Il triste mondo di Amelie: il padrone le estirpa il microchip col coltello e l’abbandona

Non sappiamo quale fosse il suo nome prima che il mondo, all’improvviso, le crollasse addosso, sappiamo solamente, almeno per ora, che si tratta di un cane da caccia di razza, un setter per la precisione, che è femmina ed è ancora giovane, ben educata ma terrorizzata da tutto e da tutti per il trauma subito.
Di lei sappiamo anche, per averlo confermato il veterinario che l’ha visitata e curata, che la ferita fresca al collo è stata causata dal coltello affilato di chi, prima di abbandonarla, le ha letteralmente strappato – utilizzando quelle stesse mani con cui probabilmente qualche volta, in un tempo lontano, l’aveva anche accarezzata e coccolata – dalla ferita viva il microchip identificativo, al chiaro scopo di non dover rispondere del suo abbandono.
Chiunque lo abbia fatto, sia stato direttamente il proprietario o qualche suo prezzolato “sicario”, ha agito con una crudeltà e freddezza inaudita, dal momento che ha tagliato di netto la pelle e la carne viva della cagnolina per poter portare a compimento il suo piano, mostrando una certa abilità nel maneggiare le armi da taglio.
Quando, domenica mattina, mentre la città era sotto evacuazione per permettere agli artificieri di disinnescare l’ordigno bellico rinvenuto nei pressi dell’Andromeda, tradita dai suoi latrati/ululati lamentosi, è stata ritrovata non lontano dal Canile Comunale nascosta sotto un fico d’India, tremante e con gli occhi sbarrati per la paura, da una signora che di recente aveva preso in adozione un altro cane, non è stato per niente facile convincerla a fidarsi di chi le prestava soccorso ed ha dovuto letteralmente prenderla in braccio per poterla portare al sicuro.
Non potendosene prendere cura direttamente, per evitare “conflitti” con il cane adottato da poco, la signora in questione si è opportunamente rivolta a Laura Giglio, una volontaria animalista molto attiva nel territorio che è intervenuta prontamente per prendersene cura e le ha affibbiato il nome misterioso ed un po’ inquietante di Amèlie, che ben si intona con l’aspetto e la storia di questa cagnetta.
Ed è proprio a Laura che chiediamo notizie fresche su come sta Amèlie a pochi giorni dal suo ritrovamento: “e’ una cagnolina ancora traumatizzata per quello che le è accaduto, sicuramente viene fuori da una storia di maltrattamenti, di cui le sevizie per asportare il microchip e l’abbandono, sono solo gli ultimi tasselli. Già a vista, ma poi lo ha confermato anche il veterinario da cui l’ho portata, si vedeva che oltre che essere affetta da una dermatite non curata era denutrita e sottoposero di almeno 5 o 6 chili. Mi ha colpito anche la circostanza che non è abituata a mangiare croccantini né a prendere cibo dalla ciotola, tant’è che in questi primi giorni poggiamo il suo pasto per terra: segno evidente che era tenuta rinchiusa in un qualche serraglio o recinto e, di tanto in tanto, le veniva lanciata dentro qualcosa da mangiare. Ora la setterina è in stallo presso una mia amica e stiamo cercando, lentamente, di recuperarla e farle tornare la fiducia nel genere umano: il peggio, per lei è passato, ma c’è ancora un cammino da compiere per poterla riabilitare del tutto”.
Ciò che colpisce, in questa vicenda, oltre che la freddezza e la crudeltà di chi ha agito in questo modo, rendendosi colpevole dei reati penalmente sanzionati e procedibili d’ufficio di abbandono (punito con l’arresto fino ad un anno) e di maltrattamenti (punito con l’arresto fino a 18 mesi) di animale, laddove, se proprio non aveva intenzione di occuparsi della povera bestiola e non avesse trovato qualcuno disposto a farlo, regolamento comunale alla mano, avrebbe ben potuto presentare una dichiarazione di rinuncia alla proprietà del cane che, previo versamento di una piccola somma – un nulla rispetto alla multa da 5.000 a 30.000 euro, che ora rischia il responsabile di questi fatti se venisse identificato – sarebbe stato ricoverato in canile in attesa di adozione.
Ad Amèlie auguriamo tutto il bene possibile e che presto possa trovare oltre che la serenità, anche una famiglia che se voglia prendere cura per sempre, donandole quell’affetto di cui ha bisogno e che saprà ricambiare, unica medicina in grado di guarire la sua anima ferita.