«Quella stretta di mano? Oggi non sarebbe più possibile»

Pensavo che fosse un gesto dovuto, lo dico con grande franchezza, non di forma ma di sostanza perché avevamo vissuto una campagna elettorale al vetriolo e quindi volevo legittimare la vittoria di Riccardo Rossi e porre una volta per tutte fine a quei veleni. E poi in una città come questa, in grande crisi, con una situazione di profonda lacerazione del tessuto sociale, ritenevo che quel gesto fosse generoso proprio per cercare di ricucire il contesto sociale e di legittimare ancora di più la figura del sindaco neoeletto. L’ho fatto di cuore, non me l’ha chiesto nessuno, anzi sono stati sorpresi tutti perché è stata una mia esclusiva decisione. Questo mio gesto ha provocato molto clamore, io l’ho fatto in maniera davvero sincera”: Roberto Cavalera ritorna su quella stretta di mano nel comitato elettorale di Riccardo Rossi, pochi minuti dopo l’elezione di quest’ultimo a sindaco della città. Era il 24 giugno 2018.
Cavalera, 51 anni, avvocato penalista, era stato scelto dalla coalizione di centrodestra come candidato alla poltrona di primo cittadino. E dopo la sconfitta bruciante, determinata dalla spaccatura con la destra sovranista, in pochi avrebbero scommesso sul suo impegno in Consiglio comunale, lui che era stato pescato dalla cosiddetta “società civile”. E invece ha di fatto preso in mano non solo Forza Italia, ma ha fatto da collante al centrodestra che in città sembra aver ritrovato una nuova unità. Ed è stato lui a chiedere, la scorsa settimana, le dimissioni di quel sindaco cui aveva stretto calorosamente la mano meno di due anni fa.
Cavalera, mi sembra di capire che lei non tornerebbe a stringere la mano a Rossi ritrovandosi in una situazione analoga a quella delle elezioni del 2018.
“Io oggi escludo che Riccardo Rossi, se dovessimo andare alle elezioni, sarebbe riconfermato sindaco. Se si dovesse votare, secondo me, non sarebbe eletto neanche a capo del suo stesso condominio. Quindi la sua è una domanda che comprendo, ma che non ha risposta. Io all’epoca l’ho fatto in maniera estremamente convinta, se dovessimo tornare a votare Riccardo Rossi non sarebbe più il sindaco di Brindisi. Ha deluso profondamente le aspettative. Non ci sarebbe nessuna mano da stringere.
Immagino che abbiate fatto una profonda riflessione su quello che è accaduto durante la campagna elettorale e che probabilmente vi siate resi conto di aver avuto una grandissima responsabilità nella vittoria di Rossi a causa della divisione tra voi e la destra, arrivando a presentare due candidati.
“La Lega, la parte destra della coalizione, presentò un proprio candidato sindaco scelto autonomamente, non perché chi rappresentava la coalizione che sosteneva la mia candidatura avesse dei problemi di carattere morale, questa è una grande balla che è stata rappresentata agli elettori, sia da parte di quella di destra che da parte del centrosinistra che sosteneva Rossi. Vi erano dei problemi di carattere personale, ma non si poteva dire in campagna elettorale. A parte questo, che ha pesato non poco nella frattura del centrodestra, ricordiamo che c’è la questione dei desiderata del sindaco, delle velleità personali, cioè la logica secondo la quale o a me o a nessuno, niente a me e niente a nessuno, che nell’area del centrodestra qualcuno ha traghettato. Tutto ciò ha portato sostanzialmente a questa frattura. Qui si è spacciato un problema di carattere morale che è un’invenzione da dare in pasto agli elettori per cercare di giustificare una scelleratezza. I problemi erano altri: erano di incompatibilità tra due persone, tra Mauro D’Attis e Massimo Ciullo”.
A proposito di D’Attis, non solo è il vostro parlamentare di riferimento ma è l’unico del capoluogo. Pensa che abbia avuto una responsabilità anche lui in quella sconfitta?
“Va tenuto presente il contesto nazionale che c’era in quel momento: la Lega era al governo con il M5S mentre Forza Italia era all’opposizione. Quindi anche a livello centrale vi era una alleanza che aveva lasciato fuori dal governo Forza Italia e l’esperienza delle Regioni, di tutte le tornate elettorali – che hanno visto il centrodestra ricompattarsi – doveva ancora iniziare. Il ragionamento va posto su due piani: l’esperienza brindisina sicuramente, ma c’è anche quella di carattere nazionale. Per altro noi a Brindisi, proprio a valle di questa situazione, abbiamo portato avanti un importante esperimento. Perché il messaggio politico che veniva da Brindisi, se qualcuno lo ha colto, era proprio questo: Forza Italia aperta al civismo, al centro moderato, che è un centro estremamente importante perché raccoglie una serie di consensi. Oggi più che mai dobbiamo guardare al centro moderato per raccogliere i delusi del Pd e del M5s. E’ un modello vincente anche rispetto a quelle forze di destra che in quel momento sembravano tirare con la Lega al governo”.
Che poi non è un esperimento così nuovo visto che aveva caratterizzato anche la precedente amministrazione comunale, quella di Angela Carluccio. E molti dei vostri in effetti venivano da quell’esperienza.
“Con noi vi erano alcuni esponenti della vecchia amministrazione e proprio forse questa incapacità di rinnovarci ci ha pesato un pochino. Ma la mia candidatura arrivò dopo un tavolo che era stato costituito diversi mesi prima. In quel tavolo, al quale Ciullo non partecipò, si consumarono determinate scelte e a valle di quelle scelte venne individuata una persona presa dalla società civile che potesse al meglio interpretare quel progetto politico. Sono arrivato con la squadra già fatta e comunque io ho fatto un profondo repulisti: non faccio nomi per ovvie ragioni di riservatezza, ma l’ho fatto. Nella mia lista non c’era nessun indagato. Ci poteva contestare il passato politico di alcune persone, ma nessuno può dire che nelle mie liste ci fosse una sola persona sottoposta a procedimento penale o semplicemente indagata dalla magistratura. Nessuna”.
La vostra partenza nel ruolo di opposizione sembra aver risentito parecchio della sconfitta elettorale. Per il primo anno siete apparsi sfilacciati, poco concreti, disuniti. Insomma, rispetto all’opposizione bulgara che aveva affrontato la giunta Carluccio, quella di Rossi è sembrata piuttosto spuntata.
“La risposta viaggia su due piani. Intanto io a Brindisi ho ricostituito il centrodestra, ho messo da parte quello che era accaduto durante la campagna elettorale, non ho fatto – a differenza di altri – una questione di carattere personale, avevamo perso e occorreva ricostruire il centrodestra che a Brindisi oggi funziona. C’è un tavolo politico e un tavolo composto dai consiglieri comunali. E’un merito che mi attribuisco perché l’iniziativa è stata mia e devo dire che da questo punto di vista ragioniamo a più teste. Noi come Forza Italia credo che abbiamo dato dei segnali sin dall’inizio. Certo che se si va da soli a contestare alcune scelte, è chiaro che la voce rimane sempre quella di un singolo e non di un coro. Da almeno sei mesi a questa parte credo che il centrodestra, anche attraverso i singoli interventi della Lega e di Fratelli d’Italia che si sommano a quelli di Forza Italia, oggi si stia facendo sentire in maniera più seria. Ma noi come Forza Italia penso che un impatto l’abbiamo sempre avuto scendendo nel merito di alcune scelte. Poi si riesce a contestare quando qualcosa viene fatto, ma se l’amministrazione ci mette un po’ di tempo a decollare è evidente che non è che ci sia molto da dire. I provvedimenti sono arrivati abbastanza tardi, per oltre sei mesi si è pensato solamente all’estate brindisina, a spendere soldi. Non ci sono state decisioni sui quali poter discutere e quindi incidere”.
Qual è secondo lei la pecca principale evidenziata dall’amministrazione Rossi. Ne avete chiesto le dimissioni, immagino siate giunti a questa decisione dopo una valutazione complessiva del suo operato.
“Il peggior difetto è l’autoreferenzialità. Il fatto di essere sordi a qualunque tipo di consiglio. Vede l’ultima che hanno fatto sulle rette della mensa? C’è giurisprudenza che dice che in corso d’opera non possono essere cambiate le carte in tavola. Pensano – eppure ci sono due avvocati in giunta oltre al segretario generale – che tutto ciò che viene in mente a loro sia la soluzione ottimale. Se tu gli fai notare che in realtà quella soluzione presenta delle criticità profonde, al punto tale da non poter essere attuata, la risposta è: quello che facciamo noi è fatto bene, tu fai opposizione, non conti nulla. Una totale chiusura rispetto a quell’apertura che io feci, non solo nel riconoscimento quella sera, ma soprattutto con l’astensione alle linee programmatiche del sindaco. Non dimentichiamo che noi ci siamo astenuti aprendo una linea di credito rispetto a questa amministrazione. Che ha deluso profondamente. L’arroganza politica, l’arroganza intellettuale, l’idea di sapere tutto. E’ un mix di incapacità e incompetenza”.
Ritiene che esistano incapacità amministrative concrete?
“Io credo che ci sia incapacità amministrativa rispetto a determinate questioni. Abbiamo visto con l’Abaco, rispetto alle clausole sociali, si è detto che non potevano essere inserite a garanzia dei posti di lavoro. Poi il sindaco presenta un emendamento sulla vendita della farmacia e inserisce sostanzialmente una clausola sociale pretendendo che chi acquista mantenga il livello occupazionale, ma quest’ultimo è di sette dipendenti e quindi sotto il profilo legale non c’è la tutela numerica, il requisito oggettivo previsto che è quello dei quindici dipendenti. Io ci vedo una arroganza politica, mista a una incompetenza politico-amministrativa”.
Brindisi si trova ad affrontare una situazione gravissima, quella del predissesto. Rossi ha più volte spiegato che è l’unica strada praticabile per evitare il default. Voi avreste adottato soluzioni diverse?
“Ci sono state due misure che ha proposto l’opposizione e che sono state totalmente snobbate dalla maggioranza: non dico che avrebbero evitato la declaratoria del predissesto ma sicuramente andavano esplorate anche all’interno di un ricorso al piano di recupero: una è la rottamazione. Noi abbiamo una legge dello Stato che dava la facoltà ai Comuni sino a un certo periodo di tempo di togliere interessi e sanzioni e di consentire il pagamento, anche rateizzato, della sorte capitale a persone fisiche e a persone giuridiche. Questo avrebbe consentito come è accaduto in tante altre esperienze nazionali, basti guardare i dati che sono stati diffusi dalla direzione generale dell’Agenzia delle entrate, una soglia che oscilla tra il 40 e il 50 per cento dei debitori che hanno fatto ricorso alla rottamazione delle cartelle. Voleva dire far entrare una liquidità importante nelle casse del Comune. La seconda misura è la cartolarizzazione: affidiamo – abbiamo detto -il patrimonio immobiliare del Comune di Brindisi a un gestore, a fronte di questo affidamento ci facciamo dare una somma liquida da concordare in proporzione alla stima dei beni immobiliari. Questa poteva essere una misura che se esplorata seriamente, anche con qualche intermediario di rilevanza internazionale, avrebbe potuto forse scongiurare il predissesto. Entrambe le proposte sono state scartate”.
Ritiene che tutte le ultime decisioni adottate siano state condivise con la giunta? Voglio dire, quanto secondo lei di Rossi c’è nelle decisioni di Rossi?
“Credo che Rossi lasci poco spazio agli assessori, o almeno questo è ciò che mi sembra di percepire. Poi dipende anche dalla capacità di confronto che lui ha con la struttura burocratica perché non ci dimentichiamo che anche da quel punto di vista il livello di confronto è estremamente importante. Dipende dalla qualità della giunta nella sua interezza.
E come valuta la sua giunta?
“Io non faccio un ragionamento sui singoli, io vedo una azione amministrativa di per sé che va avanti ancorata ai problemi del rientro perché il problema grave è questo: non è solamente quello che non riusciamo a recuperare in termini di crediti o ciò che spendiamo in termini di cassa. Il problema è che io non vedo nell’azione amministrativa di questa giunta una speranza per il futuro: non vedo politiche attive di sviluppo, per i giovani. Si è parlato tanto in campagna elettorale di quello che avrebbe fatto per loro. Non dimentichiamo tutta la programmazione relativa a trovare strumenti che potessero mettere insieme domanda e offerta: Rossi diceva “saremo nelle condizioni di essere noi soggetti che metteranno in comunicazione la domanda di lavoro con l’offerta. Ma quale offerta se le aziende da Brindisi scappano via? Questa è l’amministrazione anti industrialista, anche di uno sviluppo di modello industriale diverso da quello che abbiamo avuto per tanti anni. Da qui le aziende se ne vanno e quindi quale mediazione, quale politica attiva ha posto in essere? Quanti giovani sono stati assunti visto che era uno degli slogan che andavano a raccontare attraverso quei ragazzi che facevano sopra e sotto ai corsi e che secondo lui se avessi vinto io sarebbero dovuti andare via. Quei giovani nel frattempo sono andati via davvero nonostante la sua vittoria: ne sono rimasti solo in due che sono i consiglieri comunali di “Ora tocca a noi”. Gli altri se ne sono dovuti andare perché le statistiche sui livello occupazionali nella provincia di Brindisi sono drammatiche”.
Da qualche settimana questa scossa di protesta nei confronti dell’amministrazione comunale si è concretizzata anche sui social. Si tratta di luoghi fumosi in cui molti scrivono e pontificano, ma pochi poi effettivamente hanno la capacità e la voglia di mettersi in gioco o di dare un seguito alle divergenze espresse via web. Pensa che questa forma di protesta possa avere un seguito concreto?
“Sotto il profilo umano vedo un sindaco chiuso nella sua torre d’oro distante dalla città. Lo abbiamo visto questo atteggiamento in tutte le politiche che lui ha assunto: chiudiamo i corsi tanto i commercianti si attrezzano, aumentiamo il ticket delle mense tanto le famiglie che non hanno la possibilità di anticipare si organizzano. Questo atteggiamento, che ho definito da Ricky Re, è io decido e i sudditi eseguono. Alla fine però i sudditi si sono scocciati, non solo dell’atteggiamento perché sa, se si ha un buon sindaco può essere antipatico quanto vuoi ma la gente non si scoccia. La gente si è scocciata delle scelte che sono state fatte: l’amministrazione di sinistra-sinistra che mette le mani nei portafogli delle fasce deboli e invece salvaguarda la casta. Noi non siamo riusciti, quando io ero presidente della commissione Statuti e regolamenti, abbiamo portato in Consiglio comunale una proposta di taglio delle spese della politica e di taglio delle poltrone. La maggioranza ha presentato una proposta controproposta con cui ha aumentato le poltrone e le spese della politica. Oggi si aumentano gli stipendi dei dirigenti”.
Tra i componenti della maggioranza quello che è sembrato sempre un po’ distaccato è stato il consigliere Antonio Elefante, ma forse in pochi si sarebbero aspettati un’uscita così critica nei confronti dell’Amministrazione di cui fa parte.
“Io non voglio, per una questione di educazione e di rispetto delle persone, entrare nel merito delle questioni relative a scollamenti interni alla maggioranza. Ma le dichiarazioni di Elefante sono di carattere politico. Lui dice: noi siamo una giunta di sinistra, le politiche che stiamo facendo non sono politiche di sinistra ma di destra. E allora dove stiamo andando a finire? Questo dice Elefante. E io lo colgo come il richiamo di un esponente politico critico ma è una critica costruttiva. Mi dispiace vedere la reazione di Cannalire che ha parlato di “dichiarazioni fuori luogo per un raccogliere qualche like in più”. In realtà quella valutazione di Cannalire non tiene conto della profondità del richiamo di Elefante che fa un discorso politico senza strumentalizzazioni. Lui dice noi non possiamo attuare la politica vecchia e addirittura di destra, dobbiamo portare avanti politiche di sinistra, anche innovative. Che ovviamente Rossi non sta facendo”.
A proposito della Destra, qualche settimana fa c’è stata la clamorosa polemica sollevata dal dipendente della Multiservizi Sandro Trane e che è costata sia a lui che a lei, Cavalera, una querela da parte del sindaco.
“Io per questa storia mi sono preso una denuncia da Rossi. Tra qualche giorno ho un appuntamento con la Digos, glielo dico in anteprima: depositerò un dossier di 40 pagine, con 18 cartelle allegate di documenti. Credo che sia evidente a tutti quello che è accaduto: c’è stato un appoggio politico, la novità che ha poi comportato la mia critica per la quale Rossi anche qui in maniera del tutto improvvida ha ritenuto di querelarmi, è che lui era perfettamente consapevole di questo aiuto che gli veniva dalla destra che aveva sostenuto Ciullo. Non è stata una decisione di cui lui ha solo beneficiato, ne era ben consapevole e l’ha accettata. Io al ballottaggio non ho mai chiesto il voto dell’estrema sinistra, cioè quello di quanti vicini a Rossi non lo votavano più e lo avevano detto chiaramente. Io non mi sono aperto a quell’elettorato. Lui invece si è offerto all’elettorato che lui stesso nel corso del tempo ha sempre definito fascista, razzista, omofobo e xenofobo. Però evidentemente i voti dell’estrema destra al turno di ballottaggio gli facevano comodo”.
Avete chiesto nel corso dell’ultima conferenza-stampa le dimissioni di Rossi. Sono richieste che periodicamente le opposizioni fanno. Ma quanto ci credete davvero che il sindaco possa prendere in considerazione l’ipotesi di tornare a casa?
“Laddove non si dovessero verificare i presupposti su cui è fondato il piano di rientro – perché lui di quel piano si è assunto la responsabilità politica, dovrebbe dimettersi. Io non sto dicendo che lui è responsabile del buco perché a sinistra sono molto bravi nella comunicazione: hanno sottolineato più volte che il buco appartiene al passato. Siamo d’accordo. Nessuno ha mai detto il contrario. Rossi però si è assunto la responsabilità politica di risanare quel buco che viene dal passato. Se non dovesse essere in grado di farlo, la responsabilità ovviamente è sua perché le scelte le ha compiute lui, rimandando al mittente tutte le proposte che l’opposizione gli aveva fatto. Potrebbe far venire dei commissari per ripianare con dei tagli lineari e ulteriori tutta la spesa sociale. Però da quel punto in poi lui dovrebbe andarsene a casa. Se ha un minimo di decoro politico, di dignità istituzionale, lui in quel momento se non è in grado di ripianare, come ha detto lui e con ciò che ha previsto, si deve dimettere. Se ne deve andare a casa. Perché sarebbe veramente assolutamente inaccettabile un sindaco che fallisce nel riequilibrio dei conti pubblici, fa venire da Roma i commissari, quelli fanno i tagli e lui continua a rimanere al suo posto. Saremmo davvero davanti a una follia totale”.
Si ipotizza una sua candidatura alle prossime regionali che, a prescindere da questo, saranno una prima verifica qui a Brindisi sia della tenuta del centrosinistra (che in realtà alle primarie ha dimostrato di vacillare parecchio) che sul ruolo che il centrodestra può assumere dopo essere quasi scomparso negli ultimi tempi.
“Noi stiamo lavorando da due anni in maniera estremamente importante sul territorio. Forza Italia ha un numero rilevante di militanti e di simpatizzanti e una classe dirigente secondo me competente e attrezzata culturalmente e che ha tanta voglia di fare. Stiamo dando un segnale estremamente importante e ci aspettiamo nel prossimo impegno, dopo due anni di lavoro, di avere un ritorno significativo quantomeno a Brindisi e nel circondario. Guardiamo al centrodestra perché lo abbiamo creato, ma dovremo guardare – e sarebbe un grave errore non farlo – anche a tutta quella area dei moderati e all’esperienza civica che su Brindisi ha dato dei risultati importanti. Questo ci porterà, con il lavoro fatto di questi due anni a Brindisi, a mio giudizio a 1-2 punti percentuali in più rispetto a quelle che sono state le regionali passate. Pensiamo al rinnovamento: sarebbe un errore guardare alle nostre spalle, pensiamo a una nuova classe dirigente futura, a qualcosa che potrà avvenire. Non commettiamo l’errore di portarci dentro qualche esponente vecchio della politica locale. Gente nuova, pulita, competente che magari ha una esperienza amministrativa e che può puntare a un obiettivo importante. Non carichiamoci sempre i soliti cassoni pieni di rottami”.
Che sono poi quelli che hanno portato voti nelle ultime tornate elettorali e che hanno fatto comodo nonostante portassero nomi e cognomi tutt’altro che da verginelle.
“Ma guardi, lo abbiamo già vissuto sulla nostra pelle, il cassone pieno di qualche esponente della vecchia politica ci ha portato dei voti e ce ne ha fatti perdere cinque volte tanto, per cui secondo me avendo acquisito quella esperienza negativa, essendo io portato a non sbagliare mai due volte io faccio tesoro di quella sconfitta per puntare su una nuova classe dirigente”.
Mettendo da parte eventualità velleità alle Regionali, se si tornasse alle urne a Brindisi lei vorrebbe ricandidarsi a sindaco?
“Stando all’opposizione ho capitalizzato moltissimo. La mia esperienza la posso rimettere sul tavolo della discussione e della valutazione anche perché ho un carattere inclusivo. Sono una persona che ascolta tutti, che ha grande capacità di mediazione, non sono un soggetto che divide le persone e la fa litigare. Abbiamo una classe dirigente competente e strutturata. Forza Italia non ha persone che si sono improvvisate amministratori. L’esperienza che ho maturato la metterei a disposizione di una coalizione fresca, giovane, con idee future, che guardi a un centrodestra unito e con grandissima attenzione al centro moderato. Ovviamente Lega e Fratelli d’Italia sono due alleati fondamentali con cui ci sarà sempre un atteggiamento di onestà intellettuale, di franchezza e di correttezza”.
Come vede Brindisi nei prossimi dieci anni?
“Il trend dobbiamo modificarlo subito. Non dimentichi che in campagna elettorale noi abbiamo discusso sullo sviluppo urbanistico e si è affrontato il tema della cosiddetta deadline, cioè la linea di non ritorno, quella della morte, che il Cresme (Centro di ricerche di mercato, ndr) fissa nel 2036: secondo le statistiche in quell’anno Brindisi avrà una ampissima fascia di popolazione over 65. Questo significa che se arriviamo lì senza invertire oggi il flusso e le politiche, la città è morta. Brindisi arriverà a essere nel 2050, nel 2060 una città morta perché la gente non trova più lavoro, va via, i ragazzi studiano fuori e c’è un flusso di denaro importante che da qui parte per il nord Italia dove i ragazzi studiano e comprano i libri, pagano i fitti, fanno la spesa, pagano le rette universitarie. Ecco perché dicevo che c’è un problema di cassa ma l’amministrazione stai facendo in termini di politiche attive e di sviluppo lo zero spaccato. No allo sviluppo del porto, no allo sviluppo dell’area industriale, di cosa ci dobbiamo campare? Di carciofi? Certo, l’enogastronomia è un settore importantissimo, il turismo anche. Cosa ha fatto Rossi in maniera di turismo? Ha aggiunto la tassa di soggiorno. Quali sono le politiche attive che ha posto in essere in termini di flussi turistici? Dice che per l’estate brindisina i 600 mila euro non li considera spese ma un investimento. Bene, io ho chiesto e ancora oggi sono in attesa di avere i dati statistici, le percentuali che noi abbiamo di implementazione a Brindisi del turismo e dei posti di lavoro dopo aver speso 600 mila euro in una campagna dell’estate brindisina. Che avremmo potuto organizzare abbattendo fortemente questi costi come abbiamo fatto a Natale, cioè richiedendo l’intervento dei privati. E invece si è preferito spendere e spandere, tra feste e festicciole. Con la città che annaspa, la gente che fa la fame e con il rischio del tracollo finale dietro l’angolo”.