Il Bosco del Compare, questo magnifico sconosciuto

È di pochi giorni addietro la notizia che la Regione Puglia ha accolto la richiesta di finanziamento di un progetto presentato dal Comune di Brindisi per la realizzazione un corridoio ecologico di circa un chilometro e mezzo, con alberature e sentiero tra la foce del canale Giancola ed il Bosco del Compare; dovrebbero, inoltre, essere realizzati anche 3 capanni per il birdwatching in un itinerario eco-turistico-culturale, pedonale e ciclabile, lungo circa 6 chilometri, sempre fra queste due località di indubbio interesse storico e naturalistico, con la demolizione dei manufatti sia del dismesso Lido Provincia che le baracche abusive sorte come funghi attorno a questa zona. Ovviamente anche Torre Testa, attualmente in uno stato di assoluto degrado, andrà adeguatamente riqualificata ed adibita a centro visite dell’area protetta.

Mentre la località Giancola con le sue spiagge e la sua torre costiera è nota a tutti e non ha bisogno di alcuna presentazione, discorso diverso è per il Bosco del Compare che ben pochi brindisini conoscono e molti di quelli che ne hanno sentito parlare non sanno nemmeno esattamente dove si trovi (è situato all’uscita di Brindisi, in direzione Bari, prima del santuario di Iaddico) e quali siano le sue peculiarità e specificità.
Nello stesso progetto presentato dal Comune di Brindisi ed ammesso a finanziamento, d’altronde, si parla e descrive per filo e per segno Giancola, il paesaggio costiero, il canale, la sua foce, gli stagni temporanei, la sua fauna e la sua flora, le antiche fornaci romane, i cui resti sono ancora visibili, come anche l’antico tracciato di basole della via consolare Appia-Traianea, mentre del Bosco del Compare se ne parla solo in quanto punto di arrivo e finale di tutto ciò che verrà fatto partendo dalla foce del canale Giancola e non sembra, almeno ad una prima lettura, che siano stati previsti interventi diretti e mirati per migliorare e/o preservare maggiormente questo autentico gioellino naturalistico che si trova a due passi dalla città.

Prima di incamminarci nel bosco, con l’aiuto e le parole dell’amica biologa Paola Pino d’Astore – profonda conoscitrice di tutti i siti naturalistici di Brindisi e provincia, non solo per ragioni professionali e di studio, ma anche perchè sinceramente appassionata della natura – proviamo a spiegare quella che è l’importanza del Bosco del Compare per il nostro territorio e perché va assolutamente difeso e tutelato.
Si tratta, sicuramente, di un bel polmone verde situato poco fuori la città di Brindisi che, pur avendo origine antropica, essendo stato piantato dagli uomini probabilmente nel diciannovesimo secolo, ha assunto nel tempo un aspetto di bosco evoluto e ad alto fusto che richiama all’antica memoria di un territorio ricoperto, millenni addietro, da foreste di querce, popolate da grandi mammiferi selvatici come il cervo ed il lupo, che un tempo erano presenti nel nostro territorio, come risulta anche da testimonianze storiche ed artistiche, ed oggi sono solo un lontano ricordo.
E’un luogo dal valore naturalistico, posto sotto tutela dalla vigente legislazione ed inserito, a giusta ragione, tra i Siti di Interesse Regionale, nell’ambito del Progetto Bioitaly dell’Ufficio Parchi e Riserve Naturali della Regione Puglia.

Il suo fascino risiede nell’essere un bosco misto di querce, con dominanza di Leccio e Roverella, riconducibile all’habitat di interesse comunitario “Foreste di Quercus ilex”, importante per la presenza di piante arboree secolari e con caratteristico sottobosco ricco di Pungitopo dalle belle e lucenti bacche rosse e di tante altre specie di macchia mediterranea (Biancospino, Olmo campestre, Lentisco, Fillirea, Alaterno, Ginestra, Corbezzolo, ecc.). Il tutto racchiuso in una piccola superficie di circa 30 ettari.
Nel cuore di questo affascinante bosco, presso la Casina dei Conti Balsamo, due radure erbacee e cespugliose, contribuiscono ad elevare la biodiversità, offrendo luoghi di sosta, rifugio ed alimentazione per numerose specie animali.
Già in ricerche preliminari, il noto botanico Piero Medagli ha individuato nel Bosco del Compare la presenza inusuale di due piccoli nuclei di Carpino nero o Carpinella (Ostrya carpinifolia Scop.) e di Fragno (Quercus trojana Webb), il cui ritrovamento, così vicino alla costa, sorprende per la collocazione al di fuori dell’areale noto per entrambe le specie (area murgiana) e ciò rende ancora più unico il nostro bosco. Inoltre nelle umide depressioni di questo ambiente boschivo, sono stati individuati i particolari ed effimeri habitat denominati “Stagni Temporanei Mediterranei”, alimentati dalle piogge, dove sono state rinvenute, per la prima volta in Puglia, due rare specie di briofite, più comunemente conosciute come muschi.

Al di fuori delle giornate venatorie, il Bosco del Compare è un’oasi di pace per mammiferi come il Tasso, la Volpe, la Faina, la Donnola ed il Riccio europeo. In esso vivono tutti i rapaci notturni tipici delle nostre zone come il Gufo comune, il Barbagianni, l’Assiolo e la Civetta, nonché numerosi passeriformi di macchia mediterranea (ad esempio, Pettirosso, Capinera, Occhiocotto, Cinciallegra, Cinciarella, Fringuello, Cardellino) e rapaci diurni come lo Sparviere, la Poiana ed il Gheppio.
Non è certamente un caso che, tranne che durante i citati periodi di attività venatoria, in tutti gli altri periodi dell’anno, il Centro per il Recupero della fauna selvatica in difficoltà della Provincia di Brindisi ha rilasciato diversi esemplari sia di uccelli che di mammiferi, soccorsi, curati e tornati idonei al ritorno in libertà, proprio qui e ciò è avvenuto , ogni volta che è stato possibile, anche alla presenza di bambini delle scuole medie ed elementari che, prima di questi eventi, sono stati coinvolti con entusiasmo in aula al fine di conoscere, comprendere e rispettare il valore della vita di specie animali selvatiche nel loro prezioso ambiente naturale, come, appunto, è il Bosco del Compare.

Spinto dalla curiosità di apprezzare dal vivo questo percorso naturalistico ed invogliato dal tepore dell’estate di S. Martino, mi sono attrezzato con scarpe comode e macchina fotografica e, posteggiata l’auto alla meno peggio sulla complanare che porta al Santuario della Madonna di Jaddico, distante poche centinaia di metri dal bosco, mi sono avventurato al suo interno scansando, letteralmente, una montagna di mondezza abbandonata nei pressi di un canale che, appena pochi giorni prima, era stato ripulito dal Comune di Brindisi dopo che, su segnalazione di alcuni bravi cittadini, era intervenuta in loco una pattuglia della polizia locale.
Le querce secolari la fanno decisamente da padrone, e sullo spesso tappeto di foglie decine, centinaia di funghi fanno capolino, mentre il sottofondo è quello tipico dei boschi durante le giornate soleggiate e la bella stagione, un cinguettio indefinito messo insieme da una orchestra di numerosi uccelli appartenenti alle più diverse specie esistenti dalle nostre parti.

Il vociare allegro di alcuni bambini, accompagnati dai genitori in una passeggiata immersi nella natura, si intona benissimo con questo sottofondo musicale.
La gioia e lo stupore offerto dallo spettacolo offerto da Madre Natura sono, di tanto in tanto, rovinati, da qualche cumulo di rifiuti di vario genere, dai materiali di risulta di demolizione edili, a mucchietti di mobili abbandonati, da scarti rivenienti da qualche officina meccanica, a piatti, posate e bottiglie di plastica lasciati in giro dagli zozzoni di turno, che dopo aver goduto del piacere di un picnic nel bosco, hanno pensato bene di lasciare la spazzatura sul posto o di usare il luogo come discarica personale.
Alcune querce secolari sradicate, certe con segni bruciature alla base, altre finite per terra senza alcun apparente motivo, mi fanno pensare a possibili predoni di legna, che già negli scorsi inverni, hanno saccheggiato e depredato parte del bosco, portando via quintali e quintali di preziosa legna di quercia destinata ad essere venduta illegalmente. Parte di questo stesso bosco, nel 2015, fu distrutto da un pauroso incendio per cui fu necessario l’intervento di due squadre di vigili del fuoco ed un mezzo aereo per porvi rimedio. Ma la natura non si scoraggia, resiste e trova sempre la forza di rigenerarsi e, allora, anche i segni dell’incendio, tendono a sbiadirsi.
Mi rincuoro scorgendo un piccolo riccio che, nascosto fra le foglie secche, ci spia con discrezione aspettando che ci allontaniamo e togliamo il disturbo per poter tornare alle sue faccende quotidiane; poco lontano una poiana, appollaiata su un tronco caduto, spicca il volo senza troppa premura.

Percorrendo un quasi invisibile sentiero nel bosco si giunge ad un percorso carrabile che porta attraverso un tunnel vivo e naturale fatto di fronde e rami di quercia ad un enorme radura, al centro del quale, nel bel mezzo del Bosco del Compare, si innalza imperiosa, come un antico maniero, una costruzione risalente a ben oltre un secolo addietro e che probabilmente, in origine, era, secondo i costumi dell’epoca, la cosiddetta “Casina di Caccia” di quella tenuta boschiva appartenente al Conte Balsamo, i cui discendenti ne sono ancora i proprietari.
Essendo la costruzione priva di portoni, percorrendo la stradina carrabile, un tempo percorsa da calessi e carrozze di cui ancora restano in qualche modo incisi i segni, con il dovuto rispetto e con ogni precauzione, ho dato una sbirciatina al suo interno dai grandi ambienti muniti di camino per il riscaldamento ai ricoveri per gli animali e, pur senza salire ai piani superiori, non volendo sfidare la sorte, nulla sapendo sulla stabilità dell’immobile e delle scale ormai prive di marmi oltre che di ringhiera, ho potuto con gli occhi e con la mente, ma anche tanta fantasia, assaporare quell’antica grandezza di cui ogni centimetro della costruzione e del bosco è imperitura testimonianza.
A margine del prato, a ridosso dell’antico muro di cinta, quasi ingoiata dalla rigogliosa vegetazione, esploro quello che era, probabilmente, il grande deposito seminterrato dove venivano conservate le vettovaglie necessarie a sfamare non solo la nobile famiglia brindisina ma anche tutto il contado della zona.

Proseguendo verso il lato opposto, seguendo l’antica strada carraia, incocciamo in un altro cumulo di rifiuti plastici e legnosi, a fare brutta mostra di sè e a farci ritornare con la mente alla cruda e rude realtà del nostro tempo in cui il rispetto per la natura e per il bello stenta ad affermarsi e dove c’è gente che percorre in motocarro sentieri in mezzo al bosco e compie mille peripezie, per abbandonare dei rifiuti che verrebbero, invece, facilmente smistati in un qualsiasi centro raccolta o, alla meno peggio, anche presso una delle tante isole ecologiche esistenti in città.
Una giovane volpe, spaventata dalla presenza umana, si allontana velocemente dalla radura e si tuffa nella vegetazione più fitta.
Percorso in un paio di ore quasi l’intero bosco, proprio mentre ci avviamo verso uscita, giusto per non farci mancare nulla, passa accanto niente meno che un motociclista che ci saluta tranquillamente, come se andare in giro con la moto smarmittata nel bel mezzo di un bosco sia la cosa più naturale del mondo.
Al termine della passeggiata la sensazione è un misto di soddisfazione e di rammarico: soddisfazione per lo spettacolo che la natura è stato in grado di offrire e la quiete ed il senso di pace che ti pervade; rammarico, pensando a quanto poco l’uomo riesce a fare per preservare la natura e la sua stessa storia: ma è questa l’eterna contraddizione di Brindisi: una terra a cui il buon Dio e la Natura hanno donato tanto, ma che i brindisini non sempre riescono ad amare e preservare come meriterebbe e, anzi, spesso sembra che facciano di tutto per denigrare, annichilire e distruggere.