“I carciofi sporchi di carbone li abbiamo venduti lo stesso. A metà prezzo ma li abbiamo venduti”. Come? “Attraverso degli intermediari che venivano a comprarli da noi”. Sono le dichiarazioni rese in aula questa mattina da uno degli agricoltori proprietari di campi nei pressi della centrale “Federico II” di Cerano, chiamati a deporre nel processo a carico di 13 dirigenti Enel e due imprenditori locali.
L’accusa rivolta agli imputati e di aver lasciato che le polveri del carbone utilizzato per alimentare la centrale elettrica si disperdessero nell’ambiente. E gli agricoltori ascoltati questa mattina lo hanno confermato, sia con le parole, che con i fatti. Alcuni hanno portato con sé anche foto e video che immortalano i loro campi coltivati imbrattati di polvere nera. Immagini che, durante l’udienza, sono state trasmesse in aula.
Ma video a parte sono state le parole di uno degli agricoltori incalzato dalle domande del pubblico ministero Giuseppe De Nozza e dell’avvocato Rosario Almiento a colpire maggiormente, perché tracciano un quadro ben più inquietante di tutta la faccenda.
Mangiare carciofi e ortaggi velati di carbone, sicuramente, bene non fa. Eppure sembra che sia accaduto proprio questo: e che accada tutt’ora. Al fine di scongiurare questo rischio l’allora sindaco di Brindisi Mimmo Mennitti emise un’ordinanza con la quale, in via cautelativa, vietò la produzione e la vendita di prodotti agricoli coltivati nei campi immediatamente prossimi alla centrale. Ma sembra che l’imposizione non sia stata rispettata – anche perché non vi erano soggetti – da chi possiede terreni attigui all’area interessata dal divieto in questione.
Seppur in misura più contenuta anche i loro prodotti sono stati “imbrattati” dalla polvere di carbone. Ma alcuni di questi agricoltori, pur di non rinunciare al loro unico reddito, avrebbero comunque continuato a vendere carciofi e altri ortaggi, vendendone a quintali ad altri intermediari. Ovviamente non a prezzo pieno: ma al 50 percento. In questo modo ci avrebbero guadagnato tutti: sia chi li ha coltivati e venduti agli intermediari (metà prezzo è meglio di niente); sia questi ultimi, che hanno a loro volta potuto piazzarli sul mercato allargando il margine di profitt, o sbaragliando la concorrenza con prezzi competitivi.
Unici a perderci, ovviamente, gli ignari consumatori che hanno portato sulle loro tavole, prodotti agricoli contaminati dal carbone.