di GIANMARCO DI NAPOLI
L’impietosa e a volte incomprensibile legge della burocrazia stabilisce che i prefetti debbano ruotare in funzione di dinamiche governative e non per l’effettivo ruolo svolto in una provincia e per l’impatto concreto avuto sulla realtà locale.
Così, da un giorno all’altro Brindisi è costretta a privarsi del prefetto Luigi Carnevale e il prefetto Carnevale – ne siamo certi – a lasciare a malincuore Brindisi (della quale resterà comunque commissario di governo alla reindustrializzazione).
Carnevale, per due volte, ha lasciato una traccia indelebile in questa città, la prima alla fine degli anni Novanta come capo della Squadra mobile, in un momento delicatissimo nella lotta alla criminalità, ma anche per la ricostruzione dell’immagine della Polizia brindisina, all’epoca devastata dagli scandali.
La seconda, da neo prefetto, nella gestione complessa del G7 e poi della recrudescenza di episodi criminali in tutta la provincia.
Dietro la dura scorza del poliziotto-prefetto, per di più calabrese, Carnevale non ha mai fatto mistero del suo profondo legame con questa città, nella quale per altro è nata la figlia e che considera la sua città d’adozione.
L’emozione con cui, a caldo, ha commentato ieri la notizia del suo trasferimento ne è la (non necessaria) conferma.
Sarebbe giusto che Brindisi gli riconoscesse questo profondo legame, con un sentimento di gratitudine per il contributo che ha dato – in momenti diversi – alla crescita di questa città.
E quale strumento migliore se non certificare la sua “brindisinità” attribuendogli la cittadinanza onoraria?
Sarebbe un riconoscimento meritato per lui e un motivo d’orgoglio anche per questa città che necessita di punti di riferimento autorevoli e credibili.
E Luigi Carnevale lo è e ancor più lo sarà.