Il Castello Svevo di Brindisi: per mare, per terram

di Alessandro Caiulo per il7 Magazine

Il rapporto fra Brindisi ed il mare è da sempre così stretto, avvolgente e pregnante che i brindisini, fra lo stupore di chi conosce poco o niente di questa città, chiamano “Castello di Terra” l’imponente ed antico maniero che si affaccia sul mare del Seno di Ponente, di proprietà del Demanio dello Stato e sede attuale del Comando della Brigata Marina San Marco, dal momento che il Forte a Mare è quello che, costruito sull’Isola di Sant’Andrea, all’imboccatura del porto, è circondato per tutti i suoi lati dal mare e, anzi, si può ben dire che il mare penetra in esso, attraverso la sua incantevole Darsena.
Ed è del Castello di Terra o Castello Svevo, che voglio parlare questa settimana, approfittando di una recentissima visita guidata a cui ho potuto partecipare nell’ultimo fine settimana di febbraio.

Il castello deve il suo nome alla sua stessa origine, fu infatti edificato per ordine diretto dell’Imperatore Federico II di Svevia il quale, all’epoca (fra il 1225 ed il 1228), si trovava a Brindisi oltre che per il matrimonio con la principessa di Gerusalemme Jolanda di Brienne, celebrato nella nostra cattedrale, anche e sopratutto per la preparazione della VI crociata.


Da fonti storiche certe sappiamo che le cinquanta navi dei crociati, armati di tutto punto, partirono proprio dal Seno di Ponente, dove era stato appena edificato il Castello Svevo, ed in esso hanno alloggiato, per circa un anno, i cavalieri teutonici fedelissimi dell’imperatore oltre che i saraceni provenienti dalla Sicilia al soldo degli svevi, il che fa presumere che nel 1227 la costruzione fosse già stata terminata.
Come è noto quella crociata si concluse per le vie diplomatiche con un trattato fra il sultano e l’imperatore che riprese così Gerusalemme facendosi riconoscere re della Città Santa proprio in virtù delle nozze celebrate a Brindisi. Questo accordo raggiunto con il nemico fece infuriare papa Gregorio IX, che avrebbe preferito il classico bagno di sangue per riprendere Gerusalmme, tant’è che aveva già provveduto a scomunicare Federico II perché tardava a partire per la terra santa. A dire il vero l’imperatore, durante la sua “carriera”, ricevette ben tre scomuniche: due da parte di Gregorio IX ed una terza da parte del successore Innocenzo IV ma, evidentemente, non gli facevano né caldo né freddo.

Tornando al nostro castello, va detto che, con ogni probabilità, come si era in voga fare nel medioevo, gran parte del materiale utilizzato per la costruzione del castello fu ricavato dalla demolizione di alcuni tratti delle vecchie mura della città e di vecchi palazzi gentilizi in malora anche se qualcuno ipotizza, senza che ci siano riscontri ufficiali, che provenissero dall’anfiteatro romano che sorgeva in quei pressi.
Mezzo secolo dopo il castello, come anche Brindisi ed il resto della Puglia finì in mano a Carlo d’Angiò e furono appunto gli angioini a sopraelevarne delle torri e ricavarne all’interno un vero e proprio palazzo reale.
Fu Ferdinando I di Napoli ad ampliarlo notevolmente fin quasi a dargli la forma attuale attorno alla metà del XV secolo; le modifiche si resero necessarie a causa del proliferare delle armi da fuoco, sicchè fu costruita una seconda cinta muraria, più bassa e più spessa della precedente, munita di torrioni bassi e circolari mentre, laddove c’era il precedente fossato, furono creati nuovi ambienti non solo per i soldati ma, in caso di bisogno, anche per accogliere la popolazione civile.

Per poco più di un decennio, a cavallo fra il XV ed il XVI secolo, il castello passò in mano ai veneziani che lo fortificarono ulteriormente anche verso il mare e furono proprio i veneziani a descriverlo come “bello e fortissimo, che domina la città e gli altri castelli”, infatti, all’epoca, erano ben quattro e non due come ai giorni nostri, i castelli che si ergevano a Brindisi.
Adibito a bagno penale due secoli addietro durante il periodo napoleonico, per decisione del generale Gioacchino Murat, il Castello di Terra dopo l’Unità d’Italia, essendo i Savoia ben consapevoli dell’importanza strategica di Brindisi e del suo porto, divenne sede del Comando della Regia Marina, ospitando già durante il primo conflitto mondiale oltre che il comando stazione delle torpediniere e quello dei sommergibili, anche la mitica flottiglia M.A.S. (acronimo di Motoscafo Anti Sommergibile e Motoscafo Armato Silurante). Le stesse iniziali M.A.S. furono utilizzate dal sommo vate Gabriele D’Annunzio per coniare il motto Memento Audere Semper, il quale fu spesso erroneamente ritenuto come inneggiante al fascismo ma, in realtà, ben precedente all’instaurarsi del regime che, in qualche modo, se ne appropriò. Lo stesso D’Annunzio, non nuovo ad imprese eroiche per cielo, per terra e per mare, a bordo di uno di questi mezzi navali, riuscì a forzare il blocco della flotta Austro-Ungarica davanti alla baia di Trieste.
Forse è per questo equivoco che, nel leggere tale motto inciso a caratteri cubitali sul monumento al valore della Flottiglia M.A.S., che vi è all’interno della cinta muraria militare, dove sono riportate le più importanti missioni compiute nei due diversi conflitti mondiali a bordo di questi piccoli, agili e veloci mezzi nautici, qualcuno si stupisce.

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, quando Brindisi per cinque mesi ha assunto l’onere e l’onore di essere la capitale di una nazione che usciva con le ossa rotte dalla guerra, il Castello Svevo ha ospitato, fino al febbraio del 1944, il Re d’Italia Vittorio Emanuele III.
Mentre fino a metà del secolo scorso il Castello di Terra ha conservato più o meno intatta la struttura risalente a quattrocento anni prima, nell’immediato dopoguerra ha dovuto subire la costruzione della maggior parte delle posticce superfetazioni che ne abbruttiscono tuttora l’aspetto.


L’appuntamento per la visita guidata è al Corpo di Guardia in via dei Mille dove ad attendere noi visitatori e la guida l’archeologa Federica Gatti, c’è il Maresciallo Giuseppe Simeone della Brigata San Marco che non si limiterà a scortarci all’interno del presidio militare e farci, gentilmente, gli onori di casa, ma sarà molto utile sia per esporre la rilevanza attuale e concreta del castello di terra che per illustrare nel dettaglio i principali cimeli militari che esso ospita, specialmente nella sala storica del San Marco, dove ci ha fatto ripercorrere con la mente le pagine di storia scritte in oltre cento anni di attività dai valorosi Fucilieri di Marina italiani, con preziose testimonianze dell’importanza di Brindisi anche come porto militare e del ruolo che la Città ha avuto per la marineria italiana anche dopo l’Unità d’Italia e, senza soluzione di continuità, fino ai giorni nostri.
Nell’affaccio che ci è stato concesso di fare sul lato mare l’ha fatta da padrone la vista della imponente nave San Giorgio – che insieme alla San Giusto e alla San Marco sono di stanza nella Base Navale di Brindisi, organicamente dipendente dal Comando della Terza Divisione Navale della Marina Militare- con i mezzi anfibi blindati, ormeggiata proprio sotto al castello.

Molta curiosità ha destato, oltre che il già citato monumento commemorativo delle imprese belliche dei M.A.S., anche la chiesetta, intitolata alla Beata Vergine Stella Maris, classificata come parrocchia militare la quale, pur essendo una costruzione abbastanza recente, risalente a poco più di un secolo addietro, è poco conosciuta dai brindisini i quali hanno modo di vedere solo il suo lato “B” quando transitano nei pressi del semaforo di via provinciale San Vito: nel protiro di ingresso della chiesetta vi sono due leoni in marmo bianco che sicuramente, nella mente del progettista, dovevano rievocare il tempietto tanto caro agli antichi crociati di San Giovanni al Sepolcro, ma che ora sembra voler rappresentare anche il leone di Venezia, simbolo di quei fucilieri di marina che come Brigata San Marco – unico reparto militare al mondo a portare il nome di un santo patrono – hanno da mezzo secolo a questa parte, esattamente dal 2 settembre 1971, sede a Brindisi presso il Castello Svevo.

Rivolgiamo direttamente alla dott.ssa Federica Gatti, archeologa e guida turistica abilitata dalla regione Puglia, la quale ci ha guidato in maniera brillante, simpatica e dotta al tempo stesso, in questa passeggiata, nel tempo e nello spazio, all’interno delle mura e delle recinzioni di quella che i brindisini chiamano “la Difesa” (esaltando, in questo modo, forse inconsciamente, la funzione difensiva e non offensiva che deve assumere un presidio mili,tare) , qualche domanda in merito alla visita al Castello di terra e, più in generale sulla sua attività di operatrice culturale che svolge nel nostro territorio.

Il Comando di Brigata Marina San Marco ha da qualche tempo aperto, sia pure parzialmente, il Castello Svevo al pubblico concedendo, in virtù di un accordo col Comune di Brindisi, la possibilità di svolgervi, un paio di fine settimana al mese, delle visite guidate organizzate, all’uopo, dalla Fondazione Nuovo Teatro Verdi. Ci puoi raccontare qual è il percorso che fai seguire ai visitatori e quali sono le peculiarità principali di questo antico maniero?
“Il percorso che si segue comprende la cappella dedicata alla Stella Maris, dove vi è la tela della Madonna dell’ Odigitria (appellativo di origine greco-bizantina della nota immagine della Madonna col Bambino, n.d.r.), le torri dall’esterno, l’affaccio sul seno di ponente, la piazza d’armi, la sala Federico II e la sala storica della brigata Marina San Marco. Il Castello ci mostra la sua evoluzione da Federico II a Carlo V e poi l’attuale utilizzo come base della Marina”.

Nella tua attività di guida turistica non solo al Castello Svevo, ma più in generale a Brindisi, ti trovi ad interagire con diverse tipologie di pubblico; quali sono le domande più ricorrenti che ti rivolgono e quali le emozioni dei visitatori, specialmente quelli forestieri, che riesci a captare?
“Chi arriva a Brindisi è spesso di passaggio, vi è sempre un po’ di diffidenza tra i turisti! La prima cosa che chiedono è cosa c’è da vedere in città! Ma quando cominciano ad affacciarsi alla storia della città ed ai suoi monumenti si percepisce lo stupore e generalmente vanno via con la voglia di ritornare”.

Passiamo ad una domanda decisamente più personale; chi è Federica Gatti, che percorso di studio e professionale ha svolto e che soddisfazioni prova nello svolgimento delle sue attività?
“Beh, provengo da studi classici, sono laureata in Archeologia presso l’università del Salento e questo lavoro mi aiuta a trasmettere le mie conoscenze agli altri, specialmente gli studenti. Li posso aiutare a comprendere meglio la storia ed i modi di vivere dei nostri antenati”.
Per ultima una domanda che mi diverte fare a chi si occupa di storia e di archeologia; in quale periodo storico ti piacerebbe vivere e perché?
“Adoro la storia di Roma, quindi se dovessi scegliere un periodo in cui vivere sceglierei il periodo dei Romani! Credo sia stata la gloria del popolo italiano!”