I due rampolli della mala, le donne “manager” e i soliti pizzini: la “Scu” si rinnova ma non troppo

di GIANMARCO DI NAPOLI

Andrea Romano è il figlio di Gino, detto “Ramarro”, uno dei pochi sopravvissuti tra i vecchi della mala brindisina al piombo degli anni di sangue della Sacra corona unita. Alessandro Coffa è il rampollo di una delle famiglie storiche del contrabbando che finito il business delle sigarette ha spostato i suoi interesse su altre attività criminali altrettanto lucrose. Quando la Scu organizzava le prime mattanze erano solo dei ragazzini. Oggi, scrive il procuratore Leonardo Leone de Castris, capo della Direzione distrettuale antimafia che a suo tempo si occupò dei loro genitori, “rivestono il ruolo di promotori, dirigenti e organizzatori” di un clan brindisino della Sacra corona unita.
Ci sarebbero loro al vertice della nuova “Scu” brindisina, quella che si è dovuta reinventare dopo la scomparsa del contrabbando di sigarette, annaspando tra i rivoli di un’organizzazione decapitata da condanne pesantissime e smembrata dalle dichiarazioni di decine di collaboratori di giustizia. Un clan che il suo quartier generale in piazza Raffaello, nel cuore del rione Sant’Elia, una zona protetta dalle donne dell’organizzazione che svolgono il ruolo di vedette per proteggere gli affari dei boss.
E’ il quadro tratteggiato dai carabinieri del comando provinciale di Brindisi al termine di un’indagine monumentale: due distinte ordinanze di custodia cautelare, quasi 1.500 pagine di accuse.
I destinatari sono 37 (29 in carcere, otto ai domiciliari). Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa con l’aggravante della disponibilità di armi, associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti ed estorsioni. La prima ordinanza è a carico di 20 persone (sette già detenute) e riguarda le attività illecite gestite dai clan Coffa-Romano nel quale le donne erano straordinariamente attive.
Le indagini sono partite dopo l’omicidio di Mino Tedesco e il ferimento del figlio Luca, compiuti a Brindisi il primo novembre 2014. Un delitto avvenuto proprio nei pressi di piazza Raffaello e per un motivo banale. La sera prima alcuni bambini avevano litigato durante una festa di Halloween, quindi si erano accapigliate le rispettive madri. E da qui la mattina dopo i padri avevano deciso di farsi giustizia a colpi di pistola. Vennero arrestati Andrea Romano, Francesco Coffa e Alessandro Polito, successivamente condannati all’ergastolo.
Ma quelle indagini hanno permesso di ricostruire la gestione degli affari criminali delle due famiglie e l’invio dei pizzini ai famigliari latitanti.
Si è scoperto che erano le donne i veri pilastri delle organizzazioni criminali. Erano loro – secondo l’accusa – a fornire un apporto determinante alla vita del clan mafioso, a partecipare attivamente alle discussioni sulla gestione dei traffici di droga e alle decisioni da adottare sulla ripartizione dei proventi per il sostentamento dei loro mariti detenuti o latitanti.
Quando i loro uomini riuscivano ad ottenere almeno gli arresti domiciliari, le donne lasciavano che fossero i coniugi a coordinare da casa l’attività del clan, legato alla potente Scu. Come faceva, utilizzando i “pizzini”, il capoclan Andrea Romano.
Usava fogli di carta e un pennarello di colore nero per impartire gli ordini. Due pizzini furono sequestrati il 13 novembre 2014 a Giuseppe Prete e Luigi Carparelli. C’erano le indicazioni del boss su come gestire i ricavi dei traffici illeciti. Sul secondo pizzino (il foglio di un’agenda settimanale scritto con inchiostro marrone) gli affiliati informavano Romano che i suoi ordini erano stati rispettati. A conferma del ruolo di capoclan di Romano – secondo i carabinieri – vi è la frase di congedo che lo stesso apponeva sui pizzini, con la quale autorizzava i sodali ad agire: «Il resto fate voi avete il mio via».
La seconda ordinanza riguarda un presunto traffico internazionale di cocaina organizzato da Renato De Giorgi collegato alla famiglia Coffa con al vertice i coniugi Alessandro Coffa e Maria Petrachi, quest’ultima divenuta reggente del clan dopo l’arresto dei marito. Un ruolo verticistico lo avevano altre donne: Angela Coffa, Marika Stasi e Rosaria Lazoi. Anche loro – secondo l’accusa – conducevano personalmente le trattative legate alla compravendita della droga.
In manette sono finiti: Cosimo Andriulo, 48 anni di Brindisi, Marcello Campicelli, 56 anni di Brindisi, Ivano Cannalire (già detenuto), 37 anni di Brindisi, Pamela Cannalire, 32 anni di Brindisi, Luigi Carparelli, 30 anni di San Vito dei Normanni, Vitantonio Cocciolo, 26 anni di Brindisi, Alessandro Coffa (già in carcere a Taranto), 37 anni di Brindisi, Angela Coffa, 29 anni di Brindisi, Annarita Coffa, 40 anni di Brindisi, Francesco Coffa 37 anni di Brindisi, Francesco Coffa, 39 anni di Brindisi, Marco Curto, 36 anni di Brindisi, Giovanni D’Amico, 27 anni di Brindisi, Fabrizio D’Angelo,48 anni di Brindisi, Renato De Giorgi (già in carcere in Grecia), 52 anni di Brindisi, Rosaria Lazoi, 58 anni di Brindisi, Abele Martinelli, 50 anni di Brindisi, Enrico Mellone, 41 anni di Mesagne, Giovanni De Benedictis (già deternuto), 26 anni di Brindisi, Anna Gianniello, 39 anni di Brindisi, Piero Lo Monaco, 27 anni di Carovigno, Monica Mangione, 48 anni di Brindisi, Giovanni Patisso, 56 anni di Oria, Maria Petrachi, 33 anni di Brindisi, Nicola Pierri, 51 anni di Brindisi, Alessandro Polito 39 anni di Brindisi, Giuseppe Prete, 28 anni di San Vito dei Normanni, Cosimo Remitri, 29 anni di San Vito dei Normanni, Alessio Romano, 35 anni di Brindisi, Andrea Romano, 34 anni di Brindisi, Vito Simone Ruggiero, 30 anni di Brindisi, Cosimo Schena, 29 anni di Brindisi, Cosimo Schena, 48 anni di Brindisi, Francesco Soliberto, 34 anni di Brindisi, Marika Stasi, 37 anni di Brindisi, Gianluca Volpe, 23 anni di Brindisi, Mario Salvatore Volpe, 25 anni di Brindisi.Di questi Alessandro Coffa, Angela Coffa, Annarita Coffa, Francesco Coffa (37 anni) e Francesco Soliberto sono stati raggiunti da due ordinanze di custodia cautelare, tutti e cinque compaiono in entrambe le inchieste.
(Nelle foto, da sinistra, Andrea Romano e Alessandro Coffa)