Il sindaco, la storia che non riesce proprio a cambiare e lo stipendio che non si tocca

Riccardo Rossi di sicuro era ben consapevole di assumere il governo di una città che era in profonda crisi economica: vive a Brindisi ormai da vent’anni e da sette siede in Consiglio comunale, dopo aver fondato nel 2011 il movimento “Brindisi Bene Comune”. Per due volte in passato aveva tentato di proporsi come sindaco, prima sconfitto da Mimmo Consales e poi da Angela Carluccio. Al terzo tentativo, sfruttando l’alleanza con il Pd e lo spaccamento suicida del centrodestra, è arrivato a Palazzo di Città.
Lo slogan con il quale ha condotto l’ultima campagna elettorale lasciava immaginare che, assolutamente consapevole delle disastrose situazioni delle casse comunali per tutta la sua pregressa attività svolta tra i banchi dell’opposizione, egli avesse in mente un piano ben preciso per rimettere in piedi la città: “Cambieremo la storia”, aveva promesso da ogni palco e poi ribadito all’atto dell’insediamento. E cambiare la storia significava ovviamente, in primo luogo, invertire la tendenza ai conti in rosso consolidatasi negli ultimi tempi.
In realtà la storia evocata nel famoso slogan è divenuta rapidamente non più quella che doveva essere cambiata ma l’alibi con cui l’attuale amministrazione ha tentato di mascherare la sua incapacità di intervento: il Comune è in crisi? E’ colpa della storia, cioè di quelli che hanno guidato prima di lui Palazzo di Città. I precedenti sindaci sono invocati da Rossi con la stessa frequenza con cui Salvini si rifugia dietro gli immigrati. Ma non può bluffare: non è stato un fulmine a ciel sereno. Il leader delle Formichine sapeva bene cosa avrebbe dovuto affrontare, sin dal primo momento. Il sindaco che i brindisini avrebbero eletto doveva essere in grado di risanare e non di gettare la spugna nel ring del predissesto.
Era dunque necessario che sin dal primo giorno il nuovo sindaco tracciasse il solco di una nuova strada: quella del contenimento delle spese, dell’eliminazione degli sprechi (contestati spesso da Rossi quando era seduto ai banchi dell’opposizione), del rigore. Era necessario in sostanza che egli desse il buon esempio.
Il primo anno di consigliatura, invece, il sindaco e il suo entourage lo hanno trascorso con la stessa leggerezza con cui un gruppo di ragazzini si trova in gita a Eurodisney, pure con il biglietto pagato. Invece di affrontare con determinazione e il pugno fermo la crisi di Brindisi, la giunta si è comportata come si fosse trovata a gestire Basiglio, ossia il comune più ricco d’Italia. Il mezzo milione di euro speso per organizzare gli spettacoli dell’estate brindisina (quasi il triplo di quanto impegnato dalle precedenti amministrazioni) è il sintomo più evidente della assoluta mancanza di responsabilità e reale consapevolezza con cui la maggioranza si è imbarcata in una esperienza evidentemente troppo complessa per le sue corde.
Quel denaro poteva essere dirottato verso altre esigenze più immediate. O magari non doveva essere speso proprio, come invocava formalmente il direttore di Ragioneria del Comune, Simeone Simone, il quale con ben due note (protocollate il 14 luglio e il 2 agosto scorsi) aveva segnalato al sindaco che “la precarietà degli equilibri di bilancio necessita una riduzione delle spese correnti”. Niente, Rossi ha continuato a spendere.
Terminata la sbornia della “Bella stagione 2019”, così come la nuova amministrazione ha voluto ribattezzare l’Estate brindisina (nome ultradecennale che, invece, quello sì è stato cambiato per tagliare con il passato), Rossi ha indossato i panni della prèfica cominciando a piangere e battersi sul petto. Un lungo atto di dolore, ma senza pentirsi e dolersi degli eventuali peccati da lui commessi e rincarando la dose nei confronti di chi l’aveva preceduto. Tutti responsabili, tranne lui.
Era il prologo a un atto che finora mai era stato utilizzato dal Comune di Brindisi nella sua storia: la dichiarazione di predissesto.
Abbiamo spiegato ampiamente nelle scorse settimane di cosa si tratta e come il procedimento sia una specie di condanna a dieci anni di costrizioni per i cittadini.
Anche in questa fase, con il rischio tangibile che la città possa scivolare ancor di più nel baratro del dissesto vero e proprio, ci si sarebbe aspettati un gesto non solo simbolico da parte di Rossi che in qualche modo avrebbe potuto fornire finalmente un segno di responsabilità e coinvolgimento: ridursi lo stipendio (3.400 euro netti al mese), destinandone una parte alle casse del Comune e proporre ai suoi assessori di fare lo stesso. Ma il sindaco non ci ha pensato proprio.
E ha reagito stizzito quando la proposta è stata formalizzata in Consiglio comunale da parte di alcuni membri dell’opposizione di centrodestra. Ha biascicato che non avrebbe potuto costringere i suoi assessori a ridursi l’indennità, ha litigato in aula con il consigliere che lo invitava ad autotassarsi. E alla fine ha concluso che comunque si tratta di somme così insignificanti che non avrebbero avuto alcuna incidenza sui debiti astronomici del Comune.
I cittadini dunque saranno chiamati ad affrontare i sacrifici imposti dalla situazione di predissesto con una tassazione ai livelli massimi per i prossimi dieci anni, mentre Rossi non vuolerinunciare neanche a un euro del suo stipendio nonostante sia stato lui ad attivare il predissesto.
E invece una autoriduzione della sua indennità, con invito ai suoi assessori a fare lo stesso, avrebbe avuto un significato profondo per tutti. Il primo cittadino che partecipa al sacrificio della collettività per dare il buon esempio e mettere il primo mattoncino, a sue spese, sulla strada della ripresa.
Rossi (che si è nascosto pure dietro il dito della presidenza della Provincia, sostenendo che lì non prende un euro, ma anche questo lo sapeva bene e nessuno gli ha imposto di assumersi quell’ulteriore responsabilità) ha perso un’altra ottima occasione per dare un senso compiuto alla sua sindacatura, finora gestita come se (per fare un paragone più comprensibile a Rossi, folgorato improvvisamente dalla passione per la locale squadra di basket che sino al recente passato aveva detestato) l’Happy Casa Brindisi avesse allestito un roster utilizzando lo stesso badget dell’Olimpia Milano, eppure una punta a salvarsi, l’altra al titolo europeo. Il Comune ha speso centinaia di migliaia di euro inutilmente mentre era già sull’orlo del baratro. E Rossi sapeva.
Così, evidentemente imbolsito rispetto ai primi mesi della sua sindacatura, il primo cittadino caracolla imperturbabile per la sua strada e sotto i suoi piedi scricchiolano le prime macerie di una città profondamente delusa da chi riteneva in grado di lasciare una traccia importante. Invece Rossi si è rivelatotutt’altro. Bruno Bozzetto ci avrebbe potuto fare uno dei suoi cartoni animati: «Il Signor Rossi a Brindisi».