La speranza vien dal mare: andiamole incontro

Un giorno vi presenterò il fotografo clandestino che mi omaggia di scatti d’eccezione. Questo in foto, è il momento, colto dal suo obiettivo, di un’alba nuova, quella del 29 dicembre 2020, che coglie il “Pianeta” pochi istanti prima che sfolgori il suo raggio imperatore, con cui sovrasta ogni oscurità, scioglie i dubbi, le incertezze e uccide ogni ombra.
L’orizzonte marino è interrotto da uno skyline che unisce storia, tradizione e costante innovazione, il cui dialogo, bene lo sa, chi frequenta le cose brindisine non ha mai vissuto una relazione idilliaca, anzi, dire che sia una storia di insane incomprensioni è il minimo sindacale.
Lo scatto è preso dall’isola di Sant’Andrea, che da sempre ha assunto il ruolo di dialogante approdo tra il mare e la città.
È da qui che prende avvio la processione annuale dei Santi Patroni e non è un caso, ma la espressione vocazionale che vuole onorare quel luogo d’approdo della “speranza che viene dal mare” e che approda a Brindisi, da millenni porta d’oriente.
Nel vasto abbraccio che disegna la diga di Punta Riso che dall’isola si diparte e che amoreggia con le dirimpettaie isole delle pedagne, che fanno da varco per l’immensa area industriale-portuale disegna i tratti distintivi e non espressi di una potenzialità di cui è necessario assumersi la responsabilità.
Ahi voglia a mirare dalla diga l’orizzonte, in attesa, come fa chi siede incantato lungo la suggestiva “promenade” del porto interno o dalle scale virgiliane, come fosse il loggione della Scala in adorazione della decadente aria della “Madama Butterfly”: “Un bel dì, vedremo levarsi un fil di fumo sull’estremo confin del mare. E poi la nave appare…”
Di navi, naviganti, profughi o ricchi, Brindisi ne ha visti a milioni e se in apparenza a tutti ha aperto i moli, con nessuno ha dialogato e costruito dialogato sviluppo.
Quanto quell’area di mare e di approdi col vasto comparto di aree destinate ad attività di retro portualità ed industriali, siano appetite agli imprenditori, lo raccontano le cronache, ma sono lì a languire ed salare gli ultimi spasimi, afflitti da insana vocazione suicida.
Non esiste un modello univoco che a memoria può portarsi a giustificazione di un tentativo. Non esiste se non la univoca volontà di chi è venuto a Brindisi e disegnato un programma industriale, intercettato e maldigerito dagli interlocutori indigeni.
Nelle ore successive allo scatto si apprendeva che: “il Consiglio di Stato ha accolto l’appello dell’AdSPMAM sul completamento delle infrastrutture delle opere di security del porto di Brindisi, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, annulla tutti gli atti impugnati. Compensa interamente tra le parti le spese di lite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa”.
Una storia che ha tenute sospese, opere e lavori, opportunità e lavoratori, ad un instabile equilibrio durato circa 5 anni.
Vittime sconosciute, ignote ai più, non sono le ansie pancreatiche di qualcuno o le ulcere da ansia di tal’altro, no le vittime sono persone in carne ed ossa, donne e uomini, imprese e lavoratori, che non vedranno ripagato da nessuna terapia, manco fossero ristorati con energiche iniezioni finanziarie.
Sono andati perduti per sempre e mentre, legittimo il plauso, si brinda alla tenuta delle altre realtà pugliesi della medesima autorità, a Brindisi ad approdare, per solo scopo tecnico è la mega nave da Crociera della società “Costa” che dal molo di Punta Riso, gioca a far l’occhiolino al popolino brindisino che arriva al cancello del varco d’accesso e si domanda, poverino, come mai gli sia vietato d’andare oltre a mirare le orate e le spigole che fanno capolino fra le onde?
Ignaro il popolino del ruolo che assumerebbe quell’area se fosse strutturalmente implementata non per la passeggiatina meridiana ma a sostenere il traffico marino che al basso adriatico fa riferimento.
A Bari cominceranno i lavori di dragaggio del porto: Bravi. Nella loro etica spiccatamente negoziale, non ci sono voci dissonanti e gli intellettuali della città di Nicola parteggiano e per il porto e per il nuovo progetto di comunità di dare onore al santo con una statua gigantesca, accompagnata dalla benedizione dell’autorità portuale.
È l’inizio di un nuovo anno e da questa colonna clandestina, augurando alla città dove casualmente sono nato, un anno di speranza, mi piace fare un pensiero che a pochi interessa o peggio pochissimi comprenderanno.
Le aree portuali brindisine, sono sorvegliate, vigilate e protette da un sistema di sicurezza tenuto insieme da tecnologia moderna, ma anche da tanto lavoro di decine di donne e uomini che nel corso delle 24 ore garantiscono alla città, salvaguardia e sicurezza.
Nel silenzio e la riservatezza occupano il gradino più basso, ma il più nobile, mettendoci le ossa, il corpo, la faccia.
Le opere sequestrate e che da oggi tornano legittime, erano destinate al loro servizio, svolto comunque, nella precarietà, ma senza far mai mancare un grammo dei quelle necessità che l’area portuale pretende.
La differenza tra il dire e il fare, lo fa il fare e questi lavoratori, lo fanno senza apparire e senza pubblicità.
A loro i brindisini, dovrebbero guardare come esempio con un minimo di cordialità.
Buon 2021 e buon servizio ai lavoratori clandestini e grazie per la vostra professionalità.