile Alessandro Nasta avrebbe compiuto 30 anni, chiese e vide pubblicata una pagina sul quotidiano Senza Colonne interamente dedicata all’amico fraterno Alessandro che mai dimenticherà.
Sognava di fotografarsi sotto alla Statua della Libertà quando sarebbero salpati per l’America e non vedeva l’ora di toccare le coste dell’Inghilterra. Ma non lo farà mai il Sottocapo nocchiere Nasta, apprensivo figlio che si preoccupava quando la mamma non rispondeva alle sue chiamate, e magari era sotto la doccia.
Non incontrò più l’amico Andrea che lo attendeva a Roma la sera del 24 maggio; e non ha più dormito quella stessa notte a Ostia, a casa della zia che gli aveva preparato con amore il letto.
Mamma Marisa ha sentito suo figlio Alessandro da La Spezia per l’ultima volta la sera del mercoledì 23: «Mamma, ti chiamo domani quando arriviamo a Civitavecchia. Buonanotte».
Ci è arrivato, questo ragazzo che ha seminato amore e stima ovunque, ma in una bara e per mezzo di qualcosa che va contro natura.
Un dolore, quello di mamma Marisa e papà Piero, che trova conforto nella figlia che resta. Ma il buco nero che rimane scava dentro, ininterrottamente. E si rimane fermi, senza aria, come se avesse risucchiato l’anima.
A bordo della Regina dei Mari, Amerigo Vespucci, mercoledì mattina c’era anche il Sottocapo nocchiere Alessandro Nasta di 29 anni, un figlio del mare che ha fatto ritorno a casa, nella memoria di tutti.
Per sempre.