Viaggio a Villa Castelli, un balcone sul Salento

Se c’è un luogo della terra brindisina, che più amo, quel luogo è proprio Villa Castelli. Limite occidentale, del confine storico, dell’antico popolo di messapi, il territorio che occupa questa cittadina, di poco meno di 10mila abitanti, è come un balcone che da 300 metri d’altezza guarda la grande pianura salentina.
Da Brindisi dista circa 40 chilometri, percorsi in gran parte sulla Statale n. 7 “Appia” per Taranto, sino allo svincolo che da Francavilla, seguendo la provinciale n. 50 conduce alla meta di questo viaggio. È ulteriormente suggestivo percorrere la linea contorta di strade che unisce Brindisi a Villa Castelli, attraversando i territori di San Vito dei Normanni, San Michele Salentino e Ceglie Messapica. Territori che si sviluppano sulla linea di confine tra diverse culture, messapica, longobarda e magno-grecale, quasi a diventare luoghi dove i colori e i sapori di una terra si sposano e ci invitano alla lenta riflessione, di un portato storico e di esperienze umane, che con troppa facilità abbiamo segregato negli archivi comodi, ma desueti, delle biblioteche, magari pure digitali.
Trenta secoli di storia, depositati l’uno sull’altro, tre millenni di umanità che qui è testimoniata sin dal neolitico e qui ha costruito il posto più evidente e visibile della propria esperienza di vita.
si può affermare ormai con certezza che il sito archeologico di contrada “Pezza Petrosa” che si trova lungo la interprovinciale che collega Villa Castelli a Grottaglie, sia il primitivo ed organizzato insediamento. Il sito è composto da una necropoli risalente al IV-III sec, a.C. ed è certo che fosse un avamposto dei Tarantini greco-spartani insediato sulla linea di confine con i territori appartenenti ai maggiori centri messapici di Ceglie (Kailia), Mesagne (Mesocorus), Oria (Idria) e Manduria.
nel 1979 in una cavità della grotta di Monte Scotano, che insieme a Monte Fellone, rappresenta le alture più evidenti di questo estremo meridionale di murgia pugliese, a sud ovest dell’attuale cittadina, è stata scoperta invece la cosiddetta “sala delle lucerne”, dalla quale sono stati riportate alla luce numerose lucerne della Roma Imperiale assieme a reperti vascolari risalenti a periodi precedenti. Tra i reperti si evidenzia inoltre la presenza di un frammento che riporta l’iscrizione “TOY”, riconducibile con buone probabilità alla firma del famoso ceramista “KALLISTOY” vivente in Grecia nel III sec. d. C.
Nei soli 35 kmq di estensione, Villa castelli, regala opportunità di perlustrazione e di ricerca difficili da vedere concentrata in tale quantità e qualità e rende il viaggio una continua successione di emozioni.
Non è difficile percorrere le strade che introducono al centro della cittadina e ciò che appassiona è la composta lettura di un tessuto urbano che anche all’occhio meno esperto, risalta per la sua facile lettura. È confortevole la passeggiata lunga circa 300 metri, sul lastricato di corso Vittorio Emanuele II, che congiunge la chiesa matrice titolata a San Vincenzo De Paoli al palazzo Baronale che fu degli Ungaro ultimi feudatari, oggi sede dell’Amministrazione Civica.
Appena decentrato sulla destra a soli 50 metri dal sagrato, si trova il centro polivalente cittadino, sulla cui parete esterna una grande targa marmorea ricorda l’evento luttuoso risalente all’alba del 6 gennaio 1944, quando un aereo militare inglese di stanza a Brindisi e di rientro da una operazione in terra di Polonia, la patria dell’equipaggio, non riuscì ad atterrare a Brindisi, ma nel tentativo di raggiungere il campo di volo di Grottaglie, si schiantò sul centro abitato di Villa Castelli, determinando la morte di un’intera famiglia, oltre quella degli otto membri dell’equipaggio.
La targa, posta nel 2014 nel 70° anniversario dell’incidente, riporta alla mente il più vasto e non ancora diffuso termine di un rapporto d’amicizia profonda con una nazione che seppur lontana, proprio con la terra brindisina ha una sensibilità particolare.
Il bianco del tufo nostrano, riportato a nuovo, dai lavori di restauro, rendono prezioso il palazzo baronale di cui si apprezza la presenza dell’importante museo archeologico che conserva i reperti dei vicini siti storici e la piazza che gli si apre dinanzi. Piccola ma simpatica e frizzante è la sorpresa che colpisce il viaggiatore lento è la balaustra in ferro, manco fosse quella di una normale ringhiera di un balcone, che si trova alle spalle del palazzo, proprio dove il centro abitato si affaccia sulla pianura salentina ed è un bel guardare e fermarsi a riflettere, magari.
Proprio a Gioacchino Ungaro si deve la nascita di Villa Castelli, quale “urbanizzazione dei diversi “Castelli” che, come piccoli agglomerati punteggiavano in precedenza il territorio collinare compreso tra Monte Scotano, Pezza Petrosa, Antoglia, Lamie della Battaglia, Monte Fellone, Pezza delle Monache Centrale. Con lungimiranza e particolare sagacia invitò con forti agevolazioni fiscali i contadini provenienti da territori come Grottaglie o Francavilla Fontana o Ceglie Messapica e Martina Franca. A loro concesse terreni in enfiteusi, un contratto di cessione proprietaria col vincolo del pagamento di un canone annuo, che rendeva possibile lo sviluppo ed il miglioramento agricolo ed economico.
Attorno al palazzo baronale le esperienze abitative dei contadini erano rappresentati da una corte di trulli, di cui oggi rimangono pochissimi esemplari.
La difficile conformazione del territorio comunale e la presenza di una profonda gravina, aveva reso impraticabile il rapporto con una importante fetta di territorio che è stata colmata col ponte dell’impero, un’opera che sorregge una strada di comunicazione e sovrasta il parco urbano della gravina, ridonato alla fruizione dopo un lungo ed importante lavoro di recupero urbano e che oggi si mostra per la sua benefica relazione col vissuto del paese. Passeggiare lungo il viottolo e tra gli spazi della gravina, è esperienza che ripaga da ogni stress.
Al di là del ponte le strutture moderne della cittadina, in primis la grande struttura della scuola pubblica dinanzi alla quale una piazza su cui troneggia una colonna con una madonna ed il tutto richiama una dimensione urbanistica che ne definisce e per stile e per funzione, un dettato architettonico italiano a cavallo tra gli anni venti e trenta del secolo scorso.
Ma Villa Castelli è anche ancora molto altro, pare strano ma qui l’acqua vive una sua presenza fondamentale.
Proprio cento anni fa, le opere dell’acquedotto pugliese che adducono acqua dal fiume Sele, prima di giungere a Brindisi, approfittano di un lavoro certosino dell’uomo che con le proprie mani ha scavato profonde trincee per garantire il flusso dell’acqua e realizzato finanche una centrale idroelettrica situata in contrada “Battaglia”, sfrutta il dislivello di circa 120 metri esistente tra la camera di carico di Montefellone e la camera smorzatrice di Contrada Battaglia. Nata nel 1929, ha prodotto energia elettrica fino al 1971. Dal 16 marzo 2009, a distanza di quasi 40 anni, grazie all’impiego di nuove tecnologie ed all’impegno dell’Acquedotto Pugliese, è nuovamente in esercizio.
Nel territorio di Villa Castelli, lungo la direttrice per Francavilla Fontana e al momento difficili da scorgere, le sorgenti del “Canale Reale” il più lungo corso d’acqua presente in provincia di Brindisi che prima di sfociare nell’area protetta del parco di Torre Guaceto.
Già descritte dallo storico greco Strabone e citato da Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia, mi pare giusto ricordare come il nostro naturalista di fiducia Alessandro Caiulo, pure lui ne abbia scritto, per questo settimanale nel n.107 alle pagine da 6 a 9.
Come fosse forza rigeneratrice dell’acqua a Villa Castelli, vive e si rigenera la forza della incomprimibile della libertà.
Con grande tenacia, con estrema volontà i nuovi abitanti di Villa Castelli, chiamati al borgo da Gioacchino Ungaro, videro in questo luogo, la terra dove insediarsi e crescere e prosperare.
Con la forza del lavoro e la consapevolezza che “’A terra è ‘a nosta e nun s’adda tuccà” persino briganti si sono fatti e qui si sono vissuti momenti di quel fenomeno che prende il nome di “Brigantaggio post unitario” che ha gemmato l’indipendenza amministrativa da Francavilla Fontana Martina e Ceglie, portando il nuovo comune ad essere inserito nella nascente provincia di Brindisi.
A Villa Castelli, estrema periferia di una piccola provincia meridionale, è quella fonte “copiosa” a cui possiamo attingere metaforicamente per ricomporre le ragioni e la responsabilità d’essere brindisini e se riprendessimo il rito antico praticato da quelle parti di andare in pellegrinaggio presso il piccolo santuario, oggi abbandonato, della Madonna dei Grani a pochi passi dalla sorgente del Canale Reale, capiremmo, perché avvenne un tal miracolo che fece spaventare e fuggire i potenti militari che volevano occupare le nostre terre, ma soprattutto ci degneremmo di dare una potatura generosa alle inutili cannizzate che offuscano le sorgenti del canale e le nostre da cui nacque la provincia di Brindisi.
(il prossimo viaggio a San Vito Dei Normanni)