Falsi investigatori, spionaggio tra brand vinicoli e microspie per mogli infedeli

Per almeno due mesi Angelo Maci, rappresentante legale della “Cantina Due Palme” di Cellino San Marco, uno dei brand più importanti nella regione per la produzione di vini di qualità, avrebbe incaricato un’agenzia privata di compiere investigazioni non autorizzate nei confronti della cantina “Megale Hellas” di San Pietro Vernotico. E’ il passaggio principale di una storia trasversale che va da un presunto spionaggio industriale in ambito enologico, alle microspie piazzate, violando qualsiasi norma, nelle abitazioni o nelle auto di donne sospettate di infedeltà, sino a pedinamenti non autorizzati di dipendenti, commissionati da aziende anche di rilevanza nazionale.
Ci sono ingredienti di varia entità in una complessa inchiesta giudiziaria condotta dalla Divisione amministrativa e di sicurezza della questura di Brindisi e coordinata dal sostituto procuratore Raffaele Casto. Agli arresti domiciliari sono Antonio Carrozzo, 58 anni, brindisino, ex poliziotto condannato in via definitiva per concorso in un duplice omicidio avvenuto a Bari all’inizio degli anni Novanta, e Angelo D’Alò, 56 anni, anch’egli di Brindisi, esperto in elettronica e con un precedente per truffa.
Erano loro, secondo gli inquirenti, la mente e il braccio tecnico della “De Giorgi Global Service”, un’agenzia d’affari intestata alla compagna di Carrozzo, anche lei indagata, che in realtà avrebbe svolto senza averne titolo attività di investigazioni, ricerche e raccolta di informazioni per conto di privati.
L’inchiesta è stata avviata dopo una lettera inviata alla prefettura di Brindisi dal commissariato di polizia di Ariano Irpino in cui si evidenziava un’anomala commistione tra l’agenzia d’affari “De Giorgi Global Service” di Brindisi e la “Rode Investigazioni” di Romeo De Vito con sede a Lamezia Terme (Cosenza). I sospetti erano nati dopo l’impiego di personale nel servizio di sicurezza della manifestazione “Folk Festival” di Ariano Irpino.
La prefettura chiese alla polizia di Brindisi di effettuare accertamenti e venne fuori che la Rode, agenzia investigativa abilitata, aveva stipulato un contratto di prestazione di servizi con la Global alla quale aveva concesso in comodato gratuito un appartamento da utilizzare come sede in via Appia, a Brindisi. Successivamente è emerso che l’agenzia brindisina svolgeva attività investigativa non autorizzata sotto il manto documentale della “Rode” e che le attività d’investigazione privata erano svolte illecitamente da Carrozzo e da D’Alò. La prima conferma giungerebbe da un’indagine commissionata da un’importante azienda multinazionale con sede nella zona industriale di Brindisi che si sarebbe affidata (evidentemente non a conoscenza di questi incarichi in subappalto non leciti) per far pedinare e sorvegliare alcuni dipendenti che avevano chiesto di poter usufruire della legge 104, quella che consente di ottenere permessi per assistere familiari colpiti da gravi disabilità.
Carrozzo e D’Alò si sarebbero attribuiti il ruolo di investigatori privati quando, durante un appostamento effettuato a Mesagne e controllati da una pattuglia del locale commissariato di polizia, avevano spiegato di essere lì per indagini e Carrozzo si era presentato come ex collega degli agenti. In realtà la sua carriera si era conclusa in maniera definitiva quando il 21 maggio 1999 era stato condannato con sentenza irrevocabile a 23 anni di reclusione perché ritenuto responsabile di concorso in duplice omicidio. L’ex sovrintendente in servizio presso la sezione Volanti della questura di Bari fu ritenuto colpevole della morte di Maurizio Manzari e Domenico Casadibari, due giovani pregiudicati baresi che avrebbe condotto a bordo di una volante in una stazione di servizio in cui vennero subito dopo uccisi da un gruppo di fuoco. Un’orrenda esecuzione per la quale Carrozzo si è sempre proclamato innocente.
D’Alò invece era stato condannato con sentenza irrevocabile il 10 marzo 2018 per truffa continuata con violazione sulle norme del diritto d’autore, oltre ai reati di ricettazione e altre truffe per le quali era stato giudicato negli anni precedenti.
Insomma nessuno dei due avrebbe mai potuto ottenere dal prefetto qualsiasi autorizzazione a svolgere attività investigativa.
Non solo investigazioni su presunti comportamenti scorretti dei dipendenti di aziende locali ma numerose “indagini” commissionate da mariti traditi e desiderosi di avere prove tecniche nei confronti delle moglie: è quanto emerge da una parte cospicua dell’ordinanza che, al di là della pruriginosità di certi argomenti evidenzia, secondo gli inquirenti, la spregiudicatezza con cui i due protagonisti della vicenda – pur non avendo titoli per svolgere attività investigativa – andavano oltre, interferendo illecitamente nella vita di privati cittadini, violandone probabilmente il domicilio e collocando microspie o telecamere nascoste, prerogativa questa che non compete neanche alle forze dell’ordine, se non autorizzate dal giudice dopo una richiesta del magistrato inquirente.
Qui invece, con la complicità degli stessi mariti traditi, gli “investigatori” non solo pedinavano ma anche ascoltavano le conversazioni all’interno delle abitazioni, comprese quelle in cui si trovano bambini. In una occasione D’Alò si disse pronto a piazzare una telecamera piccola in un B&B all’interno del quale la donna infedele avrebbe dovuto incontrarsi con l’amante.
Ma l’aspetto forse più inquietante dell’inchiesta, anche se nell’ordinanza viene trattato marginalmente e forse sarà approfondito in altra sede, è quello della conversazione tra Angelo Maci, legale rappresentante della “Cantine Due Palme”, e Carrozzo, registrata da quest’ultimo (l’ex poliziotto aveva l’abitudine di registrare e archiviare centinaia di conversazioni i cui file sono stati poi posti sotto sequestro, ascoltati e trascritti dalla polizia). La “Global Service” aveva ricevuto incarico dalle cantine “Megale Hellas” per attività di portierato, reception, custodia immobili e guardiania. “Violando in modo spudorato il patto fiduciario”, si legge nell’ordinanza d’arresto, “Carrozzo si è prestato ad assecondare i voleri di un concorrente della cantina Megale Hellas (Angelo Maci, rappresentante legale della cantina “Due Palme”) fornendogli i filmati registrati mediante gli strumenti posti a tutela della sede operativa della Megale Hellas”. Nell’ordinanza si sostiene di come “Carrozzo sia legato a doppio filo con Maci”, del quale comunque registra ogni parola, senza che il suo interlocutore lo sappia).
L’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari è stata firmata dal gip Maurizio Saso ed eseguita da agenti della Squadra mobile di Brindisi.