I vantaggi della Dad – Racconti al balcone (seconda parte)

La sveglia suona alle otto e venti ma sono le urla della mamma a darmi la scossa. Un attimo in bagno a fare pipì, mi sistemo i capelli con le dita e torno a letto. Tanto non si vede. Ho messo uno sfondo fasullo, una bella libreria che sembra vera. Io non leggerei tutti quei libri neanche morto, mi piacciono i manga. Quelli sì che sono cultura, mica tutte queste parole inutili. Mi sistemo il cuscino dietro le spalle così sto bello dritto quando la prof fa l’appello. Poi mi regolo. Se interroga mi do per morto, tanto quella ci crede che non c’è la connessione. L’ho letto su Facebook che capita spesso. Anzi è stata la mamma a leggerlo. Ieri è entrata e mi ha chiesto se andava bene, perché le era arrivato un messaggio che non stava funzionando. Io vado su Instagram, mica su quelle cose da vecchi. Figurati se mi metto in un social dove sta anche mia madre e la prof. Mica sono scemo.
Ecco, vuole interrogare, speriamo che ci stanno i volontari. Io intanto tolgo audio e video e lascio Light, che mica lo conosce The Death Note. Mica se li legge i manga. Magari ad avercelo un diario che se scrivi il nome di uno che ti sta sulle scatole quello muore. Non proprio morire, ecco, sparire quando serve. La prof vuole interrogare, io scrivo e quella, whop, sparisce. Poi la faccio ricomparire solo quando deve spiegare. Che bella scuola sarebbe. Speriamo che non fa la tiritera su quanto è importante l’istruzione e su come ci insegna ad aprire la mente. Come se io non ci tenessi. Solo che ci sono tanti modi di imparare. Io le tengo le mie opinioni, ci stanno certi sul web che dicono un sacco di cose intelligenti. Pure nelle canzoni. Ma mica quella se li sente i trap che sentiamo noi. Secondo me, non è capace di andare su youtube.
I minchi come al solito si stanno dando da fare. Brava, prof, hai fatto bene a mettergli sei. Lo so come fanno, si passano le risposte. Stanno tutti con gli occhi bassi a smanettare sui cellulari. Tra loro e loro però. Figurati se le passano a me. Tanto che me frega, se continua così si impietosiscono e ci promuovono tutti. Che questa situazione ci stressa, a noi. Meno male, c’è ricreazione. La mamma è uscita, mi posso fare un panino. La Coca Cola è finita. Si fissa che non la devo bere di mattina. Ma perché? Lo sanno tutti che ti fa stare sveglio. Quasi quasi mi vesto. Vabbè, alla prossima pausa. Anzi, pure prima, tanto sta Light che mi copre. Ora mando un waths a Luca, così all’ora di educazione fisica ci facciamo una partita a Assassin’s Creed. Mica ci mettiamo a fare ginnastica in camera. Sta di nuovo la prof. Ok, ora che spiega mi faccio vedere così non può dire che non sto attento. Mi tengo il cellullare di fronte, così non dice che sto con lo sguardo giù a fare altro. Che è furba quella. “Martini, sei distratto”. Ecco, lo sapevo, tiene gli occhi che sembrano microspie. “No, professoressa, sto attento”. “E di cosa stavo parlando?”.
E che ne so io! Che me importa di Storia. Morti e stramorti che figurati se me li ricorderò mai. Menomale che ci sta Luca. “Dei Romani, no?”. Non ha detto niente. Avrà pensato che ho aspettato a rispondere per essere preciso. Luca ci ha azzeccato, il dito più veloce del west a mandare messaggi. Menomale che stava attento lui. Ha finito con questa lagna, c’è l’altra pausa. “Si, mà. Ci sta ricreazione”. “E dai mà, non lo posso fare adesso il letto, devo ripetere storia che ha detto che mi chiama”. Uffa, perché devo mettere in ordine io? Mica devo fare la casalinga da grande. Solo perché è diventata femminista alla vecchiaia, devo fare tutte le cose delle donne. “No, mà. Sta cominciando la lezione, mò”. Mannaggia. La prof vuole vedere i compiti. E chi li ha fatti! Chissà se Luca… Figurati, quello sta chiedendo a me. Scrivo nella chat che non sto riuscendo a condividere, che la connessione va e viene. Se non ci crede glielo faccio dire dalla mamma. Luca può fare la stessa cosa, tanto abita all’angolo di casa mia e tiene lo stesso gestore. Intanto mi metto la tuta. Così dopo pranzo esco. “Mi sto vestendo mà”. “Vado a prendere un poco d’aria con Luca, menomale che lo senti pure tu al telegiornale che teniamo bisogno di socialità”. “Lo so che cosa significa socialità, è inutile che mi sfotti. Anche cosa significa assembramento. Ma tanto siamo giusto io e Luca e qualche altro che viene ai giardinetti a parlare delle partite. E se arrivano le ragazze siamo solo dieci, undici. All’aria aperta mica ci infettiamo. E poi a noi viene leggero il covid”. Ma quanto è lagnosa. Che sta succedendo? Sto telefono vibra in continuazione. Quelli della classe sono impazziti. Come si rientra a scuola? Mica è finita la pandemia. E quelli mò vogliono vedere tutti i compiti. E chi li ha fatti? Se succede veramente, come faccio? Magari comincio a tossire e mi metto in quarantena. Tanto dicono che il tampone non è sempre vero. Se tengo i sintomi non mi devo neanche collegare. Mi devo prendere qualche cosa per fare salire la febbre. Prima era facile, bastava riscaldare il termometro con l’accendino.
Ma la mamma ha comprato la pistola che neanche ti tocca e mi ha fregato. Va beh. Poi ci penso. Se viene quella scema di Martina vedo se me li passa lei. Tanto è sicuro che gli piaccio. Gli faccio una carezza e si squaglia. Poi glieli faccio copiare a Luca. Ah, finalmente è finita. “Si, si, prof, studio, studio”. E come no? Non bastano tutte queste ore, davanti allo schermo? Poi mi vengono i problemi agli occhi. Che cos’è questo odore? “Mà, che si mangia?” “Buono il polpettone. L’hai comprata la Coca Cola?”.
(2 – Fine)