Leonardo Saponaro l’uomo del Guinnes: «Pedalo per me stesso»

Adele Galetta per il7 Magazine

L’equazione di un record dell’ora in fondo è semplice: “Stringere i denti e mantenere il ritmo”. Il risultato è un numero: 57,18 sono i chilometri che ha percorso il 26enne Leonardo Saponaro su bici e con delle precise modalità, in una prova da lui stesso ideata e riconosciuta ufficialmente dal Guinness World Record qualche giorno fa, affermandosi nuovo recordman italiano e primatista mondiale in questa prova svolta alla vigilia di Pasqua nel Palasport 2006 di Ceglie Messapica.
“Non mi rendo conto di quello che ho fatto – racconta – non ho bene realizzato di essere il primo al mondo. Il mio risultato è stato superiore a quello di un campione olimpico o uno del settore. Così come, tuttora, non sono pienamente consapevole di quello che feci con il giro di Puglia in solitaria in 24 ore. Arrivai in Piazza a Ceglie con due ore e mezza di anticipo. Meglio così, resto umile. So che, comunque, si può fare di più.”
Questa ultima avventura di ultracycling arriva dopo la resa del luglio scorso quando Saponaro tentò, sempre ufficializzato dalla Guinness World Records, di pedalare per 15 giorni consecutivi su bici statica, con 5 minuti di riposo cumulabili ogni ora di pedalata, tentando di battere il primato di Jamie Mc Donald del 2012.
La prova fu annullata per collasso dopo poco più di 63 ore continue di pedalata affrontate con una tendinite al ginocchio e il caldo torrido. Una prova che nulla aveva a che fare con la vera essenza del ciclismo alla quale è abituato in quanto sfidava il bisogno fisiologico del sonno.
“Le cure per il collasso che ha posto fine alla prova le ho interrotte dopo poco più di una settimana per orgoglio, principalmente – continua a raccontare Leonardo – il mio cuore aveva bisogno di altro, non di pillole o altre medicine. A differenza dell’anno scorso, ho ripreso in mano le mie abitudini, facendo diversi tentativi e studiando quale rapporto mi consentisse di fare il maggior numero di metri in una pedalata senza mettere la gamba eccessivamente sotto sforzo. Un allenamento classico di ciclismo estremo che mi porta a percorrere 180 km, anche 260, coadiuvati da alcuni studi di fisica. Nel ciclismo la fisica è importante perché c’è tutta una serie di calcoli e che permettono di avere una resa in base alla potenza fisica. Sicuramente il fallimento dello scorso anno ha fatto si che arrivassi a questa prova con parecchio rancore e frustrazione. A luglio non sono riuscito a tenere fede a delle promesse. Da quel palco, come ho sempre detto, sarei sceso o col titolo in mano o in ambulanza come, poi, è accaduto ma quella esperienza mi ha regalato l’affetto di tante persone che non conoscevo e mi ha ripagato dei sacrifici fatti.”
E’ un ragazzo libero, caparbio e coraggioso Leonardo Saponaro che nei cinquantasette chilometri e diciotto di talento sprigionato sui pedali il pensiero è andato al padre che non c’è più e che ha dato il via a tutto questo: “Non ho mai voluto parlare della situazione che ho vissuto in Famiglia ma, oggettivamente, l’incidente di mio padre e la sua scomparsa mi hanno provato molto considerato che eravamo minorenni io e miei fratelli all’epoca. In quinta elementare, dopo un’esperienza nella pallavolo, ho rispolverato una vecchia bici che c’era in garage e me ne andavo in giro nelle campagne. Fino a quando non mi hanno beccato un giorno a Polignano. E così la bici ha iniziato ad avere un peso più importante: mi sono iscritto ad una squadra, ho iniziato a fare le prime gare con discreto successo e la mia vita si è incrociata con quella di Ciro Brittannico, il Patron dell’unica squadra pugliese di ciclisti Elìte 23 che a 17 anni mi disse espressamente: “Tu devi correre nei professionisti”.
La crisi economica, però, costrinse alcune società a chiudere perché molti sponsor si ritirarono: “Ho rinunciato a proposte, anche, da fuori Italia perché ero fiducioso che in Puglia si potesse portare avanti un progetto di rilancio del ciclismo ma così non è stato. Le gare, però, mi mancavano e per via di situazioni negative, ho sentito il bisogno di fare quel Giro d’Italia in solitaria nel 2015 che mi ha donato un cuore leggero per via di una promessa e per ripagare i miei genitori dei sacrifici fatti. Avevo promesso loro che sarei arrivato al Giro d’Italia. In qualche modo ci sono arrivato.”
Ora Leonardo ha messo in pausa le due ruote per tornare al suo primo amore (in egual misura, sottolinea, con la bici): l’arte. Una scultura ed un quadro lo aspettano ma il sellino è sempre pronto: “L’arte come il ciclismo è un mezzo per esprimermi, per vedere quali reazioni riescono a suscitare un mio quadro ad esempio o una prova. Per ora preferisco dedicarmi al lavoro e mi riservo il fatto che se ci saranno le possibilità economiche mi toglierò qualche altro sfizio. Per adesso sono a posto così. Sono riuscito a fare tutto questo senza guadagnare nulla se non un certificato e grazie a fondi miei e a quelli di coloro che hanno voluto collaborare. Mi auguro che in futuro si possa investire di più nello sport, in tutti gli sport.”
Istinto e rigore accompagnano questo ragazzo di Ceglie Messapica insignito, inoltre, con vari premi e riconoscimenti, oltre ad aver rappresentato l’Italia per ben due volte nei Campionati nazionali di ciclismo: “Pedalo per me stesso e come tutte le cose che ho fatto, sono piccoli obiettivi che mi sono posto per tirarmi fuori da tante situazioni morali difficili. Ringrazio tutte quelle squadre che hanno creduto in me e dato la possibilità di pedalare per voglia e non per dovere.”