Piazza Cairoli e le sue fontane: tutte belle, ma senza nome

Al centro dell’ampia piazza dedicata ai cinque fratelli Cairoli, patrioti e figure di spicco del Risorgimento, è collocata la fontana detta “delle Ancore”, uno dei monumenti più rappresentativi della città dove i turisti in transito amano particolarmente farsi fotografare. La sua denominazione non corrisponde alla realtà ufficiale, il nome è stato infatti pensato da Giacomo Carito e da Roberto Caroppo durante la preparazione del volume “Brindisi Nuova Guida” (1993), interpretazione basata sulla tipica conformazione del monumento, contraddistinto dalle quattro ancore equidistanti su una base circolare, a simboleggiare una rosa dei venti. Da allora il termine è divenuto di uso comune, utilizzato in maniera diffusa sia dalle guide turistiche che nella documentazione pubblica e formale. In realtà, esaminando il carteggio conservato nell’Archivio Storico del Comune di Brindisi, l’opera viene sempre definita come “fontana monumentale di piazza Cairoli”, una titolazione forse troppo vaga e per questo, probabilmente, non ha mai fatto presa nel cuore dei brindisini.
Anche la precedente fontana, curiosamente, aveva subito l’identica sorte: l’ampia vasca circolare realizzata nel 1921 e interamente modificata dieci anni dopo, è infatti ricordata nelle cronache cittadine come la “fontana delle rane”, un nome di fantasia scaturito dalla presenza di ranocchie e tartarughe in pietra sul bordo esterno. Ma andiamo per ordine. Piazza Cairoli è sorta solo alcuni anni dopo l’inaugurazione della stazione ferroviaria (1865), quando fu necessario collegare il nuovo scalo con il porto attraverso la realizzazione dell’importante arteria di Corso Umberto I (1869). Il suo aspetto rimase pressoché simile ad un anonimo slargo sino ai primi anni Venti del Novecento, quando finalmente si decise di realizzare una prima fontana con vasca circolare che permise alla piazza di assumere un aspetto certamente più decoroso. Sugli attestati ufficiali era identificata come “fontana artistica”, attribuzione del tutto esagerata vista la sua semplicità e la presenza di un unico zampillo d’acqua.
Alcuni anni dopo si volle dare maggiore magnificenza alla “piazza principale di questa città ove più si addensa il pubblico transito ed è percorsa dai forestieri che provengono per ferrovia o dal mare”, sulla quale si affacciava sia il Teatro Verdi, attivo già dal 1901, e il vicino cinema Eden (poi Impero, dal 1925 al 1966), pertanto, “in analogia di quanto hanno fatto altre città vicine”, si decise di “provvedere alla conveniente sistemazione della fontana suddetta”. Venne così deliberato nel marzo del 1929, dal commissario prefettizio Umberto Balestrino, l’intervento di trasformazione della fontana di Piazza Cairoli, con l’affidamento dell’incarico progettuale all’architetto cav. Saverio Dioguardi di Bari, autorizzando una spesa di lire quindicimila. Il mandato professionale si aggiungeva a quello per la sistemazione del piazzale della stazione (necessario per il collocamento del Monumento ai Caduti, mai compiuto), del Parco della Rimembranza e per la piazza dell’Ospedale.
Il “progetto d’arte” stilato dal noto architetto barese prevedeva la fornitura e posa in opera di una “fontana decorativa in pietra artificiale” fatta realizzare dalla ditta Fratelli Bollani di Bari, costruttori in lavori a cemento armato e decorazioni: nelle voci in fattura vi è la fornitura di due tartarughe e due lumache con i relativi basamenti, e una voce per la “modifica lumache trasformate in ranocchie”. Il costo complessivo, scontato, fu di quattromila quattrocento lire. Alle rappresentazioni di rettili e anfibi vennero aggiunti quattro fasci littori necessari a comporre la colonnina centrale sulla quale poggiava una caratteristica e raffinata coppa a conchiglia. La fontana era allietata da numerosi zampilli d’acqua che partendo dal bordo della vasca incrociavano gli spuzzi generati all’interno e alla base dal catino centrale. Fu deciso inoltre di commissionare all’Officina Elettromeccanica Cosimo Gigante di Bari un apposito impianto elettrico che generasse suggestivi effetti di luce, utile a “dare aspetto più grandioso […] specialmente in occasione di solennità”. Furono così installati undici fari con lampade di proiezione subacquee nella conca superiore, nella parte interna e in quella centrale della vasca, tutte protette da guarnizioni Pirelli e da appositi cristalli a chiusura impermeabile. In realtà l’impianto di illuminazione artistica, costato quindicimila lire, ha sempre creato una serie di problemi che andavano a inficiare il suo corretto funzionamento, lo si legge nelle numerose missive di sollecito per gli interventi di ripristino e/o di riparazione, dove il dispositivo veniva segnalato come inadeguato poiché “malamente eseguito […] insufficiente e non rispondente ai requisiti richiesti”.
Nonostante questi problemi, nel 1931 il monumento al centro di Piazza Cairoli era completato e veniva già identificato in tutti gli atti ufficiali del Comune con il nome di “fontana luminosa”, e in nessuna occasione come la “fontana delle rane”, denominazione vulgata con il quale invece è comunemente ricordato.
Sei anni dopo, il 26 gennaio del 1937, venne finalmente consegnata al Comune di Brindisi da parte dell’Ente Autonomo Acquedotto Pugliese la “Fontana Monumentale di piazza Cairoli”, quella che abitualmente chiamiamo Fontana delle Ancore. L’opera donata alla città era stata realizzata in pietra di Trani e di Fasano, con balaustra di pietra marmorea di Fasano (proveniente dalla cava di Giannecchia, oggi interamente esaurita) e alabastro di Locorotondo, fu ideata e disegnata dal geometra Gaetano Lepore, mentre l’intero progetto realizzativo è stato firmato dall’ingegner Cusani e dall’architetto Brunetti, tutti funzionari dell’EAAP. Fu certamente determinante l’intervento dell’onorevole Ugo Bono, il noto deputato del Regno d’Italia e all’epoca presidente dell’Acquedotto Pugliese, “nel rendere alla città una struttura che si riteneva necessaria per la compiuta definizione della piazza”. La fontana aveva un rivestimento interno fatto di mattonelle bianche di Sassuolo ed era munita di “cunicolo interno per l’accesso, di illuminazione elettrica al completo, di scarico, di sfioratore, di una camera di manovra per il funzionamento della pompe” di cui facevano parte una elettropompa centrifuga della portata di 4.200 litri al minuto per l’alimentazione dei quattro getti a lama e degli otto getti laterali, e una della portata di 1560 litri al minuto per l’alimentazione degli undici getti centrali, con manometri e rubinetti. L’illuminazione era assicurata da “proiettori ‘Mercurette’ a specchio con argentatura e relativa lampade di proiezione da 250 watt posti all’estremità dei fusi d’ancora, 24 lampade da 100 watt per illuminazione dei getti, 30 proiettori ‘Natrium’ e relative lampade a vapori di sodio da 70 watt per illuminazione della vasca principale” e da altre 64 lampade da 25 watt posti nei fusi d’ancora.
L’intorno della fontana è stato per decenni il luogo di ritrovo degli agricoltori brindisini: nel tardo pomeriggio la piazza veniva sempre affollata dai “villani” che qui si incontravano per discutere delle loro piantagioni, per organizzare i lavori e ingaggiare i braccianti per la “sciurnata” successiva. Nonostante il divieto assoluto di entrare in acqua, nelle ore più calde d’estate non era raro vedere i ragazzini tuffarsi nella fontana, una tradizione goliardica che si è ripetuta spesso in occasione dei festeggiamenti sportivi.
A dicembre del 2020 si sono completati gli ultimi lavori di restauro, rifunzionalizzazione e adeguamento degli impianti elettrici, con la sostituzione dei corpi illuminanti (oggi a led), l’accurata pulizia delle parti lapidee, la rimozione delle parti degradate con sigillatura e stuccatura dei giunti e delle fessurazioni interessate dalle infiltrazioni d’acqua, e stesura di uno strato protettivo finale su tutte le superfici del monumento. In un precedente intervento era stata rimossa l’aiuola di coronamento della fontana.