Ricciotti D’Amelio il garibaldino che partecipò al conflitto greco-turco

Negli anni a cavallo tra l’Ottocento ed il Novecento, alcuni dei paesi dei Balcani e del Mediterraneo orientale divennero il nucleo di costanti tensioni militari, un lungo periodo durato circa quarant’anni durante il quale l’opera frenetica della diplomazia internazionale cercava invano di fermare i numerosi scontri armati. In questo ambito andava a collocarsi l’insurrezione di Creta contro la prepotenza della Sublime Porta, e il conseguente conflitto tra Grecia e Turchia. Anche se il governo italiano era ufficialmente schierato contro i greci, il conflitto divampato in Tessaglia in realtà venne salutato con favore dalla stampa democratico-repubblicana e socialista italiana, apertamente filoellenica, un sentimento che raggiunse il suo apice tra il febbraio e il marzo del 1897, quando in molte città si tennero una serie di manifestazioni e nacquero veri e propri comitati e movimenti di interventisti i cui promotori venivano significativamente appoggiati dalle logge massoniche. In questo contesto molti italiani di orientamento libertario anarchico e socialista, insieme a vecchi e nuovi garibaldini che colsero l’occasione per tornare a indossare la giubba rossa, aderirono volontari all’appello di aiuto della Grecia, arruolandosi per partecipare direttamente alle operazioni belliche, con il consenso dell’opinione pubblica italiana.
I gruppi di volontari, di cui facevano parte anche legionari provenienti da diverse nazioni europee, venivano organizzati e guidati da noti personaggi dell’epoca, come il colonnello Amilcare Cipriani, il mito della Comune di Parigi, Enrico Bertet e da Ricciotti Garibaldi, il quartogenito dell’eroe dei due mondi, al comando di un contingente che si distinse valorosamente durante lo scontro di Domokos, la principale e sfortunata battaglia della guerra fra l’impero ottomano e il regno greco.
Il deputato repubblicano forlivese Antonio Fratti, il principale sostenitore nazionale del proclama di Ricciotti Garibaldi per reclutare volontari, nella seconda metà di aprile del 1897 soggiornò a Brindisi nell’Hotel Europe, all’epoca ospitato nel Palazzo Pinto Barnaba al vertice tra Corso Roma e Umberto, in attesa del raduno e dell’imbarco per Corfù dei primi legionari, e proprio in una delle sale dell’albergo il deputato istituì un ufficio reclutamento di volontari disposti a partire e combattere con lui al seguito del generale Garibaldi. Aderirono alcuni giovani brindisini, tra loro Achille De Pace e Giordano Barnaba, arruolati nel 1° Battaglione Garibaldino, un corpo di Camicie Rosse sotto il comando di Luciano Mereu, un ex ufficiale più volte al seguito dell’Eroe dei due mondi, e Ricciotti Garibaldi D’Amelio. Quest’ultimo era nato a Brindisi il 24 maggio 1870 dall’avvocato leccese Oronzo D’Amelio e da Rosa Ungaro, brindisina. Il padre era stato un grande ammiratore di Giuseppe Garibaldi, e aveva deciso di chiamare i propri figli Menotti e Ricciotti, come quelli del Generale artefice dell’unità d’Italia, non era una scelta occasionale, tante altre famiglie brindisine e italiane infatti avevano voluto onorare allo stesso modo il grande condottiero e patriota italiano.
Ricciotti D’amelio aveva ereditato dal padre la passione per le gesta garibaldine, era pieno di entusiasmo giovanile, non ci pensò nemmeno un attimo e decise di arruolarsi come volontario nella Legione Cipriani e con la Legione Garibaldina per combattere al fianco del popolo greco insorto contro la secolare dominazione turca nel conflitto del 1897, considerato dai garibaldini italiani come ultimo atto delle lotte risorgimentali di popoli oppressi contro i dominatori stranieri, accendendo nei loro cuori quell’antico ardore legato all’ideale di guerra di liberazione e di redenzione dei popoli, il mito garibaldino per eccellenza.
Dal porto di Brindisi Ricciotti partì il 28 aprile insieme ad altri quarantasei degli oltre ottanta volontari italiani reclutati dall’on. Fratti, una volta giunti nell’isola greca proseguirono per Pireo e quindi raggiunsero la Legione garibaldina sul fronte, composta complessivamente da circa duemila unità. I giovani volontari erano “così allegri, così chiassosi, così gioviali che pareva a sentirli cantare, ridere o scherzare tutto il giorno che a una scampagnata andassero tutti insieme, non ad una pericolosa campagna di guerra”, scrisse nelle sue memorie il generale Ricciotti Garibaldi; non mancarono le dispute politiche e ideologiche fra gli ufficiali delle legioni, litigarono anche sui colori delle divise, si convenne che, pur vestendo tutti la camicia rossa, doveva cambiare solo il colore dei pantaloni, verde quello dei garibaldini e grigio-azzurro per gli altri.
Da subito divenne evidente la superiorità numerica turca, la brigata di Islam Pascià si presentò sul campo di battaglia con oltre cinquemila uomini, armati di modernissime carabine “Mauser”, lo scontro avvenne a Domokos, (l’antica Thaumakoi, la città dello “stupore” sulla piana di Farsala) quel fatidico 17 maggio, fu una inevitabile disfatta. Antonio Fratti venne colpito al cuore e morì mentre era in trincea nei pressi del villaggio di Kasimir, poco a ovest di Domokos, fu uno dei primi volontari italiani a perire nel conflitto. Su centotrenta combattenti italiani, tredici furono i morti e circa ottanta i feriti, tra loro anche i brindisini De Pace e Barnaba. Due giorni dopo il governo greco ottenne l’armistizio, i superstiti italiani dapprima si portarono a Lamia, dove prestarono aiuti alla popolazione civile, poi il 29 maggio rientrarono in patria con una nave da Corfù a Brindisi: “prima di andarcene ad ognuno di noi furono distribuite venti lire ed un pacco di sigarette. Così il governo greco ricompensava i volontari italiani di tutte le fatiche e degli stenti sopportati nella triste campagna” raccontò uno dei legionari. I tanti romagnoli e gli altri volontari italiani del nord rientrarono alle proprie città con un treno appositamente partito dalla stazione di Brindisi. Il governo italiano, che aveva spesso osteggiato le partenze, non mancò di esprimere il proprio compiacimento per l’eroico sacrificio dei connazionali, ma la presenza di garibaldini “della seconda ora” e di anarchici rimasti armati preoccupò non poco il re Umberto I, molti di essi infatti erano sovversivi intenzionati a continuare la lottare per le proprie idee.
Per la sua partecipazione all’impresa Ricciotti Garibaldi D’Amelio ricevette dal comandante l’attestato di merito a firma autografa di Ricciotti Garibaldi. Negli anni successivi, lasciata la vita militare, lavorò come impiegato, morì a Brindisi il 26 aprile del 1940.
Nell’aprile del 2011 l’architetto Ricciotti D’Amelio ha consegnato all’Archivio di Stato di Brindisi i cimeli appartenuti a suo nonno: una giubba rossa, il fucile St. Etienne M80 (anno di costruzione 1874) e l’attestato di merito, due anni dopo la donazione è stata integrata e perfezionata con la consegna di un berretto rosso-verde, che completa la divisa da garibaldino, la baionetta del fucile, lunga 65 cm. e altri due attestati di merito, uno per l’appartenenza alla Legione Cipriani e uno in lingua greca. Tutti questi interessanti e preziosi oggetti sono oggi conservati ed esposti in una teca realizzata in acciaio e cristallo antisfondamento, sistemata nella sala consultazione inventari dell’Archivio di Stato in piazza Santa Teresa, a disposizione dei visitatori e degli studiosi. I cimeli che la famiglia D’Amelio aveva conservato fino a quel momento nella propria casa, che rappresentano quel particolare e profondo spirito romantico legato al risorgimento italiano ed ellenico, sono stati consegnati con una certa emozione da parte dell’arch. Ricciotti, poiché i ricordi del nonno, suo omonimo, lo hanno accompagnato tutta la vita. Una scelta che assume ancora maggior valore in quanto, donandoli ad un istituto culturale, ha voluto rendere pubblico, quindi fruibile da tutti, quanto era stato custodito con cura e affezione.