Rossi, tra sloganismo e «Mennittismo» latente

Non siamo al momento nelle condizioni di giudicare l’operato dell’amministrazione guidata dal sindaco Riccardo Rossi. E’ presto per tracciare un seppur minimo bilancio e la macchina comunale è troppo incancrenita per sperare che possa marciare subito a pieno regime.
C’è però un aspetto che in questa fase stride palesemente con l’immagine che Rossi ha offerto di se stesso nei lunghi anni in cui ha rivestito i panni dell’attivista convinto, leader di un movimento che ha fatto della sua presenza sul campo l’emblema e la bandiera di ogni battaglia, soprattutto in difesa dei diritti dei più deboli, degli emarginati, dei poveri. I ragazzi di Rossi sono quelli che non hanno paura di sporcarsi le mani, di sedersi per terra, di affrontare anche le sfide più disperate e senza speranza. Il suo movimento è stato protagonista di iniziative straordinarie, basti ricordare piazza Vittoria completamente ricoperta di viveri destinati ai terremotati di Amatrice.
Ora però ci si aspetterebbe da lui qualcosa di più concreto in questa direzione, visto che è il sindaco della città (oltre che il presidente della Provincia) e non più solo un ostinato consigliere d’opposizione. E’ vero, un paio di settimane fa – sulla scia di ciò che avevano fatto altri sindaci – ha deciso di “disubbidire” al governo affermando che il porto di Brindisi sarebbe stato aperto ad accogliere eventuali arrivi di immigrati checché ne pensasse Salvini. Un gesto formalmente generoso, soprattutto mediatico, ma che avrebbe avuto lo stesso identico valore se fosse stato compiuto da un consigliere d’opposizione.
Perché si sa (e lo sa di certo anche Rossi) che il sindaco non ha alcun potere nella gestione del porto e che soprattutto non può opporsi alle decisioni del governo della Repubblica italiana.
Va bene, prendiamolo come un gesto simbolico, in memoria della secolare accoglienza che è l’emblema di questa città.
Ma non si può pensare di aprire il porto agli immigrati e poi lasciare il loro dormitorio senza le porte. E senza l’acqua calda, e con i servizi igienici rotti e con un numero di residenti che dio solo sa quanti sono in più rispetto al numero consentito.
Si ha l’impressione che Rossi non abbia ancora bene compreso quanto sia profondamente cambiato il suo ruolo che non è più quello degli slogan, delle urla, delle manifestazioni mediatiche, ma quello delle azioni concrete. E’ accaduto che un esponente di centrodestra, notoriamente tutt’altro che ben disposto all’accoglienza degli extracomunitari (Massimiliano Oggiano, Fratelli d’Italia) si sia preoccupato di andare a verificare lui in che condizioni vivono i poveracci alloggiati nel dormitorio di via Provinciale per San Vito. Non che abbia fatto chissà quale grande scoperta, visto che era risaputo che dentro quelle mura è un inferno. Ma se non ci si guarda dentro, comodamente anche per la coscienza, è come se il problema non ci fosse. Invece Oggiano ci è andato, ha documentato le condizioni vergognose in cui gli extracomunitari sopravvivono e ha chiamato legittimamente la Asl. Gli ispettori sanitari non hanno potuto far altro che prendere atto di quello che c’era e chiedere al Comune l’immediata chiusura del dormitorio.
Rossi, che evidentemente non c’era stato, altrimenti sarebbe stato il primo a gridare alla vergogna, ha reagito in maniera seccata: “Leggeremo la relazione della Asl e attenderemo la convocazione del comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica”. E poi subito dopo un altro slogan: “Chi pensa che queste persone possano abbandonare Brindisi si sta sbagliando”. Belle parole, ma solo parole.
Già nel recente passato il sindaco aveva in realtà assunto una posizione inusualmente distaccata dai problemi degli extracomunitari: quando ne furono picchiati a sangue due, presi a caso per strada da una coppia di balordi, non fece loro neanche una telefonata, né prese parte alla manifestazione di pace che qualche giorno dopo fu organizzata nel centro di Brindisi.
Si ha come la sensazione che la fascia di sindaco lo abbia proiettato verso altre dimensioni, allontanandolo da quella che era la sua essenza originaria, quella patina di coinvolgente umanità che forse si pensava potesse caratterizzare questa amministrazione comunale e per la quale molti lo hanno scelto.
Sembrerebbe, lui uomo di Sinistra, ispirarsi al modello di gestione che ebbe Domenico Mennitti, improntato sul rilancio della cultura e dell’immagine della città. Ma Mennitti, uomo di Destra e di profonda formazione intellettuale e politico tra i più importanti dell’Italia della seconda parte del ventesimo secolo, non faceva altro che improntare il Comune a sua immagine e somiglianza. Gli riusciva facile, gli era naturale. Non sarebbe potuto mai essere un sindaco di strada. Cosa che invece ci si aspetta da Rossi, visto il suo background.
Un sindaco che abbia a cuore i problemi della povera gente, che inauguri meno mostre e più cantieri, che vada laddove c’è bisogno della sua presenza. Nel dormitorio, nelle baracche di parco Bove, nelle palazzine di una periferia sempre più lontana dal Centro, nella Tuturano dimenticata. Per iniziare a cambiare la storia, a volte, sono sufficienti piccoli gesti.