Meglio un giorno da leone che 100 da pecore webelanti

di GIANMARCO DI NAPOLI per IL7 Magazine

Siamo circondati da persone che hanno fatto dell’autorefenzialità il loro sistema di vita, specializzate nell’assumersi ruoli che non hanno mai ricoperto e nell’assegnarsi successi che in realtà non hanno ottenuto. I social sono il megafono di questa, sempre più numerosa, categoria di uomini e donne che non sono solo presenti in politica, ma davvero in ogni categoria umana. Così quando capita che qualcuno, invece di autoincensarsi e attribuirsi il merito di un’idea vincente, tace e quasi si schermisce, preferendo quella sensazione di appagamento personale, più intima che pubblica che ci appare quasi fuori moda è un evento raro. Ancora più raro è che se quell’idea inizialmente era stata criticata e quasi irrisa, riscontrandone poi il successo, chi l’ha partorita non si prenda la soddisfazione di spernacchiare i suoi detrattori.
Nell’agosto del 2016, poche settimane dopo l’insediamento della giunta di Angela Carluccio, ci si trovava più o meno nella stessa situazione in cui si trova oggi il sindaco Riccardo Rossi. Si arrivava da una gestione commissariale e c’erano pochi quattrini e pochissimo tempo per organizzare un piccolo cartellone di spettacoli estivi e soprattutto l’evento-clou dell’estate che è la festa patronale.
In particolare ci si poneva il problema di dove collocare le bancarelle degli ambulanti, da decenni pomo della discordia tra i commercianti dei corsi e i proprietari di bar e ristoranti in viale Regina Margherita. All’epoca l’assessore alle Attività produttive era Cosimo Laguercia, ex sindacalista, espressione dei Conservatori e riformisti.
Laguercia ebbe l’idea di spostare tutto in via del Mare, dove da poco erano stati completati i lavori per la creazione di un passeggio con panchine e vegetazione, un ponte di vetro e un percorso affacciato sul porto che conduce sino a via Spalato.
Apriti cielo. La sua scelta venne presa come un sacrilego attentato alla tradizione, una cospirazione contro San Teodoro e San Lorenzo. Ma come? Le luminarie venivano piazzate sui corsi e le bancarelle erano invece spostate da un’altra parte? Le opposizioni mugugnarono, la solita stampa si piazzò con le macchine fotografiche per documentare il garantito calo dei visitatori. Troppo spazio tra una bancarella e l’altra, non c’era più la calca che necessariamente dovevi lavorare di gomiti per poter avanzare, i bambini nei passeggini non rischiavano neanche di essere travolti. La zona gastronomia aveva i suoi spazi e l’odore di porchetta non si propagava tra le bancarelle di chincaglierie. Ma erano stati persi decine di parcheggi e, poveri brindisini, troppa strada a piedi. Ovviamente i visitatori non diminuirono per niente.
L’esperienza di Mimino Laguercia a Palazzo di Città durò solo tre mesi: a ottobre, un mese dopo la festa patronale, il suo partito decise, per quegli strani meccanismi della politica, che doveva essere sostituito. Sappiamo poi tutti come andò: a maggio dell’anno successivo, siamo nel 2017, la sindaca fu sfiduciata e tornò un commissario prefettizio.
Giuffrè, che pure non ha esitato a cambiare molte cose, lasciò però invariata l’organizzazione logistica della festa patronale. E le bancarelle furono confermate in via del Mare.
Quest’anno doveva essere la prova del fuoco, con la nuova giunta comunale. Ma anche Riccardo Rossi e i suoi assessori hanno ribadito che la collocazione più logica per le bancarelle degli ambulanti resta quella di via del Mare. Così Laguercia può festeggiare, in silenzio, il suo successo: ha lasciato il contributo alla sua città, nel breve periodo in cui è stato chiamato a rappresentarla. Del resto meglio un giorno da leoni che cento da pecore webelanti.