Sandro Pertini entrò nei cuori degli italiani al punto da essere considerato, ancora oggi, il Presidente più popolare ed amato dagli Italiani. Fu una figura di grande rilevanza durante gli anni oscuri della politica italiana, riuscì a dare speranza e coraggio ai giovani e ai meno giovani, i suoi modi spontanei di approcciarsi alle persone, la sua umanità, il suo modo di comunicare con ostinazione i sani valori dell’onestà, di giustizia sociale, di legalità e dei principi morali, sono stati insegnamenti esemplari per tutte le generazioni.
Il settimo Presidente della Repubblica Italiana, in carica dal 1978 al 1985, ha effettuato una storica visita di Stato alla città di Brindisi, avvenuta durante il viaggio compiuto con la moglie Carla in diverse città della Puglia (Foggia, Bari, Turi, Taranto, Brindisi, Lecce e Maglie) dall’1 al 4 marzo del 1980, che mobilitò, ovunque, folle oceaniche di gente.
A Brindisi già un paio di ore prima dell’orario di arrivo previsto, lungo tutto viale Aldo Moro, l’intero cavalcavia De Gasperi, i corsi Roma e Garibaldi ed il lungomare si era radunata moltissima gente per assistere al passaggio dell’amato presidente. Pertini giunse pochi minuti dopo le ore 18 di quell’indimenticabile 3 marzo 1980, la folla era davvero tanta: intere famiglie con i bambini in primo piano e sulle spalle dei genitori a sventolare incuriositi e felici le bandierine tricolori, tra applausi e il grido “Sandro, Sandro!”. Nei pressi di piazza della Vittoria, alla convergenza dei tre corsi, il corteo delle auto dovette procedere lentamente, quasi a passo d’uomo ed il presidente, commosso da tanta presenza, si erse in piedi dal tettuccio aperto dell’auto, e sorridente salutò con larghi gesti l’enorme folla di brindisini che con grande calore lo acclamava. Le forze dell’ordine facevano davvero tanta fatica a trattenere tutte quelle persone, animate dall’entusiasmo e speranzose di poter avvicinare il “loro” presidente e stringergli almeno la mano. “Una partecipazione che superava di gran lunga ogni previsione, anzi ogni immaginazione”, scrisse Ettore Giorgio Potì nella sua cronaca. Lentamente il corteo presidenziale giunse sul lungomare dove fu salutato dagli spruzzi bianco, rosso e verde degli idranti delle imbarcazioni e dalle sirene dei rimorchiatori, mentre i fasci di luce dei potenti riflettori vivacizzavano le acque del porto interno. Si arrivò alla Prefettura con alcuni minuti in ritardo rispetto all’orario ufficiale, il palazzo era illuminato a giorno ed era circondato, anche qui, da tantissima gente che applaudiva felice l’arrivo di Pertini, tutti lo chiamavano a gran voce “evviva il Presidente!”, “Ciao Sandro!”. Appena sceso dall’auto il primo pensiero fu ricambiare il saluto dei semplici cittadini che da ore attendevano il suo arrivo, e trasgredendo il cerimoniale, si avvicinò alle transenne per stringere la mano alla gente, sorridendo e ringraziando. Particolarmente emozionante fu la delicata carezza elargita ad un bambino che sventolava festosamente una bandierina.
Nella Prefettura si svolse la cerimonia ufficiale con la presentazione delle autorità e delle personalità cittadine al termine del quale vi fu un episodio curioso e simpatico: un paio di fotografi brindisini chiesero di poter posare in foto insieme al Capo dello Stato, ma furono fermati poiché nel cerimoniale non era previsto, non stava bene, ma Pertini, sentite le richieste dei sue operatori dell’informazione, li invitò con fare deciso: “ma quale cerimoniale, venite qui”, scambiando con loro anche alcune simpatiche battute ed apprezzamenti sulla loro attività. I due fotografi erano Carlo Fortunato e Damiano Tasco, quest’ultimo conserva gelosamente, incorniciato nello studio professionale, quel prezioso ricordo, rimasto vivo anche nella sua memoria.
Verso le 19.15 il presidente giunse in piazza Municipio su un’altra auto al fianco del sindaco Arina, qui ancora una volta fu accolto festosamente dalla folla acclamante. “Quanta gente, quanto calore – disse al sindaco – ringraziatela per me, sono commosso”. Pertini entrò nel Palazzo di Città sulle note dell’inno di Mameli e prese posto nella poltrona centrale della prima fila della sala del Consiglio Comunale per partecipare alle formalità previste dal protocollo. Era evidente a tutti i presenti la stanchezza dell’allora l’ottantaquattrenne statista, già reduce di una intensa giornata trascorsa a Taranto, dove aveva pranzato nella mensa insieme agli operai dell’Italsider (chiese espressamente fave e cicorie, il suo piatto preferito), e le brevi soste a Martina Franca, Locorotondo e Fasano. Lui però non fece mancare un sorriso ed una parola ad ogni esponente politico, sindacale, culturale e militare incontrato. Partecipò con grande intensità emotiva alla commossa cerimonia di consegna delle medaglie d’oro al valor civile e del diploma alle vedove ed alla madre delle tre vittime dello scoppio del reparto P2T della Montedison (Carlo Greco, Giovanni Palazzotto e Giuseppe Marulli), avvenuto poco più di due anni prima; nell’occasione fu consegnata anche una medaglia d’argento al valor civile in memoria della guardia giurata Giuseppe Siliberto.
Al termine, il Capo dello Stato si recò a cena a Palazzo Monenegro, ospite del Prefetto.
La mattina successiva il presidente Pertini volle andare in visita al Petrolchimico, un incontro fuori programma con i rappresentanti sindacali e i lavoratori, a cui portò solidarietà e conforto visti i gravi problemi della fabbrica e l’incertezza dei posti di lavoro. Una visita fortemente voluta e sollecitata dai delegati, confermata solo alcuni giorni prima. Pertini si ricordò di loro, dei loro problemi, e volle andare in fabbrica dove fu accolto all’ingresso della “portineria merci” con enorme entusiasmo e grande speranza da migliaia di “caschi rossi”. Qui tenne anche un breve discorso con il quale, senza fare promesse, assicurava l’impegno nel cercare una soluzione valida per garantire il mantenimento dei livelli occupazionali, un problema che riguardava tutto il Paese. Fece anche un vigoroso appello sull’altro male che tormentava l’Italia di quegli anni, il terrorismo, mettendo in allerta gli operai dall’illusione del potere ad un proletariato esaltato: “badate che costoro usurpano l’insegna dei brigadisti rossi. Io, amici miei, i brigadisti rossi li ho conosciuti, erano al mio fianco ed anche io ero un brigadista rosso nella guerra di Liberazione. No, questi sono dei briganti, non dei brigadisti!”.
Proprio nello stabilimento brindisino aveva prestato servizio l’ing. Sergio Gori, poi trasferito a Porto Marghera, dove fu ucciso alcune settimane prima proprio dalle Brigate Rosse. Erano gli anni cupi della Repubblica, nei mesi precedenti erano stati assassinati anche Piersanti Mattarella e Vittorio Bachelet, e la figura di garanzia di Sandro Pertini era quella giusta in un momento molto delicato per la nazione: fu scelto come presidente, due mesi dopo la morte di Aldo Moro, proprio per il suo passato da ex partigiano ed antifascista, e fu eletto con la più larga maggioranza mai registrata (832 voti su 995,con 121 schede bianche). Pertini è stato un grande politico dalla personalità straordinaria, “un uomo che, con impertinente garbo, ha messo il corpo e la faccia al servizio dello Stato – ha scritto di lui il professor Enrico Cuccodoro, docente di diritto costituzionale all’Università del Salento – sapendo dare speranza e coraggio in quei momenti bui. Uno statista che ha saputo creare un nuovo modo di fare comunicazione, mettendo al centro dell’attenzione la sua persona, pur non essendo egocentrico. Era popolare ma non populista”.
Sandro Pertini morì a Roma il 24 febbraio del 1990. Brindisi gli ha intitolato l’Istituto Professionale Alberghiero sito nel Parco Cesare Braico.