
Di Alessandro Caiulo per il numero 392 de Il7 Magazine
Nel primo pomeriggio di martedì 25 febbraio le campane delle chiese di Latiano e Pompei, all’unisono, hanno cominciato a suonare a festa: da Roma era rimbalzata, senza preavviso alcuno, la notizia che Papa Francesco, che il giorno prima aveva convocato nella stanza del Policlinico Gemelli dove è da qualche giorno ricoverato, il Segretario di Stato Cardinale Pietro Parolin, aveva firmato il decreto con cui veniva accolta la richiesta di canonizzazione del Beato Bartolo Longo; un annuncio atteso da decenni da milioni di devoti della Madonna di Pompei, particolarmente sentito dalle comunità di Latiano, dove è nato ed a cui è rimasto sempre profondamente legato, e Pompei, città di cui è stato il fondatore e dove è vissuto ed ha operato per cinquant’anni.
Il Vescovo di Acerra, monsignor Tommaso Caputo, che tanto si è speso per questa canonizzazione, ha subito espresso la gioia sua e della intera famiglia del Santuario ed anche tanta riconoscenza per Papa Francesco: “Ogni parola sembra incapace di spiegare tutta la nostra commozione e la gratitudine per il Papa che, pur in un momento di sofferenza e dalla cattedra speciale dell’Ospedale Gemelli, ha voluto concedere a tutti i devoti della Madonna di Pompei, ovunque nel mondo, questa grande gioia.”
I Padri Cistercensi del Santuario di Cotrino di Latiano, sua città natale, definiscono la santificazione di Bartolo Longo un momento storico per la Chiesa Cattolica e per le comunità di Latiano e di Pompei: “L’annuncio della sua santificazione arriva a celebrare il cammino di conversione e di carità che ha caratterizzato la vita di un uomo che, partito da un passato segnato dalle tenebre, ha trovato la luce nella fede, diventando un instancabile promotore del culto della Madonna del Rosario e fondatore del Santuario di Pompei. Un segno di speranza per il mondo di oggi. Il legame di Bartolo Longo, nei confronti della Madonna di Cotrino è stato particolarmente intenso e certamente il volto materno, tenero e amoroso dell’effigie miracolosa non ha lasciato indifferenti l’animo e il cuore del futuro apostolo di Pompei, legatissimo all’immagine mariana di Cotrino e al Monastero dei padri Cistercensi, la cui presenza e custodia fu fortemente voluta da Bartolo Longo, come testimonia l’enorme corrispondenza epistolare con l’abate, che si conserva nell’archivio dell’abbazia di Casamari. Sulla presenza dei monaci cistercensi a Latiano Bartolo Longo merita un posto del tutto particolare. Fu proprio il beato latianese che si interessò della venuta dei monaci cistercensi a Cotrino, affinché il “suo” santuario avesse una custodia permanente e calorosa”.
Anche il vescovo di Oria, mons. Pisanello ha diramato una nota in cui esprime gioia e soddisfazione per avere il Sommo Pontefice approvato i voti favorevoli della Sessione Ordinaria dei Padri Cardinali e Vescovi membri del Dicastero per la canonizzazione del Beato Bartolo Longo, fedele laico appartenente, per nascita, proprio alla Diocesi di Oria.
Così monsignor Pisanello lo ricordò in occasione di un pellegrinaggio diocesano al santuario di Pompei: “150 anni fa, qui a valle di Pompei iniziò il cammino di conversione di Bartolo Longo che, dopo gli anni trascorsi lontano dalla fede, si chiedeva come poter recuperare il male fatto a sé e agli altri. Sente così una voce nel cuore che gli suggeriva: ”Se propaghi il Rosario sarai salvo”. Questa ispirazione gli ridiede la vita, perché il rosario ci dà vita. Attraverso la carità ha permesso a Dio di far fiorire questo deserto. Preghiera e carità sono state le sue braccia, la Vergine Maria una madre che ci consola, per usare le parole del beato: una catena dolce che ci riannoda a Dio”.
Bartolo Longo nacque a Latiano il 10 febbraio del 1841 in una famiglia benestante, all’età di sei anni fu mandato a studiare presso il “Real Collegio Ferdinandeo” di Francavilla Fontana, gestito dai Padri Scolopi e, più grandicello, a Brindisi. Successivamente si recò a Napoli dove, a 23 anni, conseguì la laurea in Giurisprudenza e, tornato nella sua Latiano, cominciò ad esercitare la professione di avvocato. Insoddisfatto dalla dimensione provinciale ed in preda a crisi mistiche che lo avvicinarono allo spiritismo fece ritorno a Napoli e dopo un momento di sbandamento che lo allontanò dai precetti cristiani, rinsavì e provvidenziale fu l’incontro con la contessa Marianna Farnararo de Fusco, in conseguenza del quale si ritrovò, un giorno, nella Valle di Pompei per gestire i beni di sua proprietà.
Ed è proprio a San Bartolo Longo che si devono non solo la fondazione di uno dei più celebri e frequentati santuari mariani al mondo, la diffusione planetaria della pia pratica del Rosario e infinite opere di carità, ma anche la nascita, dal nulla, dell’attuale città di Pompei lì dove da secoli vi era solo una distesa di lava, pietre e fango, dove quei pochi contadini che la provavano a coltivare facevano la fame ed i loro figli camminavano scalzi e seminudi anche di inverno. Quando vi giunse un secolo e mezzo addietro, per curare gli interessi della proprietaria del latifondo, la citata contessa De Fusco – rimasta vedova giovanissima con cinque figli in tenera età – lungi da voler trarre un qualche guadagno dalla situazione, come sarebbe stato del tutto lecito fare, fu talmente colpito, scosso e commosso dalla miseria senza fine che scorreva come lava infuocata sotto i suoi occhi, che cominciò a girovagare senza meta in mezzo a quella miseria, meditando sul da farsi ed era quasi sul punto di mollare tutto e riprendere la sua vita normale e sentiva tutto il peso della sua anima dannata per via dei suoi trascorsi giovanili in una setta spiritista non dissimile da quelle che compivano pratiche sataniste. A quel punto una voce lo trapassò come una spada – non importa se sia stata una voce interiore o di provenienza soprannaturale – dicendogli: “Se cerchi salvezza, propaga il Rosario. È promessa di Maria. Chi propaga il Rosario è salvo!”. All’appello rispose subito presente e, come sui stesso raccontò, alzando il volto e le mani al cielo supplicò la Vergine dicendo «Se è vero che tu hai promesso a San Domenico che chi propaga il Rosario si salva, io mi salverò perché non uscirò da questa terra di Pompei senza aver qui propagato il tuo Rosario!”.
All’epoca aveva trent’anni e tutto ciò che fece per i successivi cinquant’anni della sua vita lo compì, facendo olocausto di sé, per espiare le sue colpe di gioventù e per amore della Madonna, accompagnato con la stessa forza e devozione dalla contessa Marianna, nel frattempo, su consiglio diretto del Papa, divenuta sua moglie, al fine di mettere a tacere le maldicenze di chi non volendo credere alla castità della loro amicizia, gettava artatamente fango su di loro per creare discredito.
Si tenga presente, a maggiore dimostrazione della purezza di spirito del nuovo santo e del fatto che non voleva trarre alcun vantaggio dalla situazione né creare attriti con i parenti della donna, il loro matrimonio fu solamente religioso, per cui non aveva diritto ad alcuna dote, né sarebbe potuto essere erede della contessa una volta che questa sarebbe passata a miglior vita.
Dopo la morte della contessa, nonostante fosse molto anziano, i parenti di lei non ebbero alcuna remora a cacciarlo da casa, sicchè, per alcuni mesi fece ritorno nella sua Latiano. Ben presto, però, una vera e propria sollevazione popolare alle pendici del Vesuvio, pretese che tornasse a Pompei, dove i cittadini, riconoscenti per la sua opera civile e religiosa, lo accolsero a braccia aperte riconoscendolo come fondatore della città e, anche, santo in terra. Pochi mesi dopo la sua morte, avvenne anche il riconoscimento formale di Pompei come città autonoma da Napoli.
Fu Giovanni Paolo II, il pontefice mariano per eccellenza, che nel corso dell’omelia del 26 ottobre 1980, dalla Basilica di san Pietro, annunciò la elevazione di Bartolo Longo a Beato, evidenziando che non fu semplicemente “il fondatore del celebre santuario di Pompei, ma l’Apostolo del Rosario, il laico che ha vissuto totalmente il suo impegno ecclesiale; lo strumento della provvidenza per la difesa e la testimonianza della fede cristiana e per l’esaltazione di Maria santissima in un periodo doloroso di scetticismo e di anticlericalismo. A tutti è nota la sua lunga vita, ispirata da una fede semplice ed eroica, densa di episodi suggestivi, durante la quale sgorgò e si sviluppò il miracolo di Pompei. Iniziando dall’umile catechesi ai contadini della valle di Pompei e dalla recita del rosario davanti al famoso quadro della Madonna, fino all’erezione dello stupendo santuario e all’istituzione delle opere di carità per i figli e le figlie dei carcerati, Bartolo Longo portò avanti con intrepido coraggio un’opera grandiosa che ancora oggi ci lascia stupiti ed ammirati. Ma soprattutto è facile notare che tutta la sua esistenza fu un intenso e costante servizio della Chiesa in nome e per amore di Maria. Bartolo Longo, terziario dell’ordine domenicano e fondatore della istituzione delle suore “Figlie del santo rosario di Pompei”, si può veramente definire “l’uomo della Madonna”: per amore di Maria divenne scrittore, apostolo del Vangelo, propagatore del rosario, fondatore del celebre santuario in mezzo ad enormi difficoltà ed avversità; per amore di Maria creò istituti di carità, divenne questuante per i figli dei poveri, trasformò Pompei in una vivente cittadella di bontà umana e cristiana; per amore di Maria sopportò in silenzio tribolazioni e calunnie, passando attraverso un lungo Getsemani, sempre fiducioso nella provvidenza, sempre ubbidiente al Papa e alla Chiesa”.
Tante sono le “tracce del Santo” ancora visibili e visitabili nella sua città natale: sono i luoghi che hanno segnato la sua vita, a partire dalla sua casa natale, una costruzione signorile in via Santa Margherita, risalente alla prima metà dell’Ottocento, ora di proprietà comunale ed accessibile al pubblico, dove, anche se non ci sono più gli arredi originari, vi sono i quadri e i tabelloni apposti sulle pareti che ne ripercorrono la vita e le opere.
Anche la Chiesa Madre, fatta rimettere a nuovo a cavallo fra i due secoli scorsi proprio da Bartolo Longo, attingendo al suo patrimonio personale è pregna di segni della sua presenza: vi è, infatti il fonte battesimale in cui, da neonato, fu immerso il 13 febbraio 1841, l’altare laterale è a lui dedicato e lì vi è oltre alla sua statua, una sua preziosa reliquia esposta alla devozione dei fedeli ed anche la riproduzione del famoso quadro della madonna di Pompei, un’altra preziosa tela da lui donata alla comunità latianese ed un paio di lapidi che ricordano le sue donazioni. All’interno della chiesa continuano l’apostolato di Bartolo Longo le suore domenicane figlie del Santissimo Rosario di Pompei, la congregazione che fu da lui fondata nel 1897, che proseguono nella preghiera e nelle opere di carità a beneficio di tutta la comunità.
Dirimpetto alla Chiesa Madre, nel Museo Ribezzi-Petrosillo, vi è un’intera stanza, piena di ricordi, a lui dedicata, che fu la stessa stanza che gli aveva dato rifugio quando, da vecchio, per alcuni mesi dovette lasciare Pompei rifugiarsi presso i parenti latianesi.
Nella piazza a lui dedicata, dove si affacciano le chiese di Sant’Antonio e del Crocifisso, vi è il suo monumento in bronzo realizzato su progetto dello scultore Giacomo Erriquez (mentre a Pompei, nei pressi del santuario dedicato alla Vergine del Rosario, vi è la splendida opera in bronzo realizzata agli inizi del nuovo millennio dall’artista latianese Carmelo Conte.
Per chi volesse compiere un pellegrinaggio completo sulle orme del nuovo santo, è doveroso un passaggio anche presso la cinquecentesca chiesa annessa all’ex convento dei domenicani, dal momento che San Domenico di Guzman, il santo raffigurato nella famosa tela del Rosario di Pompei, fu assai caro a Bartolo Longo e non può mancare un salto al Santuario di Cotrino dove le campane di bronzo del campanile della chiesa vecchia furono un suo dono personale.
Probabilmente la canonizzazione di Bartolo Longo fungerà ora da volano per una maggiore e migliore organizzazione di questi luoghi storici e di devozione forse non ancora valorizzati – anche dal punto di vista dell’attrattività turistica e dell’indotto che ne scaturirebbe – come meritano.
Alessandro Caiulo