Enzo Di Noi, uomo per bene: il comunista apprezzato da tutti

L’occasione dei cento anni dalla nascita del Partito Comunista Italiano ci consente di ricordare uno dei simboli della formazione politica locale da tutti riconosciuto come un esempio di onestà e di coerenza, un modo per riscoprire il valore dell’agire a servizio alla gente. Questa figura romantica porta il nome di Enzo Di Noi, un brindisino d’adozione che ha rappresentato l’espressione del comunismo dal volto umano e democratico, un intellettuale che attraverso i vari ruoli ricoperti ha contribuito a costruire la storia politica, sociale e sindacale, quella buona e concretamente rappresentativa, dell’intero territorio brindisino.
Raccontare la vita e le vicende di Enzo Di Noi richiederebbe tempo e spazio, proviamo a sintetizzare al fine di rendere piacevole e interessante la lettura, ma soprattutto per ricordare una persona da tutti ritenuta “pulita” e integra sotto il profilo morale e civile, “un dirigente moderno per l’epoca, quasi un autonomo, aperto a posizioni politiche meno radicali rispetto ai vertici di quegli anni” ci testimonia Carmine Dipietrangelo, che lo ricorda come un ottimo mediatore, sempre in cerca di una soluzione condivisa, “un uomo capace di comprendere prima degli altri il cambiamento, per questo guardava con interesse alle opportunità provenienti dai processi di modernizzazione”. Vincenzo nacque a Lecce il primo maggio del 1924, e per un sindacalista venire al mondo il giorno dedicato alla Festa del Lavoro potrebbe non esser solo una coincidenza, ma il segno del destino. Primo di sei figli, riuscì a diplomarsi presso l’Istituto Commerciale “Marconi” nonostante i numerosi periodi di interruzione degli studi causati dalle evidenti difficoltà economiche della famiglia, alternando l’attività didattica a diversi lavori, anche umili. Il padre Ferruccio, sino al 1939 brigadiere delle guardie municipali a Brindisi, era stato licenziato dal Consorzio Agrario per motivi politici, pagando a caro prezzo la militanza in forze politiche non gradite al regime. Già subito dopo la caduta del fascismo, Enzo entrò a far parte degli organismi giovanili del Partito divenendo segretario provinciale, prima di essere ammesso, nel maggio del 1945, a frequentare quattro mesi di corso sulla politica presso il celebre istituto di Frattocchie (Roma), la scuola ideata dal PCI per formare i quadri dirigenti del futuro, uno “strumento di organizzazione e acculturazione delle classi popolari” funzionante fino al 1993. Nell’immediato dopoguerra, infatti, la politica veniva posta al vertice delle attività umane, non erano ammessi “dilettantismo e faciloneria“, occorreva “dedizione e spirito di sacrificio” e una formazione specifica per conseguire le competenze necessarie in vista di un impegno di responsabilità pubblica nelle amministrazioni locali. Divenuto funzionario del Partito, nel marzo del 1946 venne arrestato, subendo ben otto mesi di reclusione preventiva, in occasione di una manifestazione di piazza indetta dai disoccupati e dai reduci di guerra, fu poi assolto dall’imputazione di istigazione e devastazione. Secondo l’avv. Ennio Masiello, suo amico ed estimatore politico, Enzo Di Noi “venne trattenuto il tempo necessario per non farlo votare al referendum monarchia-repubblica”.
Quell’anno fu anche eletto consigliere comunale nella giunta di sinistra guidata da Ciccio Lazzaro, di cui facevano parte anche Tonino Di Giulio e Mario Marino Guadalupi, e dal 1951 fu anche consigliere provinciale. È stato capo gruppo del PCI a Brindisi e capo cellula Commenda presso la sezione “Gramsci”, era considerato un serio candidato da proporre alle elezioni politiche, ma all’ultimo momento vennero preferiti altri nomi. Nel dicembre del 1947 il quotidiano di partito l’Unità lo scelse come collaboratore e corrispondente locale, un incarico che prevedeva anche il controllo della distribuzione e diffusione, affinché il giornale “sia messo subito in vendita all’arrivo del treno (previsto per le ore 17.30, ndr) e sia esposto su tutte le edicole”
“Marxista convinto, ma uomo altresì di profonda onestà intellettuale, rifiutava luoghi comuni e le rigidità del vecchio PCI” scrisse di lui Ennio Masiello nel dicembre del 1997 sul settimanale Senzacolonne (n. 41) in occasione del decimo anniversario della sua morte, per ricordare l’amico e far conoscere ai più giovani uno dei migliori leader storici del sindacato brindisino e della sinistra in generale. “Se assorbì senza traumi i fatti d’Ungheria del 1956 (la rivolta anti-sovietica duramente repressa dall’intervento armato delle truppe di Mosca che causò la morte di oltre duemilasettecento persone, ndr), al contrario fu molto scosso dall’occupazione di Praga del ‘68”. Nei primi anni Sessanta entrò nel direttivo sindacale della CGIL, divenne segretario confederale e diresse le categorie dei chimici, dei marittimi e degli edili. Di questa lunga ed intensa esperienza rimane memorabile l’accordo integrativo raggiunto a Roma con i vertici della Montecatini, la delegazione sindacale di cui faceva parte insieme a Elio Milani (UIL) e Angelo Landella (CISL), venne accolta al rientro a Brindisi con grandissimo entusiasmo e persino con una banda musicale. Sempre dalla parte dei lavoratori del Petrolchimico, intraprese una serie di iniziative per salvaguardare posti di lavoro ma anche per tutelare la loro sicurezza, restano nella storia gli indimenticabili scontri e i dibattiti ideologici con il direttore dello stabilimento, ing. Giuseppe Bertone, contenuti però sempre nell’ambito del rispetto reciproco.
Enzo Di Noi non ha mai smesso di studiare, è riuscito a conseguire due lauree presso l’Università di Bari, la prima in Scienze Politiche nel 1974, la seconda in Giurisprudenza nel 1982, entrambe con il voto di 110 e lode. Nel 1976 conseguì anche una specializzazione universitaria in Diritto del lavoro, ancora con il massimo dei voti, lodi e congratulazioni della Commissione, di cui era presidente il prof. Gino Giugni, ministro del lavoro del governo Ciampi (1993-94) e già vittima di un attentato delle Brigate Rosse nel 1983. Il primo gennaio del 1971 era stato assunto come ragioniere alla Cassa Edile della Provincia di Brindisi, un anno dopo vinse il concorso interno come direttore dell’ente, fu allora che decise di lasciare la politica e gli incarichi sindacali, confessò ai più intimi che era contrariato dalle nuove modalità di scelta dei vari esponenti, non più basate sulla preparazione politica e culturale, ma su logiche ben diverse. Era già entrato in conflitto con alcuni dirigenti dell’epoca, certamente più ortodossi e meno propensi al cambiamento, ma nonostante la rottura, stima, affetto e rispetto rimasero immutati negli anni.
Tra l’ampia documentazione biografica conservata dal figlio Ferruccio, vi è una copia del verbale del Consiglio di Amministrazione dell’ente datato 28 maggio 1974 dove si propose, e venne approvato all’unanimità, un adeguamento del trattamento economico e normativo al direttore, ma fu lo stesso Enzo Di Noi che “responsabilmente dichiara di dover rifiutare il generoso riconoscimento”, in quanto le proprie mansioni “allo stato, rientrano nelle competenze dell’impiegato di prima categoria”. Altri tempi, altri metodi. Analoga coerenza e correttezza fu dimostrata in occasione dei corsi serali organizzati dall’Ente Scuola Edili, riservati agli occupati e disoccupati del settore edilizio e affini dell’intera provincia, istituiti dal 1974 dopo un vuoto trentennale, offerte formative che risultarono propedeutiche all’assunzione di numerosi lavoratori.
Alla Cassa Edili ebbe modo di conoscere anche il Dr. Gaetano Capeto, che sostituì Giovanni Pati nel ruolo di presidente, “un uomo di altra estrazione rispetto la sua, ma di cui divenne amico fraterno”, scrisse Masiello, in effetti all’apparenza potevano sembrare due figure incompatibili, in realtà erano uniti dai valori più autentici. Fu proprio Capeto a tracciare un primo e interessante ritratto di Enzo Di Noi: “era un uomo di insaziabile curiosità, sempre attento a quello che lo circondava, in lui la fede politica non costituiva un paraocchi. Fu lui a dare dignità giuridica a un istituto come la Cassa Edile. […] la sua grande passione era la pesca in mare, ogni momento era buono, anche se spesso tornava a mani vuote”; durante una immersione rischiò seriamente di perdere la vita, una volta fuori pericolo decise di vendere l’intera attrezzatura da sub.
Enzo Di Noi morì il 15 dicembre del 1987, due anni dopo aver raggiunto la meritata pensione, “ci ha lasciati prematuramente, avrebbe potuto darci ancora qualcosa” dichiarò quel giorno, addolorato, Gaetano Capeto.