
Di Marina Poci per il numero 383 de Il7 Magazine
Quando il regime fascista gli requisì per motivi di guerra tutto il legname presente nei suoi due capannoni di 800 metri quadri, privandolo di fatto dei mezzi di sostentamento, l’imprenditore Francesco Pignatelli, anziché abbattersi, si rifugiò nell’arte e nel sogno, regalando alla sua San Vito dei Normanni una delle sale cinematografiche più maestose d’Italia: è un sunto forse scarno, ma molto vicino alla realtà, della visione sottesa alla realizzazione del monumentale Cinema Pignatelli, fino al 1991 rimasto fiore all’occhiello della città e poi demolito quando la crisi dell’industria cinematografica deprivò di senso la dimensione collettiva dell’assistere alla proiezione dei film in sala.
All’impresa del sanvitese, che fu culturale ed economica insieme, è dedicata dal 22 dicembre e sino al 30 la mostra ideata e curata dal pittore Alfredo Passante Jr, che nei locali dell’ex Sir Antony, in Piazza Municipio, ha allestito un vero e proprio viaggio nella memoria in cui la Storia maiuscola, quella della settima arte, da Parigi a Los Angeles, passando per Cinecittà, si intreccia con la storia minuscola del sognatore che volle portare in uno dei comuni più piccoli della provincia brindisina uno dei cinema più grandi d’Italia, con una capienza di ben 1600 posti.
“Cinema Pignatelli: la fabbrica dei sogni”, che gode del patrocinio dell’amministrazione comunale di San Vito dei Normanni e della Università della terza età UNITRE e del supporto del Supermercato Famila, sponsor ufficiale dell’evento, è visitabile tutti i giorni dalle 18:30 alle 21: ha catturato l’attenzione dei sanvitesi sin dall’inaugurazione e continua a registrare un notevole afflusso di gente, tra nostalgici che hanno vissuto gli anni d’oro della sala cinematografica e curiosi che ne hanno soltanto sentito parlare dai più anziani del paese e sono interessati a conoscere la storia dell’edificio e il valore socio-culturale che il cinema ebbe per la comunità.
Le centoventi fotografie in esposizione, però, non si limitano al contesto locale: al contrario, coprono un arco temporale e geografico che va dalla prima proiezione cinematografica, avvenuta il 28 dicembre 1895 al Salon indien du Grand Café di Boulevard des Capucines di Parigi, ad opera dei fratelli Lumière, sino alla demolizione del cinema Pignatelli, che coincide con la crisi del cinema a livello mondiale, causata dall’avvento delle televisioni private e, successivamente, di VHS e DVD, anche in noleggio, che hanno relegato la visione dei film ad una dimensione prettamente casalinga.
“Il leitmotiv di questa mostra è l’arte sotto forma di cinematografia”, spiega Passante, “per questo ho pensato che fosse utile legare la storia del cinema Pignatelli alla storia del cinema mondiale e a tutto ciò che successe in quegli anni nel mondo, in Italia e a San Vito. Per contestualizzare l’epoca, ho raccolto testate di giornale, fumetti, testimonianze sui fatti di costume, dallo sbarco sulla luna ai vincitori del Festival di Sanremo, e ho suddiviso la mostra in sezioni che toccano i più diversi aspetti”.
“Francesco Pignatelli”, prosegue Passante, “è il classico self-made man: tra le due guerre mondiali andava in giro per le strade del paese con il suo carretto trainato da un somaro a vendere piccole cose, poi piano a piano aprì un modesto punto vendita, infine si dedicò al commercio della legna. Quando il regime gli sequestrò il capannone, non si perse d’animo e coltivò l’idea del cinema. Qualcuno forse pensò che fosse pazzo, ma anni dopo possiamo dire che la sua sia stata un’intuizione vincente: qui veniva gente da tutta la provincia, anche da Brindisi stessa. E persino gli americani della vicina Base Nato, che sicuramente di sale cinematografiche ne avevano viste, restavano sbalorditi quando entravano nella nostra”.
Il progetto di quello che diventò poi il Cinema Pignatelli, avveniristico per l’epoca e ancor più per un piccolo centro del Sud dedito prevalentemente ad un’economia rurale e artigianale, quale era la San Vito nei Normanni del periodo bellico, fu consegnato il 2 febbraio del 1943 alla Prefettura di Brindisi e al podestà, l’organo monocratico amministrativo che al tempo, dopo la soppressione degli organi elettivi comunali (sindaco, giunta e consiglio), si occupava del governo delle città. L’opera, anche soltanto sulla carta, impressionò i tecnici locali, certamente non avvezzi a una tale complessità tecnologica: il tetto del cinema, infatti, era dotato di un ovale gigantesco la cui apertura era comandata da due argani meccanici che consentivano, nelle serate di clima clemente, di assistere alla proiezione potendo osservare nelle pause il cielo stellato.
Tenuto conto che il marito non era – notoriamente – un ammiratore del Duce, fu la moglie di Francesco Pignatelli, la signora Lucia, riconosciuta “Donna Italiana Fascista”, a intestarsi la domanda di autorizzazione, corredata dal progetto realizzato dall’ingegnere De Intinis, di Roma, già progettista del cinema Savoy, di stile futurista, e del teatro Vascello, entrambi nella Capitale.
I tempi di evasione della pratica furono estremamente brevi: appena una settimana dopo, il 10 febbraio, (un sogno, per la farraginosa burocrazia odierna!), il podestà Piero Dentice di Frasso (nonno dell’attuale principe), firmò il nulla-osta, precisando che il “regolare benestare”, così viene indicato il provvedimento concesso, era comunque subordinato all’accettazione del progetto da parte dell’amministrazione sanvitese e, soprattutto, alla definitiva approvazione da parte del MinCulPop, il Ministero della Cultura Popolare, avamposto della propaganda fascista e del controllo del regime sugli intellettuali e sui luoghi di diffusione della cultura.
I lavori per la realizzazione della struttura poterono iniziare soltanto a guerra finita: era il 6 novembre del 1946 quando, ipotecando tutte le sue proprietà a garanzia di un prestito ottenuto con la Banca Sanvitese, Francesco Pignatelli radunò un notevole numero di operai che, sotto la direzione del capomastro Michele Ancora, avviarono la costruzione. L’edificio fu ultimato l’11 settembre del 1949 e la dichiarazione di agibilità fu rilasciata dal Prefetto di Brindisi dopo poco più di due settimane, il successivo 28 settembre: al completamento dell’opera, fu la signora Lucia l’intestataria dell’iscrizione alla Camera di Commercio, mentre Francesco Pignatelli risultava quale “mandatario e procuratore speciale”.
Il primo film proiettato, nell’autunno del 1949, fu Per chi suona la campana, tratto dall’omonimo romanzo di Ernest Hemingway, con protagonisti Gary Cooper e Ingrid Bergman: “Per San Vito quella fu una giornata storica. I Vigili Urbani, allora si chiamavano così, e le guardie campestri, faticavano a contenere la folla nei dintorni dell’edificio. La fila per acquistare il biglietto era lunghissima, molta gente non riuscì ad essere presente alla prima proiezione. Qualche anziano mi ha raccontato che, in un momento storico in cui nel nostro paese l’illuminazione elettrica non era ancora particolarmente diffusa e in moglie famiglie si usavano ancora le candele, i sanvitesi proruppero in esclamazioni di meraviglia quando fu attivato il reostato che abbassò gradatamente le luci”, rievoca Passante.
Come nel più classico dei cliché consumistici, dove un tempo sorgeva la struttura del Pignatelli, si trovano attualmente un supermercato e una banca: quando l’industria cinematografica iniziò ad accusare le prime battute d’arresto, Antonio, il figlio di Francesco Pignatelli, che aveva continuato a gestire il cinema dopo la morte del fondatore, chiese all’amministrazione comunale dell’epoca di pensare ad una gestione pubblica della struttura, eventualmente anche rifunzionalizzando l’immobile come sala concerti, teatro e auditorium per convegni e conferenze, “ma”, osserva con rammarico Alfredo Passante, “l’invito non fu accolto. Forse non c’erano i fondi necessari a mantenere l’edificio, che sicuramente aveva costi altissimi. O forse non si comprese l’importanza che poteva ancora avere per la comunità. Assistendo personalmente alla demolizione, pensai al Pignatelli come al Nuovo Cinema Paradiso del film di Giuseppe Tornatore: quello fu un giorno triste per San Vito dei Normanni”, racconta il curatore della mostra. Le cui intenzioni, è appena il caso di dirlo, vanno oltre l’evento che si chiuderà il 30: “Se la vicenda del Cinema Pignatelli, con la sua triste fine, non sarà conosciuta dai giovani, significherà che non avremo imparato niente. L’idea, con il sostegno dell’amministrazione comunale, è quella di diffonderne la storia nelle scuole, perché i nostri ragazzi sappiano che i luoghi di cultura vanno preservati, non demoliti”, conclude Passante.