Sigilli al Porto: sotto sequestro dodici varchi e la recinzione. Tutti i clamorosi retroscena

Risulta sempre più evidente la condizione di totale illiceità, amministrativa e penale, in cui ha operato l’Autorità portuale di Brindisi, in particolare nelle sue zone sottoposte a vincolo paesaggistico e archeologico, senza alcun rispetto delle competenze di altri organi (statali, regionali, comunali), preferendo sempre non adempiere a ciò che prevedono le normative e cercando soluzioni postume ai problemi, venutisi a creare per questo spregiudicato comportamento”: con queste motivazioni, supportate da un massiccio lavoro investigativo condotto dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria del comando provinciale di Brindisi, coordinati dal pm Raffaele Casto, il giudice per le indagini preliminari Stefania De Angelis ha di fatto posto i sigilli penali a tutte le vie d’accesso del porto di Brindisi. Il gip ha ordinato il sequestro preventivo non solo di tutte le strutture che alcuni mesi fa erano state già sequestrate e per le quali il tribunale del Riesame aveva disposto la restituzione, ma anche di dodici varchi d’accesso al porto (che vanno dalla stazione marittima a Costa Morena Est) e della criticatissima recinzione costruita lungo via del Mare, e che invano l’Amministrazione comunale dell’allora sindaca Angela Carluccio tentò di bloccare.
I sigilli sono stati apposti nella giornata di mercoledì da militari della guardia di finanza. Sette dei dodici varchi comprendono fabbricati contenenti spazi destinati a uffici e servizi e molti di essi sono sormontati da pensiline o affiancati da tettoie. Secondo il Piano regolare ancora in vigore, il porto avrebbe dovuto avere in realtà soltanto tre accessi. Per quanto riguarda la recinzione, realizzata in Korten, essa sarebbe stata costruita seguendo un tracciato (partendo dalla stazione marittima e sino alla banchina di Punta dell’Arco) diverso da quello previsto nelle tavole di piano regolatore portuale e di conseguenza delimitante aree diverse da quelle che dovevano rientrare nella cosiddetta “centrale di security”.
PRECEDENTI. Il giudice ha inoltre ripristinato il sequestro preventivo della strada urbana di quartiere a quattro corsie che dallo zuccherificio Sfir conduce alla banchina che un tempo ospitava la spiaggia di Sant’Apollinare; quello del ponte costruito per il superamento del canale del Fiume Piccolo e dell’enorme tettoia in cemento armato, invasiva, come tutte le altre opere, della fascia di rispetto dell’area sottoposta anche a vincolo archeologico. E infine di un muro di contenimento.
Un primo campanello d’allarme sul fatto che la vicenda potesse avere un’evoluzione clamorosa era suonato qualche settimana fa quando il Provveditorato interregionale per le Opere pubbliche aveva bocciato sia il sistema di recinzione della security che la realizzazione di ben 17 varchi rispetto ai tre previsti dal Piano regolatore, mai modificato.
Fondamentale per la costruzione dell’ulteriore impianto accusatorio, la testimonianza dell’ex dirigente dell’Urbanistica del Comune di Brindisi, Gaetano Padula: “Mai ho saputo di una tettoia e dei varchi 14 e 16 abusivamente realizzati dall’Autorità portuale nel 2015», ha dichiarato. «Avevo partecipato al bando di gara pubblica per la nomina di collaudatore di tutte le opere commissionate alla “R.A. Costruzioni” (la ditta che ha effettuato in appalto i lavori della security nel porto, ndr) per notizia giuntami dall’amico ingegnere Francesco Di Leverano e quando mi resi conto del fatto che c’erano irregolarità insanabili lo dissi a Di Leverano, segnalandogli la gravità della situazione ed escludendo che io potessi pormi in una situazione pregiudizievole”. E Padula aggiunge: “Io, l’avvocato Francesco Silvestre (delegato dal sindaco Carluccio), lo stesso sindaco, l’architetto Lacinio abbiamo fatto di tutto per convincere Di Leverano a mettere in regola le opere realizzate e da realizzare, sia in riunioni personali informali (ad una delle quali parteciparono anche il commissario straordinario Valente e il segretario generale Giuffrè), sia con un atto scritto che indiceva una conferenza di servizi. Ma a quella conferenza proprio l’Autorità portuale non si presentò”.
Nell’ordinanza di sequestro preventivo il giudice rileva un altro aspetto singolare: mentre le indagini penali erano già in pieno corso di svolgimento, e ormai ben note agli indagati, è stato anche redatto un verbale di collaudo dei lavori di security svolti da “R.A. Costruzioni” e “Dab Sistemi integrati”. Era il 18 luglio 2018. L’atto è stato posto sotto sequestro.
LA RETE. La questione della recinzione di via Del Mare, realizzata in korten, materiale che dovrebbe simulare il color ruggine ma che di fatto sembra essere arrugginito davvero, è stata sin dalle prime settimane criticata dai cittadini. Secondo il progetto originario doveva essere realizzata completamente in cristalli, per consentire la totale visibilità del mare dalla strada. Ma l’Autorità portuale decise di cambiare tutto, facendo costruire la struttura con un muretto di base e i pannelli di korten. Fu lo stesso Padula a ordinare la sospensione dei lavori, su indicazione della sindaca Carluccio. Ma il Consiglio di Stato annullò quel provvedimento e la struttura venne completata in quel modo, così come fortemente voluto dall’Autorità portuale.
Paradossalmente quella recinzione, ricadendo su territorio comunale e non portuale, è l’unica che potrebbe beneficiare di una sanatoria da parte dell’Autorità portuale senza un conferenza di servizi. Tutte le altre no.
GLI INDAGATI. Restano per il momento cinque le persone indagate i cui nomi sono noti, mentre altre due risultano non identificate. Si tratta del direttore dei lavori di ampliamento della strada, Gianluca Fischetto, dell’imprenditore Gaetano Giordano, del funzionario dell’Authority Francesco Di Leverano, dell’incaricata per il monitoraggio archeologico della Soprintendenza, Antonella Antonazzo, e del collaudatore tecnico amministrativo delle opere, Antonio Iaia.
Nel novero delle persone inserite nell’inchiesta, ma che allo stato non risulta assolutamente essere indagato, c’è l’ex comandante della Capitaneria di porto, Mario Valente, nelle vesti di commissario straordinario dell’Autorità portuale. Nell’ordinanza di sequestro si legge infatti: «Tutto ciò che di nuovo è stato acquisito consente di ribadire che risulta evidente l’avvenuta consumazione, da parte di Francesco Di Leverano, Gianluca Fischetto e Gaetano Giordano, delle contravvenzioni ora enunciate, con spiccata prevalenza di responsabilità ricadente sul primo, probabilmente con l’istigatrice correità del commissario straordinario Valente», alla presenza del quale si svolse un incontro a Napoli i cui contenuti sono al vaglio degli inquirenti».
In serata il presidente dell’Authority, Ugo Patroni Griffi, ha diffuso una nota con la quale dichiara: «Siamo grati alla magistratura che ci ha permesso di approfondire alcune opacità del passato riguardo ad alcuni acquisti da parte di privati di beni demaniali. Per ciò che afferisce il sequestro riteniamo vi sia un equivoco relativo alla natura dell’Autorità di Sistema Portuale e i conseguenti i procedimenti amministrativi per la realizzazione di opere portuali. Equivoco che auspichiamo venga al più presto chiarito».