Carabiniere ucciso, il 70enne di San Donaci non risponde al giudice

Si è avvalso della facoltà di non rispondere Michele Aportone, il 70enne di San Donaci arrestato dai carabinieri con l’accusa dell’omicidio premeditato del maresciallo dei carabinieri in congedo Silvano Nestola. L’interrogatorio di garanzia, svoltosi nel carcere di Lecce davanti al gip Sergio Tosi, che aveva firmato l’ordinanza di custodia cautelare, è durato così pochi minuti. Aportone, assistito dall’avvocata Francesca Conte, si proclama innocente e il suo legale, che ha scelto di non avanzare alcuna istanza di scarcerazione al gip, ha già annunciato ricorso al Tribunale del Riesame, mossa questa che consentirà alla difesa di prendere piena conoscenza dell’intero fascicolo processuale e non solo della corposa ordinanza.
La difesa di Aportone contesta in particolare l’attendibilità di una prova-cardine: le particelle di polvere da sparo che sarebbero state individuate su un berretto e su una camicia mimetica dell’imprenditore e per supportare tale tesi si è affidata alla perizia di parte del generale Luciano Garofano, già comandante del Ris di Parma. Analoga linea anche rispetto alle immagini del furgone che lascia l’area di parcheggio per camper Santa Chiara, nella marina di Nardò: la difesa sostiene che non esiste alcuna prova che si tratti dello stesso mezzo ripreso dalle telecamere lungo il percorso sino al luogo dell’omicidio.
Un delitto che, secondo i pm Alberto Santacatterina e Paola Guglielmi, che hanno coordinato le indagini del nucleo operativo e del Ros dei carabinieri di Lecce, sarebbe maturato perché Nestola aveva intrecciato una relazione sentimentale con la figlia 36enne del presunto killer, non gradita alla famiglia Aportone. Nell’inchiesta è coinvolta anche la moglie di Aportone, Rossella Manieri, anche lei indagata ma a piede libero con l’accusa di omicidio premeditato. Al momento non è emersa alcuna prova che dimostri che sia stata in qualche modo coinvolta nella pianificazione e nell’esecuzione del terribile delitto.