Un fantasma si aggira per Brindisi. Un ectoplasma visto da tutti, seguito, acclamato, perfino amato. Uno spettro politico in cui tanti, tantissimi, hanno riposto la propria fiducia e le proprie speranze. E guai a chiamarlo partito. Quello è un movimento. Anzi è il moVimento: con la V maiuscola. La V di “vendetta”, di “vittoria”, di “vaffanculo”.
E’ il moVimento 5 Stelle. Un’entità politica che ha sconvolto la nazione, che ha sparigliato le carte dei potenti, che è nata anche a Brindisi e che qui, in questa città, da un giorno all’altro, è diventata non la terza, non la seconda, ma la prima forza politica. Lo scorso febbraio, quando il moVimento fondato da Beppe Grillo travolse il Paese con il suo tzunami, i 5 Stelle incassarono a Brindisi il 30 percento dei consensi. Da zero a trenta in una sola elezione. Un brindisino su 3 ha detto: “ok, io ci sono”. Ma la risposta, a pochi mesi di distanza, sembra essere: “Noi no”.
A Brindisi, del Movimento 5 Stelle, del primo partito della città, non si è più sentito parlare da allora. E si spera non si dica per la colpa della stampa locale asservita a chissà quale lobby, sistema o pressione.
Lo tzunami si è semplicemente ridotto a una impercettibile onda di tramontana. La presenza rasenta il nulla perché, semplicemente, non fanno nulla. Ci si aspettava una rivoluzione, una presenza quotidiana sul palco della politica, sulla stampa, tra le piazze. E invece niente. Eppure di meetup – l’equivalente delle vecchie sezioni o circoli di partito – a Brindisi ce ne sono perfino due. Di loro si è sentito parlare solo la scorsa primavera, quando smaltita la sbornia per il trionfo elettorale, i due gruppi si fronteggiarono l’un contro l’altro armati per il possesso della “password” di accesso alla sede virtuale del Movimento. Beghe loro insomma. Poi il nulla.
Eppure Brindisi, per un movimento che si nutre di tutela ambientale, di lotta agli sprechi e alla politica chiacchierona, di speranza, è una pietanza generosa di ogni leccornia. Ci sarebbe da intavolare una battaglia a ogni sbuffo di vento. Ci sono commercianti da salvare, famiglie in difficoltà a cui dare voce e fiducia, lavoratori sull’orlo del baratro da difendere, disoccupati da rappresentare. C’è l’Enel, c’è Edipower, c’è il fotovoltaico, c’è un esercito di senza lavoro, un sfilza interminabile di cartelli con su scritto “Affittasi” o “Vendesi” alle porte dei negozi.
E c’è un terzo della popolazione brindisina che ha allungato la propria mano verso di loro, abbandonando le vecchie convinzioni ideologiche, le convenienze partitiche, le amicizie, per affidarsi a questi giovani rivoluzionari. Ma le punta di quelle dita si sono mosse nel nulla. Dall’altra parte, nessuno.
Da quando questa testata è online (ormai due mesi) di comunicati stampa a firma 5 Stelle ne sono arrivati appena due. Col primo i pentastellati ci informavano dell’esistenza di una sezione “comunicati stampa” nel meetup e delle modalità di iscrizione; col secondo lamentavano la mancata pubblicazione del primo. Il 30 percento dei brindisi che ha votato per loro, forse, si aspettava qualcosina di più.
Abbiamo dato allora un’occhiata al benedetto meetup “Amici di Beppe Grillo”, sperando che almeno online vorticasse quella rivoluzione inesistente tra piazze, strade e palazzi. Ma gli ultimi “post” risalgono al 15 luglio (sezione ambiente), all’11 settembre (sviluppo), al 16 giugno (cittadini) e al 31 maggio (legalità). Non pervenute discussioni nella sezione “cultura”.
Non va meglio il meetup Brindisi Libera: gli ultimi (e unici due) comunicati stampa risalgono a marzo 2013. Nelle altre sezioni qualcosa, timidamente, si muove. C’è chi propone idee, ma il tutto resta delimitato nella strettissima cerchia degli iscritti.
E gli altri 100mila residenti di questo capoluogo? Non meritano forse d’essere informati (non tutti sono dotati di connessione, pc o tablet) e magari coinvolti dal primo partito della città? Lo tzunami brindisino è tutto qui? Forse no. Forse quel 30 percento, ma anche il resto, meriterebbe qualcosa di più. Merita di non veder tradita la sua ultima speranza. Merita di non essere delusa, ancora una volta, da chi prometteva un modo diverso di fare politica. Per invertire la rotta c’è sempre tempo. A patto che ci sia la volontà di farlo, di sporcarsi le mani e le scarpe, di alzare le terga dalla sedia, i polpastrelli dalla tastiera, e fare qualcosa dannatamente sul serio.
Emilio Mola