
L’approccio è sempre lo stesso: una splendida donna chiede l’amicizia su Facebook, scambia qualche parola con la vittima “prescelta”. Il colloquio si sposta poi su Skype e qui la videochiamata diventa subito “hot”. Fino a quando la donna non svela il suo vero obiettivo: “Pagami o distribuisco il video di questa conversazione ai tuoi amici di Facebook”. La vittima di turno quasi sempre paga (500-1000 euro) per evitare guai. Ma stavolta un ragazzo fasanese di 30 anni, caduto nel tranello, ha deciso di rivolgersi alla polizia postale e fornendo agli investigatori i dati Facebook e Skype della truffatrice, oltre al numero della sua carta di credito ricaricabile sulla quale avrebbe dovuto versare 500 euro.
La polizia postale è nelle condizioni di risalire al computer dal quale è partito il ricatto, ma quasi sicuramente si tratterà di qualcuno residente all’estero, quasi sempre paesi dell’Est europeo, difficilmente perseguibile sul piano giudiziario.
Quindi il sistema migliore resta la prevenzione: rifiutare l’amicizia di donne (o uomini, visto che il mercato delle truffe si sta allargando anche a vittime femminili) quando le foto del profilo sono poche e troppo esplicite, e soprattutto evitare di cadere nel tranello del sesso virtuale con Skype, perché si rischia di entrare in un vortice pericoloso e con conseguenze spesso devastanti per la propria vita privata.