
Stanno insieme, si amano e sono entrambe transessuali.
Lui era lei, lei era lui.
Oggi si chiamano Andrea e Veronica e sfoggiano le loro fedine di oro bianco all’anulare del cuore dal 7 ottobre di tre anni fa: da quando il primo bacio sulla Scalinata Virgilio ha coronato l’inizio della loro storia d’amore, raccontando alla perfezione l’imprevedibilità dei sentimenti.
Veronica è una transessuale MtF (Male to Female, «da maschio a femmina») di quasi 36 anni ed è originaria di Massafra; Andrea è un transessuale FtM (Female to Male, «da femmina a maschio») di 34, ed è di Brindisi. Vivono nel loro appartamento di Bologna con uno yorkshire di nome Sengy e sono sopravvissuti ai pregiudizi di chi impone un’errata verità, con l’unica eccepibile: l’amore.
Li ha presentati un amico in comune ed entrambe conoscevano la precedente vita che non gli era mai appartenuta. Con una differenza: Veronica aveva sempre avuto l’appoggio della madre; Andrea era sempre stato solo.
Se gli fosse stata data la possibilità di scegliere, avrebbero scelto di non nascere uomo e di non nascere donna.
Ma non è una scelta, e Andrea è stato un uomo fin da bambino, quando chiedeva al padre di comprargli le pistole giocattolo invece delle bambole, quando giocando con i fratelli o con le amichette interpretava ruoli maschili. Quando nel bagno, di nascosto dal padre, in piedi sullo sgabello e guardandosi allo specchio, si spalmava la schiuma da barba sul viso imitandolo in tutte le smorfie della faccia.
Davanti a quello specchio, guardandosi da fuori e leggendosi dentro, vedeva un maschietto e, crescendo, tutte le sue paure, le sue inquietudini, la sua verità di riconoscersi in ciò che non corrispondeva affatto alla sua natura biologica.
Portava i capelli sempre corti e non aveva mai avuto il «fidanzatino»: un uomo intrappolato in un corpo femminile di nome Fausta.
Veronica «da sempre», invece, da uomo bramava e desiderava avere un corpo da donna: davanti allo specchio imitava la madre che si truccava, indossava i suoi vestiti e le sue décolleté, e una volta con un rasoio tagliò via un’intera sopracciglia perché le sue non erano sottili come quelle della madre.
A 19 anni frequentava il Bistrot Club di Gioia del Colle e rimaneva ammaliata da un’altra transessuale MtF più grande di lei, che le spiegò cosa doveva fare per scollarsi di dosso una pelle che non le apparteneva, con l’amorevolezza di chi voleva proteggerla dall’ostilità del mondo esterno.
Agli occhi della madre Veronica voleva cambiare: però le spiegò che era un cambiamento solo estetico e che rimaneva la stessa persona. E quando si riesce in questo, gli affetti rimangono: da una parte c’è la volontà di spiegare e dall’altra la volontà di capire.
A 24 anni Veronica «da sempre» aveva ultimato il suo percorso di transizione grazie anche a una famiglia che l’aveva accolta a Bologna: il Mit (Movimento Identità Trans) di cui oggi è attivista, consultor e membro del direttivo. Incoraggia le persone a vivere un difficile percorso di accettazione della propria natura, combattendo contro l’ottusità di molti.
Il coraggio l’ha avuto anche Andrea, quando scappava spesso da Brindisi per andarsi a rifugiare a casa del padre, a Latiano, perché i genitori si separarono quando lui era molto piccolo. Quel padre che soffriva perché «non riconosceva la sua bambina» e allora Andrea chiedeva ogni volta l’aiuto alle zie.
La madre e i fratelli non l’hanno mai appoggiato perché oltre a essere di fede Evangelica, erano spaventati da ciò che non conoscevano. E non volevano conoscere.
Due percorsi, quelli di Andrea e Veronica iniziati per lo stesso motivo: il disturbo dell’identità di genere, assolutamente indipendente dall’orientamento sessuale.
La disforia di genere è la condizione di malessere persistente o di estraneità riguardo esclusivamente al proprio sesso biologico. Un transessuale può essere etero o gay, come una transessuale può essere, pertanto, eterosessuale o lesbica.
Andrea non ha mai desiderato un uomo. Ha sempre avuto attrazione verso le donne non come lesbica, ma pensando sempre da maschio.
Veronica «da sempre», in un corpo maschile, ha sempre pensato da femmina.
Forse proprio questa comune lotta interiore ed esteriore ha fornito le basi per la forte attrazione che entrambi hanno provato fin dal primo momento in cui si sono visti.
Il corpo di Andrea aveva subito risposto, come se non aspettasse altro, alle cure ormonali prescritte dall’endocrinologo dopo la relazione rilasciata dallo psicologo: il timbro di voce più basso, i primi baffetti. Ma soprattutto quando si svegliava la mattina non sentiva più addosso i giudizi della gente. Iniziava a sentirsi più sereno nel mondo, e libero di essere se stesso.
E questo, la sua Veronica, l’aveva capito fin da subito perché ci era passata anche lei anni prima.
Quando Andrea aveva deciso di compiere la transizione da donna a uomo, Veronica, che aveva già ultimato la sua da diversi anni, gli è stata accanto trasmettendogli il conforto e l’amore di cui aveva bisogno.
Ed è stata la prima donna a conoscere l’avvocato Angela Dell’Aquila: «Vidi una ragazza con i capelli cortissimi che mi disse di chiamarsi “Andrea”. Mentre lo guardavo negli occhi, percepivo che stava male. E decisi che l’avrei aiutato a diventare ciò che era sempre stato».
La sensibilità dell’avvocato Dell’Aquila e la disponibilità ad ascoltare la storia di Andrea del giudice Antonio Sardiello del Tribunale di Brindisi che, in tempi brevissimi nel 2016 ha emesso la sentenza per autorizzare il cambio di sesso anagrafico, contestualmente all’intervento irreversibile per la modifica dell’apparato genitale, ha realizzato le speranze e le aspettative di questa giovane coppia che si ama.
Una felicità, quella di Andrea e Veronica, riconoscibile nei loro occhi, mentre si guardano piacenti allo specchio, tenendosi per mano.